La sostenibilità del sistema sanitario

La sostenibilità del sistema sanitario

Domenico Grimaldi

La parola chiave per il sistema sanitario è sostenibilità, una conditio sine qua non, per discutere qualsiasi approccio o modello di servizio. Oggi abbiamo bisogno di fornire metodologie ed approcci orientati alla riduzione degli sprechi, con modelli che portano ad un consolidamento del rapporto medico paziente, coordinando e migliorando i processi comunicativi dei vari attori del sistema. Ascolto e relazione sembrano essere estranei alla professione medica, sembra che non sia patrimonio comune la consapevolezza che il sapere parcellizzato, standard, statistiche, protocolli, hanno da una parte aumentato la sopravvivenza ma dall’altra ci hanno reso sempre di più lontani dall’essere considerati persone.

Recuperare l’umanità, mettere in relazione scienza e disciplina umanistica, significa recuperare un modo di essere medici, prendendosi cura delle persone, valutando in ogni singolo ammalato anche la soggettività, l’incertezza e ciò che è indeterminato. Ciascun uomo è una storia a sè, la sua malattia fa parte integrante, può essere compresa solo se posta in relazione. Non solo macchine, procedure, parametri ma anche visione olistica, umanità, percezioni, sensazioni, timori. Integrare la medicina basata sulle evidenze e medicina olistica, narrativa, non è un lusso ma una necessità che potrebbe rendere più sostenibile il nostro servizio sanitario. Torniamo all’arte della cura integrandola alla moderna tecnologica medicina attuale. L’importanza del racconto da parte del malato della sua condizione di persona che soffre, è nota fin dai tempi di Ippocrate ed il riconoscimento del narrare è centrale nella metodologia clinica, fondamentale per l’etica in medicina.

La persona non è un insieme di organi da curare, ma un individuo con una condizione di malattia che modifica lo scorrere della sua vita. Non si può separare la vita di un uomo dalla sua malattia, dobbiamo sempre allineare il medico ed il malato. Non possiamo concentrarci sulla malattia perché il malato può avere altre priorità, che abbiamo il dovere di comprendere, di cui non possiamo non tenere conto, perché da questo deriva il disallineamento fra medico e malato. Allarghiamo lo sguardo per comprendere il non detto, i silenzi ed il disagio, elaboriamo insieme un più mirato piano di cure, che così potrà avere condivisione ed adesione. Allinearsi al malato ci consente di stare sulla stessa linea, condividendo pezzi di storia personale in un processo fatto di ascolto, usando insieme sia il sentimento che la ragione. Un bravo medico deve sapere cogliere ed interpretare il racconto della persona malata. Non solo storia di malattia ma anche il vissuto.

È da questo che scocca la scintilla di fiducia fra medico e paziente. L’esperienza ci dimostra che unire scienza ed umanità presenta vantaggi evidenti, migliorando la clinica, consentendo performance professionali migliori, favorendo la relazione sia con la persona ammalata che con la famiglia, determinando aderenza superiore alle cure. Rendere tutto questo patrimonio culturale comune permette la diffusione di una visione diversa dalla attuale, permettendo il diffondersi di una professionalità che contribuirà fortemente alla sostenibilità del nostro servizio sanitario pubblico, con risultati di gran lunga migliori sull’uomo. La efficacia della parola e dell’ascolto non ha nulla da invidiare al farmaco o ad altro strumento di cura. Si dovrà tuttavia formare in tal senso i giovani professionisti in maniera non accessoria nè casuale, ma sistematica. Scienza ed umanità dovranno essere riunite perché saperi indispensabili per la cura degli uomini.

Essere malati evoca la fragilità della vita e la paura della morte, per cui si rende necessario al medico essere professionista, rammentando che la scienza ha la sua arte ed ogni arte ha la sua scienza ed è questo che serve per la sofferenza umana. Anticamente la medicina era un’arte come la musica e la poesia, oggi è tecnologia, scienza basata sull’uso delle evidenze, tuttavia non si può essere medici dell’uomo se non si è anche un po’ artisti. Ritorniamo ad una visione più completa dell’essere medici, ricordando che diagnosi e cura hanno una componente umana indispensabile per allineare e condividere i processi di cura.