La malattia da reflusso gastroesofageo, acronimo MRGE (in inglese GERD, Gastro-Esophageal Reflux Disease ) è una delle patologie più frequenti del tratto gastro-intestinale causata dalle complicanze patologiche del reflusso gastroesofageo (RGE). Per reflusso gastroesofageo si intende una condizione clinica molto comune, in cui il contenuto dello stomaco risale in esofago (in direzione contraria alla peristalsi). Una piccola quota di reflusso la si può avere anche in condizioni normali, soprattutto dopo i pasti. Quando il fenomeno diventa più frequente o si accompagna a sintomi (pirosi, rigurgito) allora si parla di “malattia da reflusso gastroesofageo”.
La MRGE ha uguale prevalenza sia nel sesso maschile che in quello femminile e si manifesta preferenzialmente in un range d’età che va dai 30 ai 50 anni. Nel nostro Paese questa malattia colpisce un cittadino su tre. La MRGE insorge quando vi è uno squilibrio tra meccanismi di difesa della mucosa esofagea e fattori aggressivi. Generalmente, nei pazienti affetti da MRGE, si verifica difatti una inibizione transitoria dello sfintere esofageo inferiore (punto di transizione tra esofago e stomaco deputato all’uni direzionalità del transito) che può essere secondaria all’assunzione di diverse sostanze, come cibi grassi, nicotina, caffeina, agrumi ed alcolici, è evidente quindi che un’opportuna dieta, ed un adeguato stile di vita possono aiutare il processo di guarigione.
Altre cause della MRGE possono essere l’ernia iatale (risalita dell’esofago terminale e parte dello stomaco nel torace) ed un’alterata attività motoria del corpo dell’esofago (discinesia) che rende difficile la progressione del bolo alimentare nel corpo esofageo. Esistono inoltre forme di MRGE definite secondarie correlate a diverse patologie (diabete mellito, sclerodermia, obesità, uso di antidepressivi e stress).
I sintomi più frequenti del reflusso gastroesofageo vengono distinti in TIPICI ed ATIPICI; i sintomi definiti “tipici”, sono il bruciore (o pirosi) e il rigurgito acido. Il bruciore è riferito alla parte alta dell’addome (“epigastrio” e comunemente chiamata “bocca dello stomaco”) ed a livello retrosternale. In alcuni soggetti può essere presente anche una sintomatologia non specifica, solitamente riferita come “cattiva digestione” (dolore-fastidio nella parte alta dell’addome, sazietà precoce, senso di ripienezza dopo mangiato, nausea, vomito) definita con il termine dispepsia. Poiché il reflusso può anche superare la valvola superiore dell’esofago (sfintere esofageo superiore) ed interessare faringe, laringe e polmoni, ne consegue la possibilità di una sintomatologia extraesofagea. I sintomi extraesofagei, definiti “atipici”, possono essere: faringite, bronchiti croniche ed asma bronchiale, patologie del naso e del rinofaringe, russamento ed apnee notturne,alitosi ed erosione dello smalto dentario.
La diagnosi della malattia da reflusso è prevalentemente clinica basandosi sulla presenza dei sintomi tipici (pirosi e/o rigurgito) e dopo aver escluso altre patologie con sintomi simili. Il Gold standard nella diagnosi del reflusso gastroesofageo patologico è la ph-metria esofagea delle 24 ore che consente di differenziare i reflussi fisiologici da quelli patologici (si esegue posizionando un particolare sondino nell’esofago per via nasale, collegato ad un registratore, che rileva le variazioni dell’acidità durante la giornata). L’Endoscopia (esofago-gastro-duodenoscopia o EGDS) è una indagine semplice e non rischiosa che consente anche di effettuare piccoli prelievi bioptici della mucosa per ricercare la presenza di esofagite (secondo la classificazione di Savary e Miller – grado di severità – Los Angeles) o escludere altre forme di malattia esofagea. Quest’indagine consente anche di identificare la presenza di ernia iatale.
La Manometria si esegue come la pH-metria, ma serve per misurare la pressione nello sfintere esofageo inferiore e l’attività motoria esofagea. È utile per diagnosticare una riduzione del tono muscolare nello sfintere esofageo inferiore (ipotonia) e per diagnosticare alterazioni motorie esofagee che possono causare la MRGE (acalasia).
Le possibili complicanze correlate alla MRGE comprendono la malattia erosiva della mucosa, le ulcere, il sanguinamento (con conseguente anemizzazione) o complicanze talora più gravi come la stenosi (restringimento del lume) e la metaplasia di Barrett che rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo dell’adenocarcinoma del tratto distale dell’esofago.
La prima “terapia” è una corretta alimentazione e un adeguato stile di vita che, in caso di un reflusso di lieve entità, possono di per sé essere sufficienti. Mentre nei casi più gravi della malattia, oltre che le regole alimentari, solo un’adeguata terapia anti-secretiva può consentire un efficace controllo dei sintomi. I primi provvedimenti da adottare sono non farmacologici e consistono in condotte di ordine igienico-dietetico. Un 20-30% di pazienti affetti da sintomi sporadici di MRGE registra un significativo miglioramento con il semplice ricorso a queste manovre: astenersi dal fumare e dal bere alcolici, non assumere cioccolato, menta, agrumi, pomodori, cibi grassi, pasti abbondanti, ridurre il peso corporeo se in eccesso, non sdraiarsi subito dopo i pasti, sollevare la testiera del letto di circa 15 cm al fine di ridurre il reflusso gastro-esofageo durante le ore notturne. Particolarmente consigliato è, inoltre, passeggiare al termine di un pasto. Già secoli fa, la Scuola Salernitana consigliava “post prandium lento pede deambulare“.
Il secondo passo è la terapia farmacologica, a base di farmaci che inibiscono la secrezione acida o che favoriscono lo svuotamento gastrico. Questi farmaci sono i farmaci anti H2 (tipo ranitidina) e gli inibitori della pompa protonica (tipo omeprazolo), e farmaci che aumentano la pressione nello sfintere esofageo inferiore e favoriscono lo svuotamento gastrico (tipo domperidone) o che riducono, tamponandoli, gli effetti dannosi del reflusso come gli antiacidi (tipo idrossido di alluminio e/o magnesio, alginato) ed infine i protettori di mucosa (tipo sucralfato). L’obiettivo primario della terapia medica della MRGE è il pieno controllo dei sintomi, (pirosi con o senza rigurgito) accompagnato dal miglioramento della qualità di vita del paziente.
La terapia medica è consigliata in quei pazienti con sintomatologia ribelle alle norme igienico-dietetiche. La terapia chirurgica è da preferire nei soggetti giovani con malattia di grado severo, nei casi con frequenti recidive, pazienti che non rispondono a terapia medica o intolleranti alla terapia antireflusso, pazienti con complicanze respiratorie o complicanze della MRGE (stenosi).
L’intervento maggiormente eseguito è la “Fundoplicatio secondo Nissen” che consiste nel confezionare una plastica antireflusso a 360° che prevede una porzione di stomaco posizionato “a cravatta” intorno all’esofago. Oggi tale intervento si esegue prevalentemente in laparoscopia e quindi con riduzione dei fastidi per il paziente e della durata della degenza. Con tale intervento la degenza post-operatoria generalmente non supera le 48-72 ore e nel giro di una settimana il paziente può riprendere le normali attività. La MRGE è una patologia solitamente a decorso benigno, anche se nei pazienti con sintomi frequenti la qualità della vita può essere compromessa.