Infertilità: numeri e aggiornamenti

Infertilità: numeri e aggiornamenti

Giuseppe_Ettore

Il problema legato all’infertilità di coppia ha assunto dimensioni che stanno andando al di là della sua rilevanza scientifica e sociale, specie dopo la Legge 40/2004 che ha limitato in modo indiscriminato il ricorso alla procreazione medicalmente assistita (Pma). Da quel momento è iniziato un percorso di consapevolizzazione da parte dell’opinione pubblica (nonostante l’esito negativo dello specifico referendum abrogativo del giugno 2005 quando votò solo il 25.5 % degli aventi diritto) che ha incontrato in questi ultimi anni l’interesse del Governo sull’importanza del problema al punto da indire il 22 Settembre e a partire da quest’anno il Fertility Day, una giornata per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla necessità di dedicare attenzione alla conservazione del patrimonio riproduttivo, specie in un Paese afflitto da tempo dal fenomeno della denatalità (488.000 nati nel 2015, il numero più basso dall’Unità d’Italia) e con il più basso tasso di incremento della popolazione (-5.4 per mille).

Sebbene la percentuale di coppie infertili o subfertili abbia subito nell’ultimo ventennio un aumento che, in realtà, è più relativo che assoluto, considerando che, a differenza di un tempo, tali coppie giungono all’attenzione dello specialista, tuttavia non si può negare che fattori prima sconosciuti o assenti hanno condizionato e stanno condizionando il nostro patrimonio riproduttivo. Fattori materni e anche paterni, spesso legati all’età ma non solo, hanno assunto una rilevanza prima sconosciuta o sottovalutata.

Tutti sanno che oggi l’età materna alla prima gravidanza è decisamente salita (intorno ai 32 anni) per ragioni soprattutto di carattere sociale. La fecondità nella specie umana è massima tra i 20 e di 30 anni; a 35 anni è la metà, a 38 anni è un quarto e da 40 anni un decimo di quella di una donna di 30 anni.

Il patrimonio ovocitario che una femmina riceve al momento della nascita va incontro ad un progressivo depauperamento per cui a 37 anni, per esempio, sono presenti ancora 25.000 ovociti rispetto al patrimonio iniziale di oltre un milione. Ma anche l’età paterna gioca un ruolo non così secondario come si pensava fino a poco tempo fa: essa manifesta più tardivamente i suoi effetti negativi, ma già dopo i 35 anni il numero di mesi necessari in media a concepire, pur con una partner di giovane età, è doppio rispetto a quello di un uomo di 25 anni e dopo i 50 si osserva un aumento degli esiti negativi della gravidanza. Dunque l’età resta il fattore principale su cui richiamare l’attenzione delle giovani coppie.

Ma anche altri fattori svolgono ruoli di tutto rilievo: errate abitudini alimentari e variazioni del peso corporeo, condizioni morbose extragenitali ma soprattutto malattie a trasmissione sessuale (Mts) e ambiente e stili di vita. La campagna non semplice di informazione e sensibilizzazione va rivolta innanzitutto ai giovani cui bisogna spiegare che il loro patrimonio riproduttivo non è infinito e non è invulnerabile, non è rigenerabile e può soltanto ridursi a seguito dell’età ma, per quanto li riguarda, anche a causa di fattori (MTS, stili di vita, abitudini voluttuarie, ecc.) che possono essere evitati o contenuti.