Crisi economica e sicurezza delle cure

Crisi economica e sicurezza delle cure

La crisi economica ha causato una continua serie di riforme e cambiamenti non sempre coerenti della sanità pubblica, specie la territoriale.
La medicina nel territorio ha subito infatti cambiamenti organizzativi e culturali negli ultimi anni come mai nei precedenti venti anni. Forte è la frammentazione degli operatori della sanità nel territorio, per la esasperata regionalizzazione che ha causato fra i tanti guai il venir meno di una linea di condotta unitaria nei professionisti della sanità e fra questi i medici di cure primarie.

Per correggere la rotta occorre tastare, come si suole dire, il polso ai medici ed agli altri operatori della sanità per cogliere le sensazioni e le reazioni. In un periodo così difficile di risparmi obbligati occorre però razionalizzare le risorse e non tagliarle in maniera lineare perché un uso più appropriato e razionale consente ancora di poter attuare in maniera ottimale prevenzione, diagnosi precoce e cura adeguata.

Razionalizzare, non razionare anche se è necessario agire sugli sprechi, con miglior controllo della spesa, agevolando piuttosto gli investimenti sul territorio, facendo tesoro delle realtà virtuose e delle migliori pratiche.

Il medico di cure primarie è un professionista che, se coinvolto, può essere centrale nel migliorare la allocazione delle risorse, allo scopo di ottenere i migliori risultati possibili. In ogni caso mi pare poter dire che centrale deve essere il rapporto fra medico di cure primarie e specialista, perché solo attraverso la integrazione del sistema di cure si ottiene la vera centralità della persona ammalata.

Negli ultimi quarant’anni la organizzazione sanitaria, le conoscenze, le abilità professionali e le migliori condizioni di vita hanno fatto crescere l’aspettativa di vita media di circa 15 anni, risultato storico di enorme rilevanza nella storia dell’umanità. Il modello di salute centrato solo sulla malattia e sul medico con il suo sapere, non regge la semplice constatazione che la malattia è qualcosa di più complesso che sconvolge i progetti di una vita, la modifica, reca con se timori ed angosce che tolgono il respiro e a volte anche la ragione.

La malattia come “illness”, con dovere di conoscere la medicina scientifica, ma forte capacità di incontrare il diritto di un uomo ad essere considerato insieme al suo vissuto di malattia. Si deve costruire l’alleanza terapeutica, riconoscere il malato come persona che ha il diritto di essere rispettata e valorizzata per quello che prova.

Studiare medicina significa quindi arricchirsi di capacità di ascolto, empatia, comunicazione, confronto in criticità e divergenza. Questione importante è far crescere la consapevolezza del malato, con medici che abbiano capacità di relazionarsi,accrescendo il benessere globale, complessivo della persona sofferente.

Essere medico dell’uomo ammalato significa una migliore assistenza,la riduzione degli errori, una più grande soddisfazione dei malati e delle loro famiglie. Occorre quindi necessariamente rivedere la formazione con cambiamenti culturali, forse rivoluzionari per i nostri tempi, ma assolutamente necessari nell’interesse dell’uomo malato, della comunità e della società.

Quando la sicurezza delle cure sarà aspetto comune della nostra pratica clinica quotidiana, potremo affermare che la gestione del rischio clinico in cure primarie ha raggiunto buoni risultati. La nostra priorità dovrà essere sia la qualità che la sicurezza delle cure, tuttavia in tal senso dovremo lavorare per promuovere la cultura, questione non facile, in quanto la gran parte delle nostre attività si basano su conoscenze e competenze su base cognitiva. Si dovrà apprendere il modo di usare le barriere protettive per intercettare gli errori sia organizzativi che cognitivi alla base degli eventi avversi. Durante la normale pratica clinica possono verificarsi errori, non collegati alla malattia, ma alla gestione sanitaria della stessa, in ogni caso prevenibili.

Non più comune cultura di ricerca di responsabilità a scopo punitivo, ma nuova cultura per la ricerca della sicurezza della cura. In caso di evento avverso per errore, si valuterà il contesto in cui si è verificato, l’organizzazione, sviluppando, dopo la giusta analisi, procedure preventive per impedire in futuro errori dello stesso tipo. Segnalare un errore consente,infatti di capire, prevenendo un futuro evento avverso. Anche se errare è umano bisogna approfondire la analisi dell’errore medico, evitando che possa ripetersi. Assume un importante aspetto il profilo organizzativo piuttosto che una singola performance individuale,approfondendo la comunicazione, fondamentale per prevenire errori. In tal senso prendendo in carico una persona malata, si deve gestire bene la relazione creando in tal modo un giusto clima per la gestione del rischio clinico. Organizzazione del lavoro e risorse umane sono più importanti di una singola performance. Non possiamo cambiare l’uomo, ma potremo cambiare la organizzazione del suo lavoro individuando protezioni per intercettare l’errore prima di arrivare al danno.

La comunicazione in sanità è fondamentale, la segnalazione di un errore ci consente di apprendere dallo stesso, analizzando quanto accaduto. Dalla informazione e conoscenza avremo i dati per individuare le misure di protezione da adottare per prevenire il rischio clinico. Non avendo le certezze scientifiche dovremo adottare il principio di precauzione, con decisioni flessibili e provvisorie rispetto al potenziale rischio. Significa che bisognerà decidere in quanto non si può rinunciare al tentativo di prevenire un rischio, anche se potenziale. Il comportamento da usare è quello di massimizzare i risultati riducendo i rischi.

Bisognerà formare i medici di cure primarie alla gestione del rischio nel territorio, fornendogli le conoscenze e gli elementi idonei per gestire e monitorare le attività cliniche sulla sicurezza delle cure primarie. Si dovrà lavorare per modificare la pratica professionale, migliorando la capacità di percepire gli eventi avversi, riducendo in tal modo gli errori evitabili. Un giusto valore va dato alla documentazione clinica, fornendo al malato ed ai familiari le indicazioni più chiare per la identificazione del rischio e la sua prevenzione. Occorrono le giuste competenze e conoscenze per gestire e monitorare le attività cliniche con riguardo alla sicurezza delle cure. Si devono in tal senso saper gestire le relazioni, i fattori umani, comunicando con efficacia, specialmente se la persona ammalata è anziana, con poli morbilità, fragile e complessa. Il malato dovrà ben comprendere la sua condizione e le terapie necessarie.

Domenico-Grimaldi