Chiusura degli ospedali e questione punti nascita

Chiusura degli ospedali e questione punti nascita

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Come primo atto conseguente al cd Patto per la Salute che il Governo dovrà sottoscrivere con le Regioni è la chiusura dei piccoli ospedali con meno di 120 posti letto, per riconvertirli in strutture per la lungodegenza e la riabilitazione, e dei punti nascita con meno di 500 parti l’anno, ritenuti non sicuri. A seguito di quanto detto la regione col maggior numero di strutture in via di chiusura è la Sicilia, dove sono 23 i presidi ospedalieri per un totale di 946 posti letto in meno. La Lombardia segue con 10 strutture e così via. In pratica la Nostra Regione sarà quella che dovrà effettuare presto una cura dimagrante a ritmi forzati.

A questo punto è normale che si faccia questa riflessione: perché la Sicilia è costretta a questi tagli? È corretto che si faccia così? Sono state valutate le conseguenze che la popolazione subirà e come sarà percepito questo? Perché non si è provveduto in altri tempi ad una opportuna rimodulazione, così come è avvenuto in altre regioni? Di certo ci sarà una levata di scudi da parte dei sindaci dei centri che “perderanno” il proprio ospedale, così come è già avvenuto in passato. Per quale motivo non si è potuto procedere per tempo ad operare, da parte degli amministratori, a organizzare un sistema sanitario pronto a supplire le funzioni svolte dai piccoli ospedali con un sistema di medicina territoriale efficiente?

Se da un lato si vede l’ospedale, piccolo o grande che sia, come un simbolo per il paese ospitante e per i politici locali come propaganda per un consenso elettorale, dall’altro non si può fare a meno di pensare a ciò che è altrettanto importante che è la sicurezza per le persone che afferiscono a quella struttura. Bisogna ripensare anche ai costi sostenuti, talvolta anche con sperpero di risorse economiche, che in altro modo potevano invece servire per rafforzare quei centri che oggi si sarebbero potuti salvare. In altre parole, anziché tenere 2 ospedali senza garanzie, si sarebbe potuto gestire un ospedale sicuro.

Ebbene! Oggi dobbiamo fare i conti con la mancanza di risorse (leggasi soldi) e pertanto penso che il processo di chiusura sarà inevitabile. Ma dopo avere asserito questo bisogna fare un’altra riflessione ed esattamente questa: quanti dei decisori politici nazionali conoscono bene la geografia della nostra Sicilia? È indubbio che l’orografia della nostra regione è particolare rispetto alle altre regioni e tutto è complicato dalla mancanza di vie di comunicazioni efficienti e da mezzi di trasporto del medioevo. Non sempre è facile aggiungere un ospedale sito anche a 30 chilometri di distanza, perché tra strade dissestate e tortuose la durata del percorso talora è di qualche ora. Per questo motivo l’ordine dei medici che presiedo si schiera accanto ai sindaci dei paesi madoniti contro la chiusura del punto nascita dell’ospedale di Petralia, perché raggiungere Cefalù o Termini Imerese da Castellana Sicula o da Polizzi Generosa con un tragitto che non permette rapidità, a causa delle strade in condizioni disastrose, è sempre particolarmente complicato.

La ministro Lorenzin, in una sua nota e in varie interviste, parla anche della possibilità di intervento dell’elicottero del 118, ma forse non conosce che in alcuni mesi dell’anno lo stesso elicottero non può atterrare in questi centri montani. Ed allora, per pensare di chiudere alcuni ospedali e punti nascita ritenuti non sicuri, bisognerà prima occuparsi di costituire una alternativa sanitaria territoriale valida ma anche mettere a posto le infrastrutture (strade e mezzi di trasporto) efficienti.