Quanti giorni di ricovero ospedaliero sono necessari dopo un infarto del miocardio?

Quanti giorni di ricovero ospedaliero sono necessari dopo un infarto del miocardio?

L’infarto del miocardio è una cardiopatia dovuta all’occlusione trombotica acuta di un’arteria coronarica che causa un’ischemia/necrosi del muscolo cardiaco per interruzione del flusso sanguigno. L’obiettivo della terapia è di ripristinare il flusso arterioso al più presto possibile per evitare la perdita irreversibile di muscolo. Pertanto, le conseguenze sulla funzione cardiaca sono variabili, da assenti o lievi a severe, in base all’estensione della perdita di muscolo. Più precoce è il ripristino del flusso più limitato è l’infarto e migliore e la funzione contrattile residua del cuore.

Inoltre, l’angioplastica coronarica, mirata al ripristino del flusso coronarico, in una piccola percentuale di pazienti con infarto (< 5%) può essere associata ad un risultato non ottimale oppure a complicanze. Infine, l’infarto stesso, a prescindere dalla terapia può essere associato a  complicanze di tipo meccanico (come rotture o perforazioni di parti di muscolo ecc.), emodinamiche (come l’edema polmonare o lo shock cardiogeno ecc.) e aritmiche (come eccessiva bradicardie oppure tachiaritmie ventricolari ecc.). Pertanto, sebbene la prognosi sia sempre riservata nelle prime 24 ore dopo l’evento acuto, il rischio globale dei  pazienti con infarto è molto eterogeno.

In particolare, i pazienti sottoposti ad efficace angioplastica con un buon flusso coronarico, con conservata funzione contrattile residua del muscolo cardiaco e con un decorso privo di complicanze nelle prime 24 ore di monitoraggio, hanno un rischio che può essere definito basso, e possono essere dimessi entro 48-72 ore, come suggerito dalle più recenti linee guida della Società Europea di Cardiologia. Nei pazienti senza caratteristiche di basso rischio, la durata dell’ospedalizzazione va stabilita su base individuale, a seconda del grado di severità delle condizioni del paziente.

Tuttavia, sebbene la dimissione precoce sia appropriata nei pazienti a rischio più basso, è fondamentale che tali pazienti siano precocemente seguiti dal medico curante per l’ottimizzazione della terapia medica di prevenzione secondaria, mirata ad ottenere il controllo dei fattori di rischio cardiovascolari.