È stato tutto un attimo. Nel cuore di un pomeriggio estivo lo squillo del telefonino aveva spezzato l’incantesimo di quel silenzio. Dall’altra parte dell’apparecchio una voce mi informava che dovevo partire subito per un incontro di lavoro per la volta di Milo, il paesino alle pendici dell’Etna. Adoro Milo. C’ è qualcosa di mistico e di antico che odora di vita passata, che sembra legarmi a questo paese. Tutto lì sembra magico: i balconi e i loro fiori colorati, la piazza della “solitudine” che si affaccia lungo il belvedere, le strette viuzze con le loro tante storie da raccontare e io che ho la sensazione di sentire delle voci a me familiari. L’appuntamento è in una stradina per Praino. Costeggio al largo e vengo catturata da un cartello con la scritta “VENDESI VILLA”. Scendo dalla macchina mi accosto a leggo sul campanello: Lucio Dalla. Rimango sbalordita. Avevo sentito parlare della casa a Milo del grande Lucio ma esservi lì fa tutto un altro effetto. Chissà quante volte avrà varcato la soglia di questo cancello, di questa splendida tenuta a cui era particolarmente affezionato, dove l’Etna sembra dominare il mar Ionio e si ha la certezza di poter scrutare da lontano le coste della Calabria. E chissà se proprio qui avrà avuto l’ispirazione per comporre uno dei suoi più grandi capolavori, ”Caruso”, in grado ancora oggi di fare scendere una luce dagli occhi. Lucio ne era praticamente innamorato e viveva come se avesse due anime: una nordica ordinata, efficiente, perfezionista e l’altra meridionale, disodinata, sensuale e mistica.
Lucio era nato a Bologna il 4 Marzo del 1943, eppure la vita lo aveva portato qui dove anche il tempo sembrava essersi fermato ad aspettarlo, pronto ad accoglierlo e a fare da Cicerone a tutti i suoi pensieri a cui ad uno ad uno dava il nome, pensieri che si sarebbero tramutati nei titoli dei suoi brani più famosi. Il fato di Lucio fu la musica e la musica fu la Dea che lo cullò sin dal suo nascere. Persino la madre di Lucio, Jole Melotti, credette sin da subito che il figlio fosse un genio e a 15 anni lo lasciò partire per Roma dove lì, da bravo musicista quale era, entrò a far parte di un complesso: la Second Roman new Orleans jazz band.
Ma il fato si serve anche dei suoi “angeli in terra” e grazie ai suoi scat da jazz man italiano, che diventeranno il suo marchio di fabbrica, verrà notato anche da Gino Paoli. Come per ogni artista italiano che si rispetti, il trampolino di lancio era il Festival di Sanremo ed ecco che nel 1966 Lucio vi partecipa con un brano dal titolo “Paff…bum” che lo porterà in giro per piazze e teatri. E se da un lato agli occhi di qualcuno Lucio appariva eccentrico, bizzarro per via delle sue strane abitudini di esibirsi scalzo tra il pubblico o di andare in giro spesso con una gallina al guinzaglio, dall’altro lato celava una grande sensibilità e la consapevolezza di percepire che il mondo non poteva essere solo quello che appariva ma avesse un messaggio molto più profondo, come i testi che scriveva.
Nel 1971 la straordinaria intesa tra Lucio Dalla e Francesco De Gregori partorirà per il Festival di Sanremo uno di quei brani che ancora oggi, quando lo si ascolta, fa di Lucio il “genio della musica”: ”4 Marzo 1943”.
Lucio Dalla esprimeva poco i suoi sentimenti al grande pubblico. Lui metteva tutto nero su bianco, traducendo le parole in musica parlando di solitudine come il brano “Piazza Grande”, dedicato ad un senzatetto realmente vissuto, alla bellissima “Come è profondo il mare” brano sulla forza dell’amore e di come riuscire a trovare il coraggio nella disperazione, alludendo al padre prematuramente scomparso. La sua “Disperato erotico stomp” del 1979 è tutto un dire: non ci può essere amore senza sesso e viceversa. Ma l’amore vero quello puro, quello adolescenziale è raccontato nella reale “Anna e Marco” dove in evidenza traspare l’animo sensibile di un Lucio Dalla innamorato della vita e dell’amore: “…ma dimmi tu dove sarà dov’è la strada per le stelle mentre parlano si guardano e si scambiano la pelle e cominciano a volare…”.
Molti sono i temi affrontati da Lucio nelle sue canzoni. L’incapacità di comunicare, la voglia di libertà, il desiderio di poter continuare a sperare come nel brano “L’anno che verrà”: “vedi caro amico cosa si deve inventare per poter riderci sopra, per continuare a sperare…”.
Mi rendo conto che Lucio Dalla è stato ovunque, sempre presente nella mia vita. Sorrido al pensiero del ricordo delle recite scolastiche quando “Attenti al lupo” era il cavallo di battaglia, al battito di quel tamburo che segnava l’inizio del brano “Canzone”: cercala se vuoi, dille che non mi perda mai va per le strade tra la gente… del 1999, esattamente dopo 33 anni dal suo primo album che si intitolava appunto ”1999”.
Mi affaccio nell’immensità della vista che si pone dinnanzi ai miei occhi e mi perdo tra le nuvole che sembrano divertirsi a creare soggetti che la mia immaginazione traduce per me. Lucio Dalla ci lascerà il 1° marzo del 2012 e se ne andrà con quella stessa nave descritta nel brano “La sera dei miracoli” quella nave che lo porterà lontano dal giorno che ormai sta per finire.