Come era agevole prevedere, la Cassazione inizia ad occuparsi della legge Gelli-Bianco e in particolare delle linee guida alle quali deve attenersi il medico e del nuovo statuto penale della colpa medica. Ma partiamo dalla legge.
Pubblicata in Gazzetta Ufficiale 17 marzo 2017, n. 64 la Legge 8 marzo 2017, n. 24 di riforma della responsabilità medica reca le “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonchè in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”.
Gli spunti di riflessione che fornisce la Legge sopradetta sono molteplici ed hanno una portata copernicana: rivoluzionano infatti l’ambito dei professionisti del settore medico sanitario. Il dato più rilevante da cui è impossibile prescindere è il riconoscimento del diritto alla sicurezza delle cure che nasce dal più generale principio Costituzionale sancito dall’art. 32 (il diritto alla salute ndr). Il testo affronta e disciplina i temi della sicurezza delle cure e del rischio sanitario e si pone come obiettivo dichiarato quello di ridurre al minimo il contenzioso eventuale, tanto civile quanto penale, in merito alla responsabilità medica, garantendo un più efficace sistema risarcitorio al paziente.
Dal punto di vista della responsabilità penale, abbiamo già di questa legge il primo vaglio della Cassazione. Con la recentissima sentenza depositata in data 07 giugno 2017 n. 28187, gli ermellini chiariscono che la legge Gelli-Bianco si applica solo ai fatti commessi in epoca successiva alla riforma. I giudici della IV sez. risolvendo i primi problemi di diritto intertemporale innescati dalla novella sanciscono, infatti, che “La legge n. 24 del 2017 introduce, all’art. 5, un nuovo statuto disciplinare delle prestazioni sanitarie, governato dalle raccomandazioni espresse dalle linee guida accreditate e, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali. Ai sensi dell’art. 590-sexies c.p. introdotto dall’art. 6 della medesima legge, tale nuovo quadro disciplinare è rilevante anche ai fini della valutazione della perizia del professionista con riguardo alle fattispecie di cui agli artt. 589 e 590 c.p.; e, per la sua novità, trova applicazione solo ai fatti commessi successivamente all’entrata in vigore della novella. Per i fatti anteriori può trovare ancora applicazione, ai sensi dell’art. 2 c.p., la disposizione di cui all’abrogato art. 3, comma 1, della legge n. 189 del 2012, che aveva escluso la rilevanza penale delle condotte lesive connotate da colpa lieve, nei contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”.
Dal punto di vista della responsabilità civile dalla legge Gelli – Bianco emergono importanti novità tanto per la struttura sanitaria quanto per l’esercente l’attività professionale. Viene anzitutto sancita la natura contrattuale della responsabilità della struttura ospedaliera, senza distinzioni tra pubblico e privato. Infatti la struttura sanitaria risponderà ex artt. 1218 e 1228 c.c. allorché nell’adempimento dell’obbligazione si avvalga dell’opera di professionisti esercenti professioni sanitarie – si tratta oltre che d’una revisione terminologica, d’una revisione e di un ampliamento giuridico della figura, non limitandosi più al personale medico, ma ricomprendendo così ogni figura dotata di profilo professionale – anche se non facenti parte della struttura e contestualmente scelti dal paziente, delle condotte dolose o colpose di questi ultimi.
Muta, invece, la responsabilità in capo al singolo professionista che sarà ex art. 2043 extracontrattuale salvo il caso in cui abbia posto in essere col paziente danneggiato un vincolo negoziale. Tale diversa natura della responsabilità ha evidenti ripercussioni anche e soprattutto dal punto di vista pratico. Si pensi, ad esempio, al differente regime di prescrizione: decennale per la responsabilità contrattuale, quinquennale per quella aquiliana gravante in capo agli esercenti le attività sanitarie. Ma ha anche riscontri differenti dal punto di vista processuale. Si pensi ad esempio all’onere della prova della responsabilità e del danno cagionato.
Viene, a tal proposito sancito, l’obbligo in capo ad ogni lavoratore delle strutture sanitarie di concorrere attivamente alla prevenzione del rischio connesso all’erogazione delle prestazioni sanitarie, per evitare la disciplina di cui sopra. Nel testo normativo, infatti, vengono poste in essere misure volte a limitare l’incidenza in capo tanto alla struttura quanto agli esercenti professioni sanitarie, come l’obbligo di predisporre adeguata copertura assicurativa per ogni professionista per gli eventuali risarcimenti derivanti da colpa grave; l’obbligo assicurativo anche per le strutture dettandone i requisiti. L’obbligo assicurativo si estende anche ai professionisti in regime di libera professione intramuraria o in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale.
Il giudice, nella determinazione del risarcimento, deve tener conto della condotta del sanitario in rapporto all’osservazione delle linee guida dettate per la prevenzione del rischio. Ma proprio su natura, contenuto e limiti delle linee guida tornano a soffermarsi i giudici di legittimità, che nella recente sentenza già richiamata, sottolineano che esse “mantengono un contenuto orientativo, esprimono raccomandazioni e non indicano una analitica, automatica successione di adempimenti, ma propongono solo direttive generali, istruzioni di massima, orientamenti: dunque vanno in concreto applicate senza automatismi, ma rapportandole alle peculiari specificità di ciascun caso clinico”.
Altro elemento di vera rottura col passato è senza dubbio la creazione del Garante per il diritto alla salute, figura di riferimento per i cittadini che intendano denunciare il malfunzionamento del sistema sanitario. Coadiuvato dalla nascita, in ogni regione, del Centro per la gestione del rischio sanitario e della sicurezza del paziente. In tal senso va letto il testo della Legge: nella collaborazione tra le istituzioni e le strutture sanitarie senza voler trascendere dalla garanzia per queste ultime e per gli esercenti attività sanitarie attraverso l’obbligo di coperture assicurative tali da garantire una sorta di autonomia professionale. Il cambiamento è servito, al netto della rinnovata garanzia.
Avv. Claudia Cassella del foro di Catania