Alienazione genitoriale. Il dramma dei figli contesi

Alienazione genitoriale. Il dramma dei figli contesi

Si conclude oggi la settantaduesima Mostra internazionale d’Arte cinematografica, organizzata dalla Biennale di Venezia, che come ogni anno desta interesse e curiosità. Quest’anno, oltre alla consuetudinaria presentazione dei film in gara, accompagnati dalla sfilata, sul celebre red carpet, di volti noti del cinema italiano e internazionale, tale evento è stato l’occasione per affrontare e divulgare un attuale e drammatico fenomeno sociale: la cosiddetta alienazione genitoriale. Quest’ultima, infatti, tecnicamente definita Sindrome da alienazione parentale (o PAS dall’acronimo Parental Alienation Syndrome) consiste in una manipolazione psicologica che un genitore pone in essere nei confronti del figlio con il voluto e precipuo scopo di creare una situazione di paura, diffidenza e odio nei confronti del genitore cosiddetto “alienato”. E non è un caso che il fenomeno trovi terreno fertile nei contesti di genitori separati o divorziati, i quali si contendono l’affidamento e il diritto di visita dei figli minori.

Tale drammatica tecnica si spingerebbe fino ad arrivare a comprendere l’uso di espressioni denigratorie, false accuse di trascuratezza, e persino nei casi più estremi, in false imputazioni di abuso o violenza, creando così una sorta di realtà virtuale familiare agli occhi del figlio nei confronti dell’altro genitore.

L’iniziativa di affrontare al Festival di Venezia un tema così caldo, ma purtroppo anche così attuale, è partita dall’avvocato penalista Giulia Bongiorno e dalla showgirl Michelle Hunziker, fondatrici nel 2007 di “Doppia Difesa”, una fondazione che offre consulenza e assistenza legale e psicologica alle donne vittime di abusi, violenze e discriminazioni. L’argomento è più attuale che mai. Infatti, secondo una ricerca condotta dal Copenhagen Consensus Center, il 45% delle famiglie sono in fase di separazione o divorzio e 1 figlio su 3 vive da solo con mamma o papà. E quando gli ex coniugi non trovano un accordo nel bene del bambino, spesso i contrasti conducono alla loro conseguenza peggiore: coinvolgere i minori. Ed è allora che può intervenire la Giustizia per tutelare chi da solo non può difendersi dagli abusi.

In passato è accaduto che il Tribunale civile di Milano, in data 13 ottobre 2013 abbia emesso un provvedimento con il quale rigettava la richiesta di mezzi istruttori aventi ad oggetto l’accertamento della cosiddetta sindrome di alienazione genitoriale, ritenendola priva di alcun fondamento sul piano scientifico. È recente invece, e in netto contrasto con quanto accaduto in precedenza, la decisione del Tribunale di Cosenza che, con decreto dettagliatamente motivato (n. 778/2015), ha disposto l’affidamento esclusivo dei minori al padre, a causa del comportamento della genitrice. Nel caso in specie, il Giudice ha evidenziato come dall’ampia istruttoria, che ha compreso sia una consulenza tecnica d’ufficio psicologica che l’ascolto diretto dei minori da parte del magistrato all’uopo delegato, sia emersa “l’esistenza di una situazione di inidoneità genitoriale della madre che risulta aver manipolato i due minori allontanandoli fisicamente e psicologicamente dal padre verso cui ostentano entrambi plateali manifestazioni di rifiuto e negazione”. Il Tribunale ha constatato un “condizionamento programmato” della madre nei confronti dei figli, teso a logorare la figura paterna nonché i rapporti con i parenti del ramo genitoriale paterno. I minori, infatti, continuavano a parlare del loro padre come di una persona cattiva e che non volevano più vedere, in maniera robotica e rituale, il tutto sintomatico di quell’alienazione parentale che altro non è che una sorta di denigrazione martellante e ingiustificata effettuata da uno dei due genitori contro l’altro genitore, un vero e proprio lavaggio del cervello.

Purtroppo però nel nostro paese non esiste ancora una legge sull’alienazione parentale, né a livello medico quest’ultima trova riconoscimento all’interno dei comportamenti patologici. La Corte di Cassazione si è infatti pronunciata in due casi riconoscendo da un lato, con la sentenza n. 7041/2013, la sindrome di alienazione genitoriale come priva di fondamento scientifico, a causa della difficoltà di inquadrare definitivamente e chiaramente la sindrome quale patologia rilevante nell’ambito giuridico a causa dell’assenza di un effettivo, condiviso e formale riconoscimento a livello medico-scientifico. Tuttavia, dall’altro, gli ermellini hanno condannato in sede penale un padre per aver “volutamente e coscientemente messo in atto strategie e comportamenti tali da annullare nei bambini ogni possibilità di un rapporto con la madre”. Manca ad oggi una legislazione ad hoc, ma le pronunce dei Tribunali e della Suprema Corte riportano sicuramente l’attenzione su una questione così delicata e attuale, da richiedere un intervento urgente al sistema legislativo italiano.

Avvocato Elena Cassella del Foro di Catania