Un anno di cronaca giudiziaria, focus sui processi più importanti del 2023

Un anno di cronaca giudiziaria, focus sui processi più importanti del 2023

SICILIA – Giungono a conclusione, insieme al 2023, anche diverse vicende giudiziarie che hanno rappresentato parte integrante della cronaca giudiziaria degli ultimi dodici mesi.

Se alcune di queste, nell’anno appena terminato, sono finalmente giunte al termine, altre non sono ancora arrivate ai titoli di coda. Ciò significa che le sorti giudiziarie di alcuni imputati sono ancora in bilico. L’anno nuovo dunque, con molta probabilità, si rivelerà determinante per fare luce su vicende e delitti ancora troppo “ingarbugliati”.

Per intanto soffermiamoci sugli sviluppi giudiziari dell’ultimo anno, riepilogando i processi e le sentenze più importanti dei mesi scorsi.

Assolto l’ex presidente Lombardo

Raffaele Lombardo

È giunta ai titoli di coda, nello scorso marzo, la vicenda giudiziaria che per oltre 12 anni ha visto coinvolto Raffaele Lombardo, ex governatore siciliano accusato di concorso in associazione mafiosa e corruzione elettorale.

La Cassazione ha confermato l’assoluzione, già stabilita nel processo d’appello: ha infatti rigettato il ricorso della Procura generale di Catania contro l’estraneità di Lombardo ai reati per i quali era indagato.

Nell’udienza, che ha avuto luogo il 7 marzo scorso, era stato il procuratore generale a chiedere di annullare con rinvio la sentenza dell’assoluzione, sulla base di un ricorso che era stato presentato nel tentativo di cambiare la sentenza che ha dichiarato innocente l’ex presidente della Regione.

Perché Lombardo “non è colpevole”

Non ci sono prove del patto tra Raffaele Lombardo e la mafia“, queste le motivazioni depositate dalla Cassazione.

Secondo i giudici della Cassazione, che lo hanno assolto in via definitiva, Lombardo non può essere ritenuto colpevole finché non si dimostra l’esistenza di un patto” con Cosa Nostra, volto a favorire i mafiosi.

L’accusa di coinvolgimento esterno in un’associazione mafiosa può essere sostenuta solo nel caso in cui si dimostri, come si evince dalla motivazione della sentenza, non solo una semplice vicinanza al gruppo o ai suoi membri, inclusi quelli di spicco, né l’accettazione del sostegno elettorale da parte dell’organizzazione criminale.

È necessaria invece la prova di un accordo mediante il quale un politico, in cambio di sostegno elettorale, si impegna a promuovere gli interessi dell’organizzazione. La concreta esecuzione delle azioni promesse è meno rilevante ai fini della prova, ma può essere considerata solo come mezzo di verifica.



Alla luce di ciò, i giudici di terzo grado hanno ritenuto corretto il ragionamento nella sentenza di appello bis che nel gennaio 2022 aveva assolto l’ex governatore.

Le novità del 2023 sul “Sistema Montante”

Antonello Montante

A inizio anno, era stata rinviata allo scorso 30 gennaio l’udienza del processo Montante, che avrebbe avuto luogo a Caltanissetta.

Il processo si è “fermato” dopo che il Csm ha nominato procuratore aggiunto di Caltanissetta il G.I.P. di Roma Nicolò Marino, che è Parte Civile per uno degli episodi contestati. Per legge in questi casi il procedimento deve essere trasferito e essere celebrato a Catania, come chiesto da diversi Avvocati della Difesa il 17 febbraio del 2022. Il magistrato ha intanto dichiarato il ritiro della sua costituzione come Parte Civile nel processo, dove sarà presente come parte lesa.

Il Tribunale di Caltanissetta si era riservato di decidere sulla richiesta di trasferimento del processo a Catania nell’udienza dello scorso 19 dicembre. Ma nel frattempo è intervenuta la sospensione dell’efficacia del provvedimento di nomina del Csm di Marino da parte del Tribunale amministrativo regionale di Roma su un ricorso presentato da un altro candidato al ruolo di procuratore aggiunto a Caltanissetta, il sostituto procuratore Pasquale Pacifico in servizio alla Direzione Distrettuale Antimafia Nissena.

Nel mese di aprile Nicolò Marino ha poi visto respingersi da parte della settima sezione del Consiglio di Statol’appello contro la sentenza del Tar del Lazio che aveva dato ragione al ricorso del sostituto della Divisione Distrettuale Antimafia del capoluogo nisseno, Pasquale Pacifico, contro la nomina di Marino a procuratore aggiunto sempre su Caltanissetta.

Alla luce quindi delle decisioni prese, il processo è rimasto a Caltanissetta, sventando così la possibilità di uno spostamento su Catania.

Scatta la prescrizione per 8 imputati

Nello scorso 4 dicembre, il presidente del Tribunale di Caltanissetta Francesco D’Arrigo ha comunicato che sono giunti i termini di prescrizione per otto imputati, tra i quali l’attuale presidente della Regione Renato Schifani, accusato di rivelazione di segreto d’ufficio.

In bilico le sorti giudiziarie di Schifani

schifani

Per quanto riguarda la posizione del presidente Schifaniimputato per concorso esterno e per rivelazione di notizie riservate, pare che non ci siano “i termini per la prescrizione relativa al reato di concorso esterno in associazione a delinquere“.

Lo hanno affermato poche settimane fa i legali del governatore siciliano – gli avvocati Roberto Tricoli e Sonia Costa – in risposta alle tesi dei pm (Maurizio Bonaccorso, Claudia Pasciuti e Davide Spina), secondo cui Schifani dovrebbe rispondere in concorso con il promotore dell’associazione, cioè Antonello Montante. Tra l’altro dovrebbe farlo, a detta loro, “con la stessa pena prevista per i promotori, con conseguente allungamento dei termini di prescrizione“.

Il tribunale deciderà le sorti giudiziarie del presidente Schifani durante la prossima udienza, fissata per l’8 gennaio.

Processo Mario Ciancio Sanfilippo

processo mario ciancio sanfilippo

Si è conclusa lo scorso 20 marzo la requisitoria dei pubblici ministero Agata Santonocito e Antonino Fanara, in merito al processo per concorso esterno all’imprenditore ed editore Mario Ciancio Sanfilippo.

La Procura di Catania ha chiesto per l’Imputato la condanna a dodici anni di reclusione e la confisca dei beni – compresi anche 40 milioni di euro presenti in conti bancari – che gli erano stati dissequestrati.

L’inchiesta della Procura etnea punta i riflettori su presunti rapporti che Ciancio avrebbe avuto con esponenti di spicco di Cosa Nostra. A contestare ciò sono i legali Giulia Buongiorno, Francesco Colotti e Carmelo Peluso. Sono ancora “appese a un filo” le sue sorti giudiziarie.

Catania, iniziato il processo a Martina Patti per l’omicidio della figlia Elena Del Pozzo

martina patti elena del pozzo

È iniziato a Catania nel giugno scorso, con la costituzione delle parti e le prime eccezioni procedurali, il processo a Martina Patti, la 24enne che ha confessato l’omicidio della figlia Elena, di 4 anni, uccisa con un’arma da taglio nel giugno 2022 e seppellita in un campo vicino casa, a Mascalucia.

La Procura ha formulato le accuse di omicidio premeditato aggravato, occultamento di cadavere e simulazione di reato nei confronti dell’imputata.

nonni paterni e il padre della giovane vittima si sono costituiti parte civile rappresentati dall’avvocato Barbara Ronsivalle. L’imputata è assistita dal penalista Gabriele Celesti. Le indagini condotte dai carabinieri del Comando provinciale di Catania sono state coordinate dal procuratore Carmelo Zuccaro, dall’aggiunto Fabio Scavone e dal sostituto Assunta Musella.

Matteo Messina Denaro, condannato Andrea Bonafede

Condannato a 6 anni e 8 mesi Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità a Matteo Messina Denaro.

Condannato per aver fatto da tramite tra Messina Denaro e il suo medico

Matteo Messina Denaro e Alfonso Tumbarello

Matteo Messina Denaro e Alfonso Tumbarello

Bonafede ha fatto da intermediario tra Matteo Messina Denaro e il medico Alfonso Tumbarello nel periodo in cui il boss era in cura per il tumore al colon di cui era affetto. Il condannato faceva avere a Messina Denaro le ricette intestate al geometra e le prescrizioni delle terapie, firmate da Tumbarello.

Il G.U.P. di Palermo lo ritiene colpevole per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena. L’accusa in aula era sostenuta dai pm Piero Padova e Gianluca de Leo.

Non sapevo che il malato fosse Matteo Messina Denaro

L’intermediario si è giustificato affermando di non sapere che il malato era l’ex superlatitante. Ha spiegato di essere convinto che ad avere il tumore fosse il cugino, che avrebbe voluto però tenere riservata la sua battaglia contro il cancro.

Il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova avevano chiesto una condanna di 13 anni. Come si può notare dalla sentenza finale, il giudice ha accolto solo in parte la loro richiesta.

Bonafede, difeso dall’avvocato Tommaso De Lisi, era stato arrestato lo scorso 7 febbraio, a distanza di poche settimane dalla cattura di Matteo Messina Denaro.

Foto di repertorio