Dispersione scolastica, numeri “agghiaccianti”: cosa ne pensano i docenti? Quali soluzioni?

Dispersione scolastica, numeri “agghiaccianti”: cosa ne pensano i docenti? Quali soluzioni?

SICILIA – Pandemia, lezioni a distanza, cambio di routine e nuove modalità di apprendimento. Gli ultimi anni sono stati particolarmente difficili per gli studenti italiani.

La dispersione scolastica è una “piaga” che non sembra arrestarsi e che, invece, continua – con insistenza a crescere a dismisura, evidenziando soprattutto – ma non solo – il dislivello tra Nord e Sud.

Numeri del report

Secondo il recente report di Save The Children, nel 2021 il tasso uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione si è attestato al 12,7%, ancora lontano dal traguardo fissato dal Consiglio dell’Ue nel 2021 del 9% entro il 2030. Su questo fronte solo Spagna e Romania fanno peggio dell’Italia in Europa.

Ma non è tutto: tra il 2019 ed il 2022, la percentuale di studenti che arrivano al diploma di scuola superiore senza le competenze minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro e dell’Università, è passata dal 7,5% al 9,7%. Nonostante ci sia stato un lieve miglioramento nell’ultimo anno, siamo ancora lontani dai livelli pre-Covid-19.

Le cause principali

A cosa è dovuto? Sicuramente la povertà educativa e quella economica connessa con la crisi globale hanno giocato il loro ruolo rilevante e sono due aspetti strettamente collegati.

Sono, infatti, i minorenni che provengono da famiglie svantaggiate ad aver registrato livelli di apprendimento più bassi e sono anche quelli maggiormente colpiti dal fenomeno di dispersione scolastica.

Il senso della scuola e dell’istruzione, però, così viene quasi accantonato, dato che lo scopo primario dovrebbe essere quello di porre un argine alla crescita delle diseguaglianze, garantendo a tutti pari opportunità per sviluppare capacità, talenti e aspirazioni. Nella carta è così, nei fatti si procede in direzione differente.

Non è “colpa” solo della pandemia

Non è solo colpa della pandemia, perché la scuola italiana si “trascina” dietro di sé – da tempo – carenze storiche e strutturali: si affronta la povertà educativa con “armi” insufficienti e limitate.

Le scuole italiane, molto spesso, non sono in grado di garantire, per esempio, il tempo pieno, elemento essenziale per combattere la dispersione scolastica; oppure sono sprovviste di servizio mensa, di materiali, spazi e infrastrutture fisiche adeguati all’apprendimento e al sano e corretto sviluppo di ogni studente e studentessa.

Il problema principale è rappresentato dal fatto che tali mancanze sono per lo più concentrate in territori dove risiedono soprattutto gli studenti che provengono da famiglie con livelli socioeconomici più bassi, i quali, al contrario, avrebbero maggiore necessità di beneficiare di un’offerta di spazi e servizi scolastici di qualità.

Oltre a un livello di spesa pubblica per l’istruzione insufficiente, si deve fare i conti con l’incapacità di sfruttare al meglio le risorse disponibili.

In più, l’offerta educativa extrascolastica è diseguale sul territorio: attività sportive, culturali e ricreative – fondamentali per la crescita – sono riservate, in molti casi, a chi può permettersele economicamente, escludendo una grossa fetta di popolazione e interi quartieri.

Certo, l’emergenza sanitaria ha reso tutto più precario. Un “mix” esplosivo e quasi “letale” che ha portato a numeri allarmanti. E la Sicilia presenta dati agghiaccianti.

Cosa fare? Come agire?

La dispersione scolastica, o la mancata acquisizione di competenze adeguate al proseguimento degli studi universitari o l’ingresso nel mondo del lavoro, sono, come abbiamo visto, fenomeni largamente diffusi nel nostro paese. Dipendono in larga parte dalla condizione socioeconomica e culturale delle famiglie e dei territori dove i bambini nascono e crescono.

La scuola rappresenta un presidio essenziale nella lotta alle disuguaglianze. Una scuola di qualità, che offra quindi spazi sicuri, infrastrutture e servizi adeguati, può dare opportunità eguali di apprendimento a tutti gli studenti e le studentesse, anche, e soprattutto, a quelli che sono maggiormente svantaggiati.

L’analisi svolta evidenzia però che molto spesso sono proprio le scuole situate in province dove si concentra il disagio economico e sociale a non avere mezzi sufficienti per contrastare la povertà educativa.

Rilanciare la scuola pubblica

È per questo motivo che Save the Children propone una serie di misure per rilanciare la scuola pubblica, non soltanto per garantire la ripartenza della scuola, dopo due anni molto difficili, ma soprattutto a trasformarla, per dotarla degli strumenti necessari a far fronte alle sfide educative future e garantire a tutti gli studenti e le studentesse il diritto a un’istruzione di qualità.

Nell’immediato, in considerazione del caro vita che sta investendo il paese e che ha un impatto maggiore proprio sulle famiglie più svantaggiate, l’Organizzazione fa appello alle scuole, agli Uffici Scolastici Regionali e alle Regioni affinché:

  • sia garantito il rispetto dei tetti di spesa fissati per legge per l’acquisto dei libri scolastici e vengano sperimentate soluzioni quali il comodato d’uso gratuito per libri e dotazioni tecnologiche necessarie a scuola;
  • sia garantita la volontarietà di qualsiasi contributo economico richiesto ai genitori e che questo non sia in alcun modo finalizzato all’iscrizione degli studenti e delle studentesse;
  • i fondi europei messi a disposizione delle scuole siano dedicati anche ad assicurare la partecipazione degli studenti e delle studentesse con un livello socioeconomico basso a gite e giornate didattiche esterne alla scuola.

Investire di più e meglio

In poche parole occorrerebbe investire di più e meglio per l’Istruzione pubblica:

  • Aumentare la spesa per l’istruzione al 5% del PIL a partire dal 2023, rendendo quindi disponibili circa 93 miliardi, contro i circa 71 stanziati nel 2020. Le nuove risorse aggiuntive dovranno essere ripartite in tutti i gradi d’istruzione. L’aumento della spesa, unitamente ai fondi per investimenti strutturali stanziati dal PNRR, dovrà essere finalizzato da un lato all’aumento delle retribuzioni agli insegnanti, a oggi tra le più basse d’Europa, dall’altro a incrementare l’offerta scolastica di qualità, con particolare riferimento al tempo pieno, le mense, all’aumento degli spazi ed il miglioramento delle infrastrutture, nonché la
    formazione degli insegnanti e la sperimentazione di pratiche pedagogiche innovative, inclusive e aperte alla comunità;
  • Finanziamenti dovranno essere garantiti in via prioritaria alle “Aree ad Alta Densità Educativa”, territori dove più alta è la percentuale di studenti che appartengono a famiglie in svantaggio socioeconomico, dove i livelli di apprendimenti sono più bassi ed i tassi di dispersione sono più elevati, e dove, inoltre, la comunità educante si caratterizza per un’offerta educativa (scolastica ma anche non formale e informale) molto limitata. Per identificare in modo efficiente le Aree ad Alta Densità Educativa, ovvero territori e scuole con maggiori bisogni, ed evitare quindi la dispersione delle risorse, è essenziale sviluppare l’Indice di Povertà Educativa territoriale, che possa rilevare con regolarità, a livello dei comuni, aree urbane, aree interne, ambiti territoriali, i fattori determinanti dello svantaggio educativo, nella scuola e nella comunità educante. A tal fine sarà necessario raccogliere sistematicamente i dati che oggi mancano a livello subcomunale;
  • I finanziamenti dovranno superare la logica del bando e perseguire un approccio di co-programmazione e co-progettazione tra reti di scuole, comunità e istituzioni. Una parte dei fondi dovrà anche essere destinata a rafforzare e diffondere in altri contesti, le migliori pratiche condotte in alcune scuole o in alcuni territori, che hanno dimostrato di essere particolarmente efficaci nella lotta alla dispersione scolastica e ai mancati apprendimenti, per esempio prolungando il tempo di apertura della scuola al fine di organizzare attività extra-curricolari, quali laboratori di musica, arte, tecnici, in grado di attrarre studenti in svantaggio socioeducativo.

Cosa ne pensano i docenti?

A tal proposito, in conclusione, ai microfoni di NewSicilia è intervenuta Lella Seminerio, docente di scuola primaria a Catania, che ci ha mostrato il suo punto di vista inserendo anche possibili soluzioni per contrastare la dispersione scolastica, tremendamente presente in Sicilia.

Quali sono le carenze della scuola italiana che hanno portato alla dispersione scolastica?

Nella scuola italiana si registra un tasso di abbandono piuttosto elevato, anche se in miglioramento negli ultimi anni. La causa principale potrebbe essere individuata nell’insuccesso scolastico: le difficoltà che gli alunni incontrano nel loro percorso di formazione rappresentano degli ostacoli impegnativi e, a volte, insormontabili.

Se non si ha alle spalle una famiglia che crede nella scuola, nell’istituzione scolastica come mezzo indispensabile per la formazione del ragazzo, spesso questo insuccesso si evolve nel non voler più frequentare. Quindi, una delle possibili cause si può individuare nella difficoltà che ha la scuola nel rispondere alle esigenze di famiglie in cui si riscontra una certa povertà educativa“.

Come si può contrastare tale fenomeno in espansione?

Per frenare la dispersione scolastica sono state messe in atto, nel tempo, diverse strategie. Fin dalla formazione, il docente impara a gestire, decodificare e a tentare di ridurre le difficoltà degli alunni.

Può arrivare a questo creando percorsi didattici individualizzati oppure utilizzando sistemi di valutazione non eccessivamente penalizzanti ma tendenti ad accertare gli effettivi progressi, puntando il faro sugli aspetti positivi e mettendo in ombra gli insuccessi e quello che di negativo ha trovato il ragazzo nel suo percorso per evitare forme di scoraggiamento.

Nell’ultimo periodo, per esempio, nel 2015, abbiamo avuto la ‘Buona scuola‘: attraverso la piena attuazione dell’autonomia scolastica, la buona scuola ci dice che si può realizzare – tra le altre cose – la prevenzione dell’abbandono e della dispersione scolastica. Quindi c’è anche una certa normativa che ci sostiene in questo“.

Quale può essere il ruolo attivo dei docenti in tal senso?

Il docente è il primo attore, il punto di riferimento che sta in mezzo tra famiglia e istituzione scolastica. Alla fine è lui che svolge il ruolo fondamentale nei confronti della dispersione. Sicuramente il lavoro attivo in classe sulla motivazione estrinseca ma soprattutto su quella intrinseca attraverso la quale gli studenti si possono fare ‘innamorare’ del sapere è una delle basi per evitare la dispersione.

Questo si può attuare lavorando sui contenuti che devono essere atti a interessare gli alunni in quello che rappresentano e devono essere quanto più possibili aderenti alla realtà del ragazzo.

Bisogna, comunque, anche ricorrere a metodologie didattiche che siano capaci di stimolare l’interesse e la creatività. Questo è fondamentale. Non si apprende se non c’è curiosità e la curiosità va stimolata. È alla base dell’apprendimento. Si può attuare facendo ricorso agli strumenti, ai materiali didattici che la scuola mette a disposizione e che i docenti ritengono utili allo scopo.

Infine, ultimo ma non ultimo, ricordiamoci che l’insegnante ha una marcia in più se riesce a stabilire relazioni positive ed empatiche con l’alunno e con l’intero gruppo classe“.