Pentito D’Amico: “Siamo in pericolo sia io sia il pm Di Matteo. I servizi segreti sono capaci di tutto”

Pentito D’Amico: “Siamo in pericolo sia io sia il pm Di Matteo. I servizi segreti sono capaci di tutto”

PALERMO – Il pentito di mafia Carmelo D’Amico ha chiesto al pm Nino Di Matteo, uno dei magistrati dell’accusa nel processo trattativa Stato-Mafia, di essere “sentito con urgenza per motivi giudiziari”.

A renderlo noto, a inizio del processo, è stato lo stesso magistrato. La lettera è stata inviata da D’Amico, lo scorso 4 aprile all’ufficio del pm Di Matteo. Proprio questa mattina, il collaboratore di giustizia è stato ascoltato al processo che vede alla sbarra ex politici, boss mafiosi e ufficiali dei carabinieri.

La lettera è stata acquisita dalla Corte d’Assise presieduta da Alfredo Montalto.

“Ho iniziato a commettere omicidi dal 1992, ne ho commessi almeno una trentina. Ad un ragazzo ho anche tagliato le mani”. Questo ha raccontato il collaboratore D’Amico. Il pentito arrestato nel 2009, ha deciso di collaborare con la giustizia da poco e oggi ha parlato della sua carriera criminale raccontando tutti i fatti di sangue commessi.

“Sono a conoscenza di una settantina di omicidi e di centinaia di estorsioni. Molti li ho commessi per conto dei catanesi” e ha aggiunto “Ho deciso di collaborare dopo la scomunica dei mafiosi di Papa Francesco, quelle parole mi hanno colpito moltissimo. Mi hanno fatto riflettere e così ho deciso di cambiare vita”. 

E poi ripercorrendo i momenti trascorsi in carcere con il boss Antonino Rotolo tra il 2012 e il 2014 ha detto “Matteo Messina Denaro non è il capo di Cosa Nostra, è il capo del mandamento della famiglia mafiosa di Trapani. Me lo disse in carcere Antonino Rotolo mentre Andreotti con altri politici e i servizi segreti sono i mandanti delle stragi del ’92, di Capaci e di via D’Amelio. Sempre Rotolo me lo ha raccontato. Hanno ucciso Falcone perché il giudice stava per svelare i contatti fra Cosa Nostra e i servizi segreti con i politici. Volevano comandare l’Italia”.

Nel corso della sua deposizione, collegato in videoconferenza con l’aula bunker dell’Ucciardone, D’Amico ha dichiarato “Dopo le stragi altri politici come Mancino e Martelli, tramite Ciancimino, si fecero sotto per trattare con Cosa Nostra. I servizi segreti avviarono la trattativa e hanno indirizzato questi due all’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino perché non ci fossero più stragi e per arrivare in sostanza ad un compromesso. Dell’Utri fece il doppio gioco” e incalza “Rotolo mi disse che Manino e l’ex ministro Martelli tramite l’ex sindaco Ciancimino fecero la trattativa. In particolare Ciancimino si rivolse ad Antonino Cinà che era l’ambasciatore di Provenzano e Riina. Alla trattativa hanno partecipato anche pezzi da novanta del Ros e della polizia”.

E poi più volte ha sottolineato di temere per la sua vita “Dottore Di Matteo, io sto benissimo. Godo di ottima salute e non mi voglio suicidare ma i servizi segreti sono capaci di tutto, siamo in pericolo sia io che lei dottore Di Matteo”.