Maria Di Trapani, moglie dell’ergastolano Madonia, “capo” di Cosa Nostra a Palermo: IL VIDEO

Maria Di Trapani, moglie dell’ergastolano Madonia, “capo” di Cosa Nostra a Palermo: IL VIDEO

PALERMO – I carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo, su delega della Procura distrettuale, stanno eseguendo un provvedimento restrittivo emesso dal GIP del Tribunale di Palermo nei confronti di 25 indagati, ritenuti a vario titolo responsabili di associazione mafiosa, estorsione consumata e tentata, danneggiamento, favoreggiamento personale, ricettazione, tutti commessi con l’aggravante del metodo e finalità mafiosi.

L’attività d’indagine arriva in seguito ad altre operazioni condotte nei confronti degli affiliati ai mandamenti mafiosi di San Lorenzo e Resuttana: David” (2005), Eos“ (dal 2008 al 2010), “Oscar “ (2011) e, in ultimo, “Apocalisse” (giugno 2014).

Le indagini hanno permesso di:

  • documentare l’attuale riconducibilità del mandamento mafioso di Resuttana alla famiglia Madonia, nonostante la morte dello storico capomafia, Francesco Madonia, il cui  controllo veniva mantenuto attraverso Sergio Napolitano e Salvatore Lo Cricchio, rispettivamente cugino e zio di Mariangela Di Trapani, moglie dell’ergastolano Salvatore Madonia, detto Salvino;
  • individuare i nuovi reggenti dei mandamenti mafiosi di San Lorenzo e di Resuttana, già nominati successori dei rispettivi predecessori;
  • arrestare i componenti dei due mandamenti mafiosi attraverso cui venivano realizzate le finalità illecite dell’associazione mafiosa;
  • individuare i mandanti e gli autori di numerose estorsioni, tentate e/o consumate, nei confronti di imprenditori e commercianti della zona di riferimento, costretti al versamento a Cosa Nostra di somme di denaro per evitare ritorsioni che, in alcune circostanze, sono avvenute e sono state documentate;
  • delineare l’interesse di Cosa Nostra nell’ippodromo di Palermo;
  • tracciare i contorni dell’interesse mafioso verso il settore delle scommesse on line, attuato sul territorio mediante la logica dell’imposizione mafiosa.

Nello specifico, nel mese di agosto 2015 si assisteva alla nomina di Giovanni Niosi che, grazie all’interessamento di Mariangela Di Trapani, diveniva il reggente del mandamento mafioso di Resuttana.

Sin da subito, Sergio Macaluso e Pietro Salsiera hanno manifestato una grande insofferenza nei confronti di Niosi, ritenendolo inadeguato e in malafede, accusandolo di molteplici mancanze, tra cui:

  • il patteggiamento durante il processo scaturito dall’operazione “Addio pizzo 5”, scelta che violava i “pilastri del galateo mafioso” a cui deve attenersi ogni uomo d’onore;
  • il mancato sostentamento economico di Tommaso Contino, da cui scaturiva una vera e propria indagine interna finalizzata a verificare la veridicità delle lamentele del figlio del boss detenuto. In tale contesto, Sergio Macaluso, che in passato aveva già consegnato somme di denaro destinate esplicitamente al mantenimento di Contino, una volta ha trattenuto parte del denaro proveniente dall’attività estorsiva, rifiutandosi di consegnarla a Giovanni Niosi, temendo che questi se ne potesse appropriare, così come avvenuto in altre circostanze;
  • l’ermetismo nella conduzione delle attività estorsive realizzata da Giovanni Niosi, tenendo all’oscuro gli altri affiliati di vertice che non erano, quindi, in condizione di valutare la consistenza della “cassa mafiosa”;
  • la direzione mafiosa proiettata su un vastissimo territorio che comprendeva le principali famiglie del mandamento di Resuttana e di San Lorenzo.

La destituzione di Giovanni Niosi era molto lunga e complessa ed avveniva:

  • in primo luogo, per effetto di un processo decisionale maturato all’interno del mandamento, dopo aver ottenuto placet di Mariangela Di Trapani che lo concedeva soltanto di fronte a prove univoche ed incontrovertibili;
  • in un secondo momento, ha coinvolto anche gli esponenti di vertice dei mandamenti mafiosi palermitani di Porta Nuova e di Passo di Rigano. In particolare, Paolo Calcagno, reggente del mandamento di Porta Nuova (sino al suo arresto avvenuto, nel dicembre 2015, nell’ambito dell’operazione “Panta Rei”), che è intervenuto, tra l’altro, nell’intento di bloccare qualsiasi progetto di omicidio nei confronti di Giovanni Niosi. Paolo Calcagno ha chiesto che Giovanni Niosi fosse demansionato, piuttosto che estromesso, pur riconoscendo la validità delle decisioni adottate, in maniera autonoma, dai mafiosi del mandamento di Resuttana.