Inchiesta sulla mobilità a Palermo. Il dopoguerra

Inchiesta sulla mobilità a Palermo. Il dopoguerra

PALERMO – La crisi del sistema della mobilità di superfice a Palermo è constatabile da chiunque, ma assomma alle illogicità del presente precise radici nelle irrazionali scelte adottate a partire dal dopoguerra, quando la città, per quanto pesantemente provata dai bombardamenti del 1943, dispone di ben altra qualità del servizio.

A Palermo esiste infatti una rete tranviaria a trazione elettrica, attiva dal 1887. Essa è gestita dalla UTETS, Unione Trazione Elettrica e Trasporti della Sicilia. La rete raggiunge pure le borgate di Acquasanta, Mondello e Partanna Mondello. Con capolinea a Piazza Bologni, collega dapprima la Rocca, alla fine di corso Calatafimi. Si estende quindi fino a Monreale, superando il dislivello tramite un carro freno ed un carro spinta.

Ad essa si affianca a partire dal 1939 una rete di filobus che arriverà a contare 93 mezzi e che presenta un ridotto inquinamento ed una forte economia di servizio. Sono mitiche le linee 8 Piazza Verdi-Rocca, 9 Maqueda-Monreale e 15 Stazione Centrale-Mondello. I filobus hanno pure capacità di limitato moviment laterale in caso di necessità. Le tratte sono gestite dalla SAIA, Società Anonima Industria Autobus, costituita nel 1928, e dalla SAST Società Anonima Siciliana Trasporti, nata nel 1940. Le stesse società gestiscono le linee di autobus, assicurando – ideologie a parte – un servizio efficiente, rapido e senza costi per la collettività.

E’ mitico il numero 1 che passa “realmente” ogni due minuti. La presenza a bordo del bigliettaio dinanzi a un passaggio obbligato dopo la salita rende impossibile il portoghesismo e scoraggia la microdelinquenza.

Un sistema continuo di pullman, leggendario quello rosso con i finestrini colorati, completa il collegamento con Mondello. Il complesso funziona bene, ma Palermo è autolesionista, così nel 1947 dismette la rete tranviaria, che era naturalmente cresciuta ed integrata con la città, non ne era un corpo estraneo e sovrapposto come quella in costruzione adesso. Poi, nel 1964, il benpensante Comune spinge verso la costruzione di una Azienda Speciale per l’esercizio del trasporto pubblico, che assorbe i privati (Saia, Sast e Restivo). Nasce l’AMAT, Azienda Municipalizzata Auto Trasporti. Dal 2005 essa si trasforma in spa con socio unico il Comune. Nel frattempo, nel 1966, viene con profetica intelligenza dismessa la rete di filobus di Palermo e Catania.

Ciò avviene, con qualche intervallo, in tutta Italia. I maligni direbbero che bisogna pur tenere conto delle esigenze dei poveri petrolieri che vendono benzina e di una classe medio bassa costituita in prevalenza da costruttori di mezzi ruotati, con motori appunto a benzina. Del resto è il periodo in cui mentre Francia e Germania rinforzano le loro ferrovie, in Italia ci si lancia sulle autostrade.

Disconoscendo Machiavelli, che predica che l’uomo deve essere considerato per come è, e non per come dovrebbe essere; contando nel senso civico dei palermitani, e tenendo conto delle pressioni dei sindacati, vengono aboliti i bigliettai. Ed i risultati di tutte queste scelte, in termini di costo d’esercizio, peso per il bilancio del Comune, tasse e qualità del servizio ai cittadini sono palesi. Ed appare ironico e singolare l’attuale orientamento -verbale- del mondo politico verso la riduzione al minimo delle aziende partecipate.

Pare che qualcuno si stia accorgendo che costano troppo – sempre ai cittadini – e funzionano male. Nel frattempo in Romania scelgono le filovie ed in città statunitensi che le avevano abolite inziano i ripensamenti. La foto del 1959 ritrae il filobus Alfa Romeo 110 AF Macchi matricola 186 della linea 9 della Sast in arrivo a Monreale. Collezione Fabrizio Ferraboschi. (1-continua)

Giovanni Paterna