Giovanni Falcone, 31 anni dalla strage di Capaci: tra paura e coraggio, il ricordo del magistrato

Giovanni Falcone, 31 anni dalla strage di Capaci: tra paura e coraggio, il ricordo del magistrato

PALERMO – “Ci sono stati uomini che hanno scritto pagine/Appunti di una vita dal valore inestimabile/Insostituibili perché hanno denunciato/Il più corrotto dei sistemi troppo spesso ignorato“, canta così Fabrizio Moro in “Pensa“, un brano pubblicato nel 2007 e dedicato a coloro che hanno impiegato gran parte della propria vita nella lotta contro la mafia.

Tra i nomi dei più ammirevoli esempi di coraggio e determinazione spicca in modo particolare quello di Giovanni Falcone, di cui oggi si celebra il 31esimo anniversario di morte.

Il ricordo dell’attentato di Capaci

Era il 23 maggio 1992 quando il giudice Falcone stava ritornando a Palermo da Roma, come era solito fare nei weekend, insieme alla moglie Francesca Morvillo. Partito da Ciampino intorno alle 16,45, è atterrato, dopo un volo di circa 50 minuti, all’aeroporto Punta Raisi del capoluogo siciliano. Ad attendere il suo arrivo c’erano tre Fiat Croma blindate con la scorta.

Il magistrato aveva deciso di mettersi alla guida della Croma bianca, ma non era solo: in macchina con lui c’era, oltre alla coniuge, anche l’autista giudiziario Giuseppe Costanza. Davanti all’auto di Falcone c’era una Croma marrone, su cui viaggiavano gli agenti Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo. A scortare da dietro il mezzo guidato dal giudice era invece una Croma azzurra, con gli agenti Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.

Alle 17,58 al km 5 della A29 nella zona dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, sono esplosi cinque quintali di tritolo, posizionati in una galleria scavata sotto il manto stradale. In quel momento è stata scritta una delle più buie pagine della storia.

Il tritolo ha preso in pieno l’auto marrone, quella su cui viaggiavano i tre agenti della scorta, morti tutti sul colpo. La Croma bianca su cui viaggiava Falcone è finita, invece, contro il muro di cemento causato dallo scoppio, ma il giudice non era ancora morto. Tuttavia, i tentativi di salvare il magistrato si sono rivelati vani. Falcone è deceduto durante il trasporto in ospedale, a causa del grave trauma cranico e di diverse lesioni interne.

Per nulla diversa la sorte della moglie Francesca, morta qualche ora dopo in ospedale, intorno alle 22. Miracolosamente illeso, invece, l’agente Costanza che si trovava in macchina con il giudice Falcone. Feriti, ma non in modo eccessivamente grave, i tre agenti della macchina che scortava da dietro l’auto di Falcone.

Un esempio di coraggio e determinazione

Un magistrato di successo, un uomo onesto, leale e determinato. Un punto di riferimento nell’ambito della legalità. Un vero e proprio pilastro per colleghi, amici, parenti e concittadini che, grazie al suo lavoro, hanno finalmente intravisto un barlume di speranza. Viene ricordato così Giovanni Falcone, di cui – oggi un po’ più del solito – si sente la mancanza.

“Le nostre idee cammineranno sulle vostre gambe”

A questa città vorrei dire: gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini“: con questa sua celebre frase, Falcone ha voluto implicitamente affidare ai suoi concittadini e, più in generale, a tutti coloro che credono nel potere della giustizia, il compito di proseguire il lavoro da lui iniziato e, per evidenti ragioni, mai del tutto portato a termine.

Alla luce di questa “missione” di cui ogni uomo dovrebbe prendere atto, è importante più che mai ricordare gli sforzi di coloro che, come direbbe ancora una volta Fabrizio Moro, “passo dopo passo hanno lasciato un segno con coraggio e con impegno“.

Coraggio o incoscienza?

Oltre a essere stato un ammirevole esempio nella lotta contro la criminalità organizzata, per molti Falcone rappresenta tuttora un modello di altruismo e coraggio. Lo ha ribadito il cantautore romano nei versi successivi della sua canzone, affermando che “ci sono stati uomini che hanno continuato/Nonostante intorno fosse tutto bruciato/Perché in fondo questa vita non ha significato/Se hai paura di una bomba o di un fucile puntato“.

Spesso si tende a confondere il coraggio con l’incoscienza e probabilmente sarà capitato anche al noto magistrato di essere considerato più di una volta un “supereroe“, privo di paure e di preoccupazioni per le conseguenze delle sue azioni. Tuttavia, come lui stesso ha affermato durante la sua vita, anche dietro il volto di un uomo coraggioso, si cela sempre una consistente dose di paura.

“L’importante è saper convivere con la propria paura”

L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza“. Lo ha affermato proprio Falcone, nella speranza di trasmettere un messaggio forte e chiaro.

Combattere contro ansie e preoccupazioni può sembrare inizialmente un’opzione più che valida. Basti pensare a come possa dare sollievo anche solo l’idea di fare a pugni con la propria paura, gettarla a terra e calpestarla con tutta la propria forza, fino ad annientarla del tutto. Tuttavia, non è detto che sia la scelta giusta, considerando che spesso alla fine si rischia di uscirne sconfitti e ancora più deboli di prima.

Il vero segreto, a detta del giudice palermitano, è piuttosto imparare a convivere con le proprie ansie, senza necessariamente considerare la paura un nemico, ma magari semplicemente una compagna di vita, a cui stringere la mano di fronte a ostacoli apparentemente insormontabili.