Messina, false fatture: nel mirino un noto imprenditore, evasione fiscale per oltre 2milioni di euro

Messina, false fatture: nel mirino un noto imprenditore, evasione fiscale per oltre 2milioni di euro

MESSINA – Finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno scoperto una articolata frode fiscale, posta in essere con l’utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti, per oltre 2 milioni di euro, che hanno permesso ad un noto imprenditore cittadino di realizzare una consistente evasione di IVA.

L’operazione costituisce l’epilogo di complesse attività di polizia economico finanziaria, al cui esito, su proposta della Procura della Repubblica di Messina, il competente giudice delle indagini preliminari del Tribunale peloritano ha disposto il sequestro preventivo dell’importo di 205mila euro, al quale le Fiamme Gialle hanno dato pronta esecuzione.

In particolare, gli accertamenti degli specialisti del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Messina, derivanti dall’esecuzione di una verifica fiscale condotta nei confronti di una società operante nel settore delle pulizie, con importanti appalti in ambito nazionale, hanno consentito di acquisire significativi e convergenti elementi indiziari riferibili alla frode fiscale oggi repressa, per la quale la competente autorità giudiziaria ha disposto il sequestro del relativo profitto: una frode perpetrata da tre società, tutte con sede a Messina, appartenenti al medesimo gruppo imprenditoriale e riferibili ad un unico dominus di fatto, il messinese G.A. di 52 anni.

I dettagli

Più nel dettaglio, una puntuale ed approfondita analisi della documentazione amministrativo-contabile, acquisita nei confronti della nominata società di pulizie, poi risultata utilizzatrice delle predette fatture false, incrociata con i connessi flussi finanziari e con le risultanze di paralleli approfonditi controlli incrociati, effettuati presso i restanti due soggetti giuridici, consentiva, secondo ipotesi investigativa, di leggere in maniera unitaria il complesso schema ideato, finalizzato, per un verso, ad evitare il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta e, per altro verso, a costituirsi un credito inesistente.

Proprio l’esperienza operativa maturata dal Corpo, con specifico riferimento all’approfondimento della fase dei pagamenti, consentiva di meglio circostanziare il collegamento esistente tra le tre imprese interessate – peraltro, come detto, tutte riconducibili al medesimo imprenditore – così ritenendo come le stesse società avessero gestito, di comune accordo e sotto un’unica regia, con finalità illegittime, le varie transazioni sottostanti.

In altre parole, si acquisiva come, partendo dal ricorso a presunti accolli di operazioni finanziarie, l’illecito schema prevedesse l’emissione – oltre l’anno di riferimento dell’operazione originaria – di distinte successive note di credito, con il recondito fine di celare la fittizietà delle genetiche transazioni.

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