ITALIA – I social – da quando sono diventati il nostro “pane quotidiano” – contribuiscono indubbiamente al tentativo di costruire una vita parallela che di reale ha ben poco. Se in un primo momento, infatti, l’uso dei social network era finalizzato a condividere con amici virtuali i migliori momenti delle proprie giornate, la situazione, ormai da qualche anno, sembra esserci sfuggita di mano.
Instagram: finzione o realtà?
Non tutto è come appare. La vita non è sempre perfetta o impeccabile, certamente non come ci ostiniamo a far sembrare.
Al giorno d’oggi, infatti, i social rappresentano per la maggior parte di noi un tentativo per ostentare una vita fatta di finzione: pubblicare un post su Instagram non ha più una funzione di sana condivisione e in molti casi, non più così rari, ha l’obiettivo di suscitare invidia o semplicemente di mostrare una vita tanto felice quanto inesistente.
Se Instagram rispecchiasse davvero la realtà saremmo tutti protagonisti di un’utopia che in quanto tale non includerebbe alcun dolore, malumore e nessun problema da affrontare. Delusioni e tormenti non esisterebbero più e ogni tipo di turbamento sarebbe irrilevante.
Si tratta spesso di un tentativo per evadere da una realtà da cui talvolta ci si vuole isolare e allo stesso tempo di una distrazione che influisce sulla nostra quotidianità rendendola sempre meno autentica.
La necessità di far sapere dove ci si trova o dove si trascorrerà la giornata, il desiderio di condividere la canzone del momento nelle proprie Instagram Stories, di pubblicare una foto solo per collezionare qualche likes: tanta finzione e sempre meno realtà.
“Leoni da tastiera”: mostri senza volto
Ormai i social rappresentano non solo un modo per mostrare una dimensione che spesso non rispecchia la realtà, ma purtroppo anche uno strumento per condividere quella che si vuole fare apparire come un’innocente opinione, ma che in effetti equivale a un vero e proprio giudizio.
Se è vero, infatti, che gli atti discriminatori dovrebbero già essere condannati in quanto tali, sfruttare i social per denigrare gli altri è una scelta ancora più vigliacca, poiché a diffondere odio gratuito è proprio chi si sente protetto dalla tastiera dietro la quale si cela.
Sono chiamati “haters” coloro che non si mostrano alla luce del sole per esercitare il loro – tanto rivendicato – diritto alla parola, ma approfittano di una dimensione virtuale per dire quello che non avrebbero mai il coraggio di affermare sotto gli occhi di tutti o semplicemente di chi rappresenta la parte lesa.
Si tratta dei cosiddetti “leoni da tastiera” che usufruiscono dei social e dell’affluenza di tantissimi utenti per sfogare sugli altri la loro più profonda frustrazione. Non si preoccupano mai di porre un freno alla loro libertà di espressione che però normalmente dovrebbe terminare nel momento in cui comincia quella altrui. È evidente quindi la loro incapacità di cogliere la differenza tra opinione e giudizio, tra pensiero e discriminazione.
Questa triste strategia comunicativa coinvolge diverse realtà, a partire proprio dai personaggi pubblici che spesso si ritrovano coinvolti in prima persona.
Non mancano mai, infatti, commenti inappropriati nei confronti della personalità di un artista, del suo orientamento sessuale, del suo aspetto fisico o di una determinata dichiarazione che ha destato stupore.
Molti gli artisti che si sono espressi in merito a quanto accade quotidianamente e che hanno scelto di esporsi pur di difendere la loro dignità, più volte calpestata. Tra questi spiccano Marco Mengoni e Tiziano Ferro che negli ultimi anni hanno deciso di accendere i riflettori su una questione a cui non sempre viene data la giusta importanza.
È stato Mengoni, artista ormai pienamente affermato nel panorama musicale italiano, ad affrontare la questione approfittando proprio del Festival di Sanremo che, giunto a termine nelle scorse settimane, l’ha visto in veste di ospite calcare il prestigioso palco durante una delle cinque serate.
Affiancato dal giovane attore Filippo Scotti, il noto cantante ha esordito leggendo ad alta voce alcuni dei peggiori commenti diffusi sui canali social. Subito dopo ha sottolineato quanto sia facile appellarsi alla libertà di pensiero e di espressione riconosciuta dall’articolo 21 della Costituzione e ignorare allo stesso tempo l’articolo 3 che sancisce, invece, l’uguaglianza di tutti i cittadini, indipendentemente dalle differenze di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali.
Anche Tiziano Ferro si era già espresso in passato sul fenomeno del bullismo e sul peso delle parole che, come lui stesso ha ricordato in un suo monologo risalente a qualche anno fa, non può e non deve essere trascurato.
“Le parole hanno un peso ma non lo ricordiamo”, è con quest’affermazione che l’amatissimo artista aveva dato inizio nel 2019 al suo monologo.
“E per carità smettiamola di difenderci tirando in ballo l’ironia e il sarcasmo, quelle sono arti delle quali bisogna imparare il mestiere”. “Le parole hanno un peso – ha ribadito – e certe ferite resistono nel tempo”.
Foto di repertorio