ITALIA – Nel febbraio di quest’anno, una studentessa di 19 anni dello IULM di Milano è stata ritrovata morta nei bagni dell’università dopo essersi impiccata con una sciarpa.
Prima di lei, nell’ottobre dello scorso anno, uno studente di 23 anni dell’Università di Bologna si era tolto la vita proprio nel giorno in cui parenti e amici erano convinti dovesse laurearsi.
Si tratta solo degli ultimi episodi in ordine di tempo di una lunga scia di suicidi tra i giovani universitari che sta diventando sempre più un’emergenza sociale e su cui è necessario riflettere e interrogarsi per comprendere i fattori che stanno alla base di questo fenomeno.
L’intervista alla psicologa Valentina La Rosa
In foto la psicologa Valentina La Rosa
È intervenuta ai nostri microfoni per approfondire l’argomento la psicologa Valentina La Rosa: “Diversi studi sottolineano che gli studenti universitari rappresentano una categoria particolarmente fragile, con livelli di ansia e depressione molto più alti rispetto alla popolazione generale, in quanto sottoposti a carichi di stress intenso e a preoccupazioni maggiori per il futuro personale e professionale.
La pandemia dovuta al Covid – continua la dottoressa -, con i lunghi periodi di lockdown e di chiusura delle sedi universitarie, ha sicuramente contribuito in modo significativo ad accrescere il disagio psicologico dei giovani e degli studenti universitari in particolare, come dimostrato anche da diversi studi pubblicati dal gruppo di ricerca di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione dell’Università di Catania“.
Infatti, secondo recenti stime, da circa uno-due casi l’anno di suicidi di giovani universitari si è passati con il lockdown a quattro casi registrati solo nel 2022. Nell’ultimo triennio, sono stati circa una decina i casi di suicidio di studenti universitari in un quadro complessivo di aumento significativo delle percentuali di suicidi nella popolazione giovanile come risposta ai sentimenti di isolamento e solitudine prodotti dalla pandemia.
“Tuttavia, questo fenomeno non può essere spiegato solamente come prodotto della recente pandemia – afferma La Rosa – ma affonda le sue radici in uno scenario molto più complesso in cui il sistema universitario risponde sempre più a logiche competitive e di mercato in cui lo studio è inteso esclusivamente come strumento per acquisire nozioni e voti e in cui il valore della persona si misura sulle sue capacità di performance anziché sulla qualità del sapere acquisito durante il percorso di studi.
Tutto questo genera nello studente ansia da prestazione e un progressivo deterioramento del benessere psicologico, soprattutto se non si riesce a essere dell’altezza degli standard di successo imposti da professori, colleghi, familiari e dalla società in generale. Non è un caso, infatti, che molti dei suicidi tra gli studenti universitari avvengano proprio alla vigilia solo teorica della laurea, quando cioè il giovane si trova di fronte al senso di vergogna per non aver raggiunto il traguardo che si era prefissato e aver deluso le aspettative degli altri per lui significativi, in primis la famiglia” sostiene la dottoressa.
Le parole pronunciate dalla studentessa Emma Ruzzon
In questo senso, sono illuminanti le parole pronunciate dalla studentessa Emma Ruzzon, durante il suo intervento all’Inaugurazione dell’801° anno accademico dell’Università di Padova e che riportiamo qui brevemente: “Ma quand’è che studiare è diventato una gara? Da quando formarsi è diventato secondario rispetto al performare? Tutto quello che sappiamo è che una vita bella, una vita dignitosa, non ci spetta di diritto, ma è qualcosa che ci dobbiamo meritare”.
“La corona d’alloro non deve significare l’eccellenza, la competizione sfrenata deve essere simbolo del completamento di un percorso che è personale, di liberazione attraverso il sapere“, conclude.
Naturalmente, non è soltanto la pressione imposta da un sistema altamente competitivo l’unica causa del tasso crescente di suicidi tra gli studenti universitari, in quanto il suicidio è un fenomeno complesso in cui sono diverse le variabili che possono spingere a un gesto così estremo.
Tuttavia, vivere quotidianamente in un ambiente che impone di essere sempre bravi e performanti può rappresentare per i soggetti più fragili un peso impossibile da sopportare e diventare la goccia che fa traboccare il vaso in una situazione di fragilità psicologica già preesistente.
La dottoressa La Rosa ha affermato: “In questo scenario così difficile e complesso, è fondamentale che l’università metta sempre più al centro lo studente abbandonando una cultura della competizione a favore di una cultura di crescita e valorizzazione della persona, e che il benessere psicologico degli studenti diventi sempre più una priorità, garantendo la presenza in ogni sede universitaria di sportelli di ascolto e assistenza psicologica per rispondere in maniera tempestiva alle loro difficoltà durante il percorso di studi“.
Numeri utili
Vi ricordiamo che sono attivi alcuni numeri verdi a cui chiunque può rivolgersi per ricevere supporto e aiuto psicologico:
- Telefono Amico 199.284.284;
- Telefono Azzurro 1.96.96;
- Progetto InOltre 800.334.343;
- De Leo Fund 800 168 678.
Fonte foto “Repubblica”