ITALIA – L’alimentare è nel mirino delle ritorsioni di Putin come già accaduto nel 2014 con l’embargo a una ampia lista di prodotti in risposta alla sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa ed altri Paesi per l’annessione della Crimea.
È l’allarme della Coldiretti in riferimento al decreto firmato dal presidente russo Vladimir Putin come reazione “rapida” e “ponderata” alle ultime sanzioni UE per l’invasione dell’Ucraina che “sarà avvertita” spiega Mosca nelle aree più “sensibili per coloro a cui si rivolge” con una lista di Paesi per i quali saranno vietati i movimenti di export e import, di prodotti finiti e materie prime.
In pericolo per l’Italia ci sono le vendite degli elementi base della dieta mediterranea come vino, pasta e olio in Russia, che sono scampati all’embargo, e hanno raggiunto lo scorso anno il valore di 670 milioni di euro con un aumento del 14% rispetto al 2020, secondo le proiezioni Coldiretti su dati Istat.
“Tra i prodotti Made in Italy più venduti nel Paese di Putin – precisa la Coldiretti – ci sono infatti prodotti come il vino e gli spumanti per un valore attorno ai 150 milioni di euro, il caffè per 80 milioni di euro, l’olio di oliva per 32 milioni di euro e la pasta per 27 milioni di euro“.
“In particolare l’Italia – riferisce la Coldiretti – è il primo Paese fornitore di vino in Russia, con una quota di mercato di circa il 30%, davanti a Francia e Spagna, e ha registrato nel 2021 un boom della domanda di spumanti a partire da Prosecco e Asti ma tra le denominazioni più apprezzate ci sono anche i vini Dop toscani, siciliani, piemontesi e veneti“.
“Gli effetti del conflitto ucraino rischiano dunque di cancellare completamente il Made in Italy a tavola dai mercati e dai ristoranti di Mosca – denuncia la Coldiretti – aggravando ulteriormente gli effetti dell’embargo deciso da Putin con il decreto n. 778 del 7 agosto 2014, e da allora sempre prorogato, come risposta alla sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa ed altri Paesi per l’annessione della Crimea. Un blocco che è già costato alle esportazioni agroalimentari tricolori 1,5 miliardi negli ultimi 7 anni e mezzo”.
“Il Decreto tuttora in vigore colpisce – sottolinea la Coldiretti – una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia“.
“L’agroalimentare – spiega la Coldiretti – è, fino ad ora, l’unico settore colpito direttamente dall’embargo che ha portato al completo azzeramento delle esportazioni in Russia dei prodotti Made in Italy presenti nella lista nera come salumi, formaggi e ortofrutta Made in Italy, senza risparmiare le specialità, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele”.
“Al danno diretto delle mancate esportazioni in Russia si aggiunge – continua la Coldiretti – la beffa della diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy, realizzati in Russia come parmesan, mozzarella, robiola, o nei Paesi non colpiti dall’embargo come scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano e gorgonzola di produzione Svizzera e reggianito di origine brasiliana o argentina“.
“Nei supermercati russi si possono trovare fantasiosi surrogati locali che hanno preso il posto dei cibi italiani originali, dalla mozzarella ‘Casa Italia’ all’insalata ‘Buona Italia’, dalla robiola Unagrande alla mortadella Milano. Il danno – conclude la Coldiretti – riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, ha dovuto rinunciare ai prodotti alimentari Made in Italy originali“.
Aumenterà, di conseguenza, il prezzo del pane a 3 euro al chilogrammo. “Siamo costretti ad aumentare il prezzo del pane per via dell’aumento dei costi di produzione“, spiega Francesco Alagna, responsabile Asso Artigianato – Mazara del Vallo e presidente dell’Associazione dei Panificatori “I Fornarini”, associata alla Cifa, ove rappresentati oltre 30 panificatori del territorio mazarese.
“Già nei mesi scorsi avevamo registrato un aumento del 30% del costo della farina. Adesso ci troviamo in ulteriore difficoltà a causa dell’aumento generale dei costi di produzione e in particolare degli aumenti, fino al 40%, di luce e gas. Pertanto da qui la decisione di aumentare il prezzo del pane a 3 euro al chilogrammo“, prosegue.