CATANIA – Sono passati alcuni giorni dall’ultimo debutto “pubblico” di TGS, il “The Greatest Show” della compagnia teatrale Ouroboros che lo scorso 31 ottobre ha dato vita a uno spettacolo “spettacolare”, amato dal pubblico che – tanto quanto i fantastici attori sul palco – lo ha apprezzato e si è emozionato guardandolo.
Proprio quando una compagnia così giovane porta in scena un vero e proprio evento, una storia così colma di emozioni e passione, le domande non sono mai abbastanza. Ancora una volta, infatti, Ouroboros ha regalato nuove emozioni e nuove parole ai suoi spettatori concedendosi di nuovo ai microfoni di NewSicilia. Questa volta, però, gli attori di TGS si scoprono del tutto.
Ouroboros oltre il palco
Fuori dal palco, quando le quinte si illuminano e il sipario si chiude, quando il pubblico va via, la compagnia di under 27 torna a essere altro, uscendo dalla fittizia scena. Tornano in veste di giovani sognatori Mario Libertini, Claudia Calanna, Andrea Puglisi e Paola D’Arrigo.
Ancora una volta i giovani attori ci hanno regalato un po’ del loro prezioso tempo.
Siete una compagnia molto giovane, magari un gruppo adulto e più navigato potrebbe addossarsi meglio una responsabilità di questo tipo?
La domanda ha un po’ stuzzicato i ragazzi, che però – tra una risata e un’occhiataccia – hanno tirato fuori gli artigli e le loro “lingue affilate”, comandate da una splendida e giovane insolenza che è anche la forza che li ha portati a incantare il pubblico dal palco dell’Ambasciatori.
A rispondere è Mario Libertini: “In questo momento siamo una delle pochissime compagnie a muoversi, a riprendere seriamente con gli spettacoli. Nonostante siamo i più ‘piccoli’, anche perché siamo nati da poco, siamo noi a portare le scuole a vedere uno spettacolo. E parliamo di una compagnia di under 27!”.
“Noi abbiamo delle qualità che alcuni adulti non hanno, siamo stati presi per pazzi perché facevamo le prove con le mascherine all’aperto, anche sotto il sole”, incalza.
Dopo City of Stars e i molteplici sold out all’Ambasciatori, dopo TGS e il successo, ancora pensate di non voler fare gli attori nella vita?
Stavolta a parlare è Paola D’Arrigo, fine nei modi ed elegante con le parole: “Questo non è il mio obiettivo nella vita, mi serve più per scappare dalle giornate normali. Voglio avere la possibilità di lavorare, farmi una famiglia e costruire il mio futuro. In mezzo a questo ci sono i momenti in cui mi rilasso, in cui mi dedico alla mia passione, ma non voglio essere solo una studentessa o solo una futura lavoratrice, come non voglio essere solo un’attrice perché sono molto altro“.
Prosegue Claudia Calanna: “L’idea di non poter fare teatro mi mette un’enorme tristezza addosso e per questo riconosco che questo mondo per me è importante e lo voglio parte della mia vita, ma intanto io studio e coltivo molte altre passioni. Per quanto però possa sembrare tutto secondario alla mia vita “normale”, mi rendo conto che spesso la mia mente si sofferma su questo. Magari diventerà il mio lavoro e in caso ben venga. A me interessa non abbandonare questo mondo“.
“Siamo quotidianamente obbligati a portare avanti un percorso che ci porti a costruire un futuro “nella norma”, ad avere una posizione. Il mio stesso percorso è lento e ordinario perché io per primo mi pongo il problema di dover costruire una famiglia, avere dei soldi, quindi il problema di fondo è questo. Però parlando in maniera schietta di quella che è la mia umanità, il mio essere vivo, io sono vivo quando sono su un palcoscenico e questa cosa non può farmi essere talmente tanto ipocrita da dire che nel mio futuro io voglio fare altro nella vita, cioè non sarei onesto con me stesso se dicessi che voglio fare altro nella vita. La verità è che anch’io voglio fare questo, vorrei fare questo ma è una strada più incerta ad oggi di altre strade e quindi con meno ipocrisia dico che la verità è che mi sono sempre lasciato una porticina che nel tempo è diventato un portone e che domani potrebbe diventare un cancello automatico enorme. Ce la siamo tenuta come seconda possibilità nella vita ma ci abbiamo speso una quantità di tempo e di impegno che nessun altro impiegherebbe per qualcosa di marginale”, conclude Mario Libertini.
L’immenso lavoro dietro lo spettacolo “spettacolare”
La cura per i dettagli all’interno dell’evento è stata quasi maniacale, dall’accoglienza degli spettatori all’utilizzo di ogni singolo spazio disponibile all’interno dell’Ambasciatori, struttura che ha accolto e fatto vivere la storia trasformandosi nel circo di Barnum.
In totale la produzione di TGS conta il lavoro di 120 persone.
A rendere sensazionale la resa, però, è certamente stata anche la strategia di marketing e pubblicizzazione dell’evento messa in atto dalla compagnia, che dalle foto, alle grafiche social costruite ad hoc, al racconto dettagliato della vita di ogni singolo circense sono riusciti a creare un’empatia speciale tra il pubblico e i protagonisti della storia ancor prima che lo spettacolo iniziasse, con settimane di anticipo.
A parlarne è il regista Andrea Puglisi: “L’idea originaria del lavoro è stata molto particolare e complessa con una squadra molto ampia di 7 persone che si occupano dei social. Il concetto di base è stato quello di volere ragionare su uno spettacolo teatrale in modo diverso dal solito. Abbiamo pensato che banalmente per vendere i biglietti non servisse una comunicazione così tanto articolata, ma per creare un evento che la gente potesse ricordare e di cui potesse parlare, che potesse servire per creare un branding dietro Ouroboros“.
“Abbiamo immaginato – continua – che per potere creare davvero quella identità l’obiettivo fosse che a oggi, pensando a TGS, viene subito in mente il blu e il rosso, il tendone. Qui davvero dobbiamo ringraziare il nostro progetto grafico e la persona che cura il nostro progetto fotografico”.
“Per esempio, rubriche come ‘Dentro il circo’ o gli ‘Sneak peek’ e la presentazione dei personaggi fatta in determinati modi vuole far comprendere allo spettatore che quello che andrà a vedere è qualcosa di molto serio, non soltanto nella costruzione ma anche nelle tematiche”, conclude.
Insomma, Ouroboros ci ha insegnato che dietro ogni personaggio c’è una storia e che dietro ogni spettacolo c’è una compagnia e che dietro ogni teatrante c’è un eterno sognatore.