“Ciatuzzu” di Catena Fiorello Galeano

“Ciatuzzu” di Catena Fiorello Galeano

Ci sono momenti in cui le pagine strappate dal calendario non sono in grado di cancellare perché sono spine di rose appassite durante una primavera crudele. Due gambette di bimbo tremano nel buio pesto lasciato in eredità dall’assenza, una sedia vuota di madre volata in cielo a causa di una malattia incurabile.

Nove anni, Sebastiano, piccolo orfano di carezze perdute per sempre. Quando il dolore segue l’amore ogni giorno somiglia a se stesso, nè potrebbe mai cambiare percorso sopra ogni centimetro di pelle.

Porta il nome di “Ciatuzzu” l’ultimo romanzo di Catena Fiorello Galeano, siciliana autenticata nella biografia e nella scrittura follemente farcita dell’isola che l’ha tenuta a battesimo.

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“Ciatu, Ciatuzzu“, così lo chiamava la mamma, cuore di quel respiro che adesso è diventato affannato dalle tante lacrime versate.

“Ciatuzzu”, il nomignolo preferito. Ciatu. Fiato. Alito. Respiro. Voce e forza dell’anima.

“Se sei il mio fiato, sei parte di me, come io mi amalgamo alla tua essenza e ne traggo gioia. Ciatu miu era anche mia madre, ma non glielo avevo mai detto, per pudore, o forse perché non ne ero nemmeno consapevole”.

Adesso manca il fiato, manca l’aria benedetta da quel profumo messaggero dell’amore puro.

Siamo negli anni ’60, il boom economico non è ancora realtà sociale, non almeno nel paesino siciliano di Leto che fa da cornice a un acquerello pazzo d’azzurro.Tra mare e cielo l’orizzonte confonde la sua posizione solo a chi è abituato a guardare il proprio tetto prendendo le distanze da un immenso altrove. Per paura di perdere l’equilibrio esistenziale si cammina sulla sabbia seminando orme su orme che al primo soffio di vento cancelleranno la debole traccia. Solo una madre può vincere il potente dominio della natura. L’ assenza di un grembo che è stato casa di un nuovo uomo eterna la sua presenza.

Ciatuzzu è solo un bambino, il padre vive e lavora in Belgio e i suoi due fratelli sono troppo grandi per poter compensare una dose d’amore di cui lui ha bisogno. Lo sguardo perennemente  umido matura nell’angoscia delle notti consumate nei colori del soffitto. Oltre il cancello annunciato da una lunga fila di cipressi, Ciatuzzu trova la sua oasi di pace confidando in un tepore compassionevole dei brividi di freddo. Ciatuzzu sta scrivendo sulla sua pelle la storia dell’uomo che diventerà, quando i pantaloni corti abbandoneranno il bambino, il profumo dell’angelo strappato dalle sue braccia sarà ancora privilegio di una madre vestita di cielo.

La seconda parte della vita è meno clemente della prima stagione trascinata per anni. Quella metà del cuore che resta stupita alle prime luci del giorno, rischia l’annegamento nel mare d’amore di un bambino orfano della carezza più cara. Nuzzu crescerà emigrante come il padre, sarà un italiano in Belgio come milioni di mani annerite nella miniera prolifica di malattie che nessun medico sarà in grado di curare. E allora la morte ruba l’ultimo respiro degli uomini soffocati nella “strage di Marcinelle” in cui persero la vita 200 schiavi costretti ad affrontare turni di lavoro disumani.

Ciatuzzu perde il fiato davanti alla fine di un uomo succube della miseria profonda quanto la miniera con le fauci affamate di vite.

La vena del riscatto pulsa forte nell’esistenza impantanata tra cielo e terra di Ciatuzzu, piccolo uomo determinato a non nutrire la morte con braccia schiacciate da pietre assassine.

Non sarà facile impedirsi di cadere ai piedi dei ricordi senza i quali un orfano sarebbe stato amato figlio. Il dolore non dà tregua alle energie comatose sul letto, insofferenti a qualsiasi suono o voce di una blanda rinascita sulle macerie del tempio fisico e psicologico.

Dopo, per farsi perdonare dell’offesa dispensata dalla pena, la nuova generazione della sofferenza rinvigorisce il potenziale stagnante assumendo tutte le responsabilità del debito contratto.

Quando la vita ritorna alla vita la sua eco vola, nuota e cammina con un paio di scarpe istruite a non arrendersi alla sosta messa a punto da un errore di chissà quale dimensione impietosa.

Dalla storia concentrata nel pensiero intimo di Ciatuzzu, Catena Fiorello Galeano offre tutti i parametri necessari alla rigenerazione della vita segnata da un pennarello con tanto inchiostro nero versato sui giorni.

Nuzzu lo sa che l’unico amore che conta è custodito nella parte sinistra del petto. Ad ogni battito il ricordo sobbalza, si trasforma, diventa poesia declamata come fosse preghiera.

“Cara madre, se oggi potessi vedere solo una parte del mio cammino, ne saresti felice. Ma il passato, lo sappiamo, non si può riscrivere. Invece la poesia dedicata agli occhi del cuore, quella sì, sono riuscita a metterla nero su bianco. Te la invierò, l’indirizzo è quello del cimitero di Leto…”.

sara