Smog in Sicilia, le emissioni di pm10 “ammazzano” l’aria che respiriamo: ecco come l’isola prova a salvarsi

Smog in Sicilia, le emissioni di pm10 “ammazzano” l’aria che respiriamo: ecco come l’isola prova a salvarsi

PALERMO – La recente decisione assunta dalla città di Milano e di altri importanti Comuni italiani di bloccare la circolazione veicolare ha posto nuovamente l’accento sul problema dell’inquinamento nel nostro Paese, special modo per quanto riguarda il particolato pm10, la classificazione delle particelle inquirenti disperse nell’aria.

Un tema che tocca da vicino anche la Sicilia con i suoi grandi centri urbani e dove non sempre si respira un’aria salubre.

Il traffico cittadino risulta essere infatti un fattore determinante per il peggioramento delle condizioni della qualità dell’aria al pari di altri importanti come la presenza di aree industriali, la diffusione di incendi boschivi e la dispersione di rifiuti.

Un dato acclarato, nel corso degli ultimi anni, dalle informazioni raccolte da enti e agenzie dedite alla salvaguardia dell’ambiente che monitorano costantemente l’indice di “bontà” di ciò che respiriamo. I dati contenuti all’interno della relazione sulla qualità dell’aria dell’Arpa Sicilia relativa all’anno 2018 possono far sorridere a denti stretti gli esperti rispetto al recente passato, ma consentono pur sempre di intercettare delle situazioni di criticità che meritano un’attenzione adeguata.

Per quanto riguarda il valore limite protezione della salute umana fissato a 40 μg/m3, esso non risulta superato nel corso di tutti i 12 mesi. Tuttavia, i valori di concentrazione media annua più alti sono stati registrati, come detto, da quelle stazioni inserite nel tessuto urbano, a stretto contatto con il traffico veicolare, come nelle principali città siciliane di Palermo, Catania e Messina.

Preoccupa, però, la situazione della concentrazione di arsenico nel pm10 rilevato dalla centralina della stazione di Priolo (Siracusa) dove i valori risultano ben superiori ai limiti. Altro dato sottolineare è, inoltre, quello registrato da Legambiente e contenuto nel dossier “Mal’aria di città 2020” in riferimento al capoluogo isolano.

Nella decade 2010-2019, infatti, Palermo ha superato per 6 anni su 10 il limite giornaliero per le polveri sottili e, in questa graduatoria, risulta essere la terza città italiana del Meridione dopo Napoli e Avellino ad aver totalizzato i maggiori sforamenti per numero di anni. Eppure, anche nella nostra isola qualcosa sembra finalmente muoversi dopo decenni di immobilismo.

In questo contesto, le risposte migliori sembrano provenire dal capoluogo etneo, dove lo sviluppo della Metropolitana e il suo crescente utilizzo da parte di residenti, turisti e studenti sembra voler disincentivare il ricorso ai mezzi a quattro ruote produttori di inquinamento.

A proposito della proliferazione traffico su gomma, ai piedi dell’Etna si stanno moltiplicando nel corso di questi mesi le apparizioni delle colonnine di ricarica per auto elettriche che promettono un futuro avvicendamento con i mezzi più inquinanti.

Nel contempo, un importante passo in avanti è stato compiuto poche settimane fa dalla Regione Siciliana che lo scorso 11 novembre, attraverso la firma del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, e il governatore della Regione Siciliana, Nello Musumeci, ha stipulato un accordo per il miglioramento della qualità dell’aria nell’isola.

Attraverso una serie di provvedimenti ad hoc, nell’isola si mira a incentivare il ricambio del parco auto nelle imprese, accrescere l’impiego dei mezzi pubblici, aumentare i controlli per le emissioni dei motori dei veicoli e applicare degli interventi di mobilità sostenibile al fine di ridurre quasi della metà il traffico veicolare entro il 2022. Basterà tutto questo per salvare l’isola dal soffocamento?

Immagine di repertorio