CATANIA – Il nuovo sciame sismico che sta interessando il Centro Italia torna a far crescere il timore che altri terremoti di grande intensità possano verificarsi nella penisola italiana.
In particolare, è forte la paura che un evento tellurico possa mettere in ginocchio la Sicilia, già sconvolta in passato da tragici terremoti.
Le caratteristiche della sismicità regionale, come spiegato dettagliatamente dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia all’interno del proprio sito, indicano che i terremoti più significativi per il territorio siciliano interessano in particolare:
- il settore orientale, soggetto a forti deformazioni determinate dall’apertura del bacino Ionico;
- la zona del Belice (già piegata dal sisma del 14 gennaio del 1968 di magnitudo 6,1);
- la catena dei Nebrodi-Madonie-Monti di Palermo, che rappresentano il prolungamento della catena appenninica;
- le aree a vulcanismo attivo delle isole Eolie e dell’Etna.
Altri terremoti, di energia inferiore, possono coinvolgere, sempre seguendo le indicazioni dell’INGV, l’area delle isole Egadi e della fascia costiera occidentale.
Nel 2004 la Regione Siciliana ha introdotto una normativa che classifica i territori dell’isola in quattro zone sismiche:
- le aree della cosiddetta “Zona 1”, quelle cioè dove il rischio è in assoluto maggiore, includono la zona del Belice e l’area dello Stretto di Messina;
- la “Zona 2” riguarda quasi tutto il resto dell’isola;
- mentre il settore centro-meridionale rientra nelle zone 3 o 4, vale a dire a basso rischio sismico.
Per quanto riguarda le strutture pubbliche come ospedali e scuole, la totalità della Sicilia orientale è valutata come zona sismica 1.
In molti si chiedono se sia possibile prevedere, in qualche misura, dove e quando i prossimi terremoti potrebbero verificarsi. A rispondere a questo quesito è il geologo dottor Antonino D’Agostino, che a Newsicilia dichiara: “Analizziamo il significato della parola prevedere. Se si intende ‘prevedere’ l’anno, il mese, l’ora, il luogo e la magnitudo di una futura scossa di terremoto, la risposta è ovviamente ‘no’. Se, invece, volessimo ‘stimare’ un intervallo approssimativo di tempo, uno spazio e una magnitudo entro i quali si potrebbe verificare, con più probabilità della media, un evento sismico, allora sì, quello è relativamente possibile farlo. Si è davanti, comunque, a delle previsioni molto approssimative che non permetterebbero di dare un allarme alla popolazione. Ciò che aiuta gli studiosi del settore a fare delle stime approssimative sono i numerosi precursori sismici, ossia vari tipi di anomalie di alcuni parametri geofisici, osservati solitamente prima di un evento sismico. Alcuni esempi di precursori possono essere: la quiescenza sismica, ovvero l’assenza di terremoti per un determinato periodo di tempo, le variazioni del contenuto di radon nelle acque di pozzi profondi, vari movimenti della crosta terrestre, mutamenti nel livello delle acque di fiumi e di laghi, ecc.”.