Morte Filippo Raciti, il lato più sinistro delle indagini: “Si poteva salvare”, ecco cosa è stato nascosto

CATANIA – Conferme e lati oscuri, parole non dette e una morte forse causata proprio da ciò che qualcuno non avrebbe detto. Nel mezzo – c’è sempre da ricordarlo – un ragazzo che ha ormai quasi scontato 8 anni di carcere per omicidio e un poliziotto morto. Una morte che mai come ora, grazie anche al risalto mediatico delle Iene, è immersa nell’ombra di “qualcosa di grosso, che non si dovrebbe dire“. Non si parla di mafia, ma della Polizia di Stato. Nulla di confermato sia chiaro, ma se così dovesse essere, c’è da rimanere sconvolti e amareggiati. Prosegue l’inchiesta della iena siciliana Ismaele La Vardera sul caso Speziale, il ragazzo che, secondo condanna definitiva, avrebbe ucciso l’ispettore capo Filippo Raciti nel corso degli scontri avvenuti nel corso del match Catania-Palermo del 2 febbraio 2007. E da tale inchiesta continuano a emergere dettagli ancora più agghiaccianti, sempre più cupi e, per certi versi, spaventosi.

Nel corso del servizio del 12 novembre scorso, tra le varie incongruenze con la “verità” processuale già ampiamente dibattute e conosciute, era emersa una testimonianza shock. Infatti, un’amica stretta della famiglia Raciti ha dichiarato a La Vardera di avere sentito, nel corso dei funerali solenni dell’ispettore capo, un poliziotto avvicinarsi al padre della vittima, Nazareno Raciti, chiedendogli scusa per la morte del figlio, in quanto causata da una manovra errata di un collega. Un impatto tra un Discovery della Polizia di Stato e l’uomo, che avrebbe causato una frattura costale fatale per Raciti. I frammenti azzurri trovati sull’attrezzatura del poliziotto, inoltre, secondo le dimostranze del Ris, sarebbero compatibili con il colore ufficiale dei mezzi della polizia.

Se già questo può sembrare agghiacciante, quello che Le Iene hanno fatto emergere nel servizio andato in onda ieri sera lo è anche di più. Già, perché nonostante le smentite della famiglia Raciti in merito alla rivelazione sopracitata, all’inizio dell’ultimo “pezzo d’inchiesta” è stato intervistato un altrotestimone chiave“. Di spalle e con la voce modificata, la persona in questione ha detto alla iena di essere il figlio di un amico strettissimo del padre Raciti, suo collega di lavoro. Tra i due sarebbe intercorso un rapporto così stretto da portare Raciti senior a confidarsi con il padre dell’intervistato. Secondo le dichiarazioni rilasciate dal ragazzo, dopo la morte del figlio i due si sarebbero incontrati alla pescheria di Catania e Nazareno Raciti avrebbe confidato all’amico, evidentemente fidato, che la morte del figlio non sarebbe stata causata dal “freddo e spietato” Speziale, bensì dal “fuoco amico“, dalla presunta manovra errata del Discovery.

Una specie di “capitolo 2“, insomma, di quanto dichiarato dalla signora del servizio su discusso. Lo stesso intervistato, inoltre, ha detto a La Vardera di avere avuto ulteriore conferma dal padre in merito a quanto successo ormai anni fa. Conferme e anche presunta omertà all’interno della polizia, dato che, sempre secondo dichiarazioni, sarebbe stato detto al padre di Raciti di tacere la questione, in quanto “era una cosa troppo grossa“. E che sia una cosa “troppo grossa” viene confermato anche da Andrea Nicosia, un ultrà arrestato dallo stesso Raciti e che in carcere, intercettato a sua insaputa, aveva parlato proprio dell’ormai tristemente famosa manovra del Discovery. Raggiunto da Ismaele La Vardera per avere conferme, o eventuali smentite, l’uomo ha evitato categoricamente la questione, come se gli avesse chiesto conto del pizzo o di clan locali, impaurito. “Sono già abbastanza scombussolato. Il perché non lo posso dire, perché sono stato… Non lo posso dire!“, le parole dell’uomo.

E ancora il lato più oscuro della storia deve emergere. A partire dalle lesioni nel corpo di Raciti, che secondo il medico legale Caruso (intervistato dalla iena) sono “perfettamente compatibili con un urto di un automezzo“. Opinione condivisa anche dal professore Torre, uno dei padri della medicina legale italiana. Lesioni che, secondo quanto visto dai dottori, hanno riguardato ben 4 costole della parte destra. “L’apoteosi del dolore“, così come dichiarato dall’avvocato di Speziale, Giuseppe Lipera. L’accusa ha sostenuto che tali fratture sarebbero state causate dalle manovre di rianimazione effettuate in Pronto Soccorso per tentare di rianimare Raciti. Ipotesi ritenuta improbabile dalla difesa. Inoltre, le fratture alle costole causano dolori lancinanti e difficoltà respiratorie causate dagli stessi, dice il medico legale Caruso. Le stesse difficoltà descritte da chi avrebbe soccorso l’ispettore.

Mi manca l’aria, non respiro, aiutatemi“, avrebbe detto Raciti quella maledetta notte a un collega. Il dottor Savio Ferringa, medico della Polizia di Stato, parla di un Raciti semicosciente, con tachicardia e difficoltà respiratorie. Stessa situazione descritta dall’operatore del 118 che ha soccorso l’ispettore il 2 febbraio del 2007. È da qui che emerge, forse, il dettaglio più clamoroso e sinistro della vicenda. Lo stesso operatore del 118 ha dichiarato che, nel momento in cui si è preso carico di Filippo Raciti, nessun poliziotto gli avrebbe detto cosa gli era accaduto. Anche al Pronto Soccorso nulla, solo l’ipotesi dell’ingresso di una bomba carta all’interno dell’abitacolo dell’automobile dove lui si trovava, secondo quanto detto dal Dottor Pintaudi, Primario dell’ospedale Garibaldi. Sullo stesso referto i medici hanno infatti parlato di “arresto cardio respiratorio dopo barotrauma“, dopo un trauma dovuto a una violenta variazione di pressione.

Secondo testimonianze, dunque, nessuno ha detto nulla della presunta manovra errata del guidatore del Discovery. Ciò che sarebbe stato omesso, avrebbe, quindi, causato la morte di Raciti. L’ex direttore di medicina legale di Palermo ha analizzato le perizie dell’accusa e della difesa ha parlato del fatto che se – come nel caso preso in esame – il soggetto arriva con sospetto barotrauma, ovviamente i medici effettuano i loro interventi e analisi su quel tipo di sospetto, omettendo altri tipi di esami. Anche solo l’ipotesi dell’investimento, avrebbe potuto cambiare le carte in tavola. “Se fossero state dette tutte le ipotesi da chi era presente, l’ispettore se la poteva cavare“, le parole agghiaccianti del medico.

Non ci sarebbe bisogno di dire altro, se non di aspettare un eventuale riapertura del processo. Intanto il procedimento per i domiciliari di Speziale continua a slittare e, forse, gli “assassini” di questa assurda storia potrebbero essere altri.

Immagine di repertorio

Redazione

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