“Mi sento truffata, discriminata, punita per essere nata in Sicilia”, il “caro voli” e i fuori sede

“Mi sento truffata, discriminata, punita per essere nata in Sicilia”, il “caro voli” e i fuori sede

CATANIA – Le vacanze sono fatte per stare con amici e parenti, ma esistono categorie di persone che per permettersi questo “lusso” sono costrette a spendere cifre esorbitanti anche per tratte relativamente brevi. È il caso dei siciliani fuori sede, che vivono oltre lo Stretto per studiare e/o lavorare.

I momenti con la famiglia nei periodi di alta stagione spesso hanno prezzi a 3 cifre, cosa che causa non pochi problemi a quanti non hanno uno stipendio o che lo spendono per poter vivere dignitosamente. Per i siciliani, inoltre, alla questione economica si aggiunge anche la lontananza geografica dalla maggior parte dei territori dello Stivale, che li porta spesso a prediligere l’aereo ad altri mezzi di trasporto potenzialmente (ma non necessariamente) più economici.

Quest’anno il problema del “caro voli per gli studenti italiani, siciliani in particolare, è emerso in maniera evidente grazie alle denunce” di associazioni e di molte “vittime”, di ragazzi che, cercando su Internet o recandosi in agenzie di viaggio, si sono trovati davanti a numerida paura“: in alcuni casi sarebbero stati richiesti perfino oltre 500 euro per poter trascorrere appena due settimane in Sicilia. Una cifra che ben pochi possono permettersi di spendere “tranquillamente” e che, nei casi peggiori, può spingere alla rinuncia definitiva al rientro temporaneo a casa.

Nonostante la questione sia diventata “calda” solo recentemente, il disagio è tutt’altro che nuovo: da anni, in occasione di ricorrenze importanti, come le festività o le pause estive, migliaia di studenti si trovano costretti a rinunciare al ritorno in Sicilia, a pagare un prezzo alto o a programmare con largo anticipo il proprio viaggio.

Lo conferma la storia di Monica, studentessa catanese residente in Emilia-Romagna, che nel corso degli ultimi due anni ha dovuto affrontare spese considerevoli per poter trascorrere Pasqua e Natale nella sua terra: “Prima di sperimentare sulla mia pelle questa realtà, ero già entrata in contatto con il problema del ‘caro voli’ ascoltando i racconti di tanti amici, ma la consapevolezza di quanto questo problema fosse reale mi è piombata addosso solo quando io stessa sono diventata una di loro, una di quelli che decidono di lasciare la propria casa per inseguire il futuro che sognano, il futuro che in Sicilia è sempre più difficile ottenere. Era settembre, io e i miei genitori avevamo deciso di andare in macchina fino a Forlì per via dei numerosi bagagli. Mancavano pochi giorni alla mia partenza e più di 3 mesi a Natale. Più di 3 mesi. Perciò si può immaginare la nostra sorpresa quando, guardando i prezzi dei voli Bologna-Catania per poter tornare a dicembre, ci siamo ritrovati davanti numeri a 3 cifre, per di più di compagnie che si auto-professano ‘low-cost’ e che magari pubblicizzano voli a 10 euro o meno per le città estere più disparate. Mi sono sentita truffata, discriminata. Mi sono sentita punita, quella era la mia punizione per essere nata nel posto sbagliato. Alla faccia della continuità territoriale. Alla faccia dell’unità nazionale. Di fronte a quelle 3 cifre ho visto crollare tutte le illusioni relative al mio essere ‘italiana’ oltre che ‘siciliana’”.

Nelle immagini in alto, i prezzi pagati dalla studentessa in occasione delle festività natalizie del 2018 per tornare in Sicilia a fine dicembre e ripartire per Bologna a inizio gennaio.

“Eventi simili hanno continuato a ripetersi: sanno quali sono i periodi più gettonati, sanno di dover alzare i prezzi pochi giorni prima delle festività o a settembre, quando dobbiamo rientrare a lavoro o all’università. Sanno quando abbiamo bisogno di tornare a casa, sanno che vogliamo passare la Pasqua e il Natale con le nostre famiglie e ne approfittano il più possibile, commenta Monica.
 
Nelle immagini in alto, Monica mostra i prezzi pagati per tornare in Sicilia a Pasqua (a sinistra) e Natale (a destra). Entrambi i biglietti sono stati prenotati con largo anticipo (rispettivamente a dicembre 2018 e a settembre 2019).

La studentessa si è trovata ad affrontare la dura realtà degli studenti fuori sede anche in occasione delle elezioni europee dello scorso maggio, quando ha scelto di pagare piuttosto che rinunciare al diritto al voto: “Lo scorso maggio si sono svolte le Elezioni Europee, ma a molti studenti italiani è stato impedito di andare a votare. Il motivo? Andare a votare costa, e anche troppo. Andare a votare, per un/una fuori sede è un lusso. Andare a votare ha un prezzo, il prezzo del volo per tornare a casa, e spesso questo prezzo non è accessibile a tutti. Noi fuori sede, a ogni elezione, paghiamo per qualcosa che dovrebbe essere un diritto, ma che si è trasformato in un privilegio, ‘il privilegio di voto’. Ho comprato i voli a febbraio (dunque con largo anticipo) quando la data non era ancora nemmeno sicura, eppure non sono riuscita a spendere meno di 100 euro (se ai 90 euro di volo sommiamo anche il costo dei mezzi per raggiungere l’aeroporto di Bologna). Il mio voto è costato 100 euro e a nessuno dei nostri politici è passato per la testa che fosse assurdo che un mio diritto avesse un prezzo. La cosa ancora più assurda è che sono stata anche fortunata. Molti altri miei colleghi, che hanno provato a comprare un biglietto aereo qualche settimana dopo di me sono stati costretti a rinunciare perché a quel punto i voli costavano già molto di più”.

Di fronte alla domanda sull’esistenza di agevolazioni particolari per il suo caso, la ragazza ha risposto “No, niente di niente”, a riprova del fatto che le politiche a vantaggio dei fuori sede sono ancora lontane dal raggiungere tutto il territorio nazionale in maniera equa e dall’essere garantiti universalmente.

Monica conclude la sua testimonianza con una riflessione che incita chiunque possa fare qualcosa ad attivarsi affinché in Italia tutti abbiano davvero gli stessi diritti: “Parliamo di ragazzi e ragazze che studiano, ma anche di persone che lavorano. Parliamo di cittadini e cittadine italiane che vanno al Nord non per capriccio o per divertimento, ma per impegnarsi. Parliamo di gente che passa mesi e mesi lontano da quella che sarà sempre casa e che aspetta quei pochissimi giorni di festa per riabbracciare la propria famiglia. Parliamo di gente che vorrebbe solo vedersi riconosciuto il diritto di essere italiani in Italia! Perché noi siamo italiani. È solo che, per parafrasare Orwell, a volte sembra che alcuni siano meno italiani di altri.

Fonte immagine: Pixabay – Joshua Woroniecki