CATANIA – Se da un lato esiste la festa di Sant’Agata con le sue tradizioni e il suo folclore, da tanti anni ormai c’è un altro lato della festa che pochi vivono e (probabilmente) ancora meno conoscono, quello dei volontari. Sì, perché dietro i “sacchi”, le sfilate delle candelore e del fercolo, e tutte le altre attività agatine c’è chi fa in modo che tutto si svolga nel massimo della sicurezza.
Noi abbiamo deciso di sentire una di quelle persone che partecipa alla festa proprio da questo punto di vista. Il suo nome è Aldo Santinelli, volontario della Misericordia Santa Maria di Ognina di Catania dal 2007.
Da quell’anno comincia l’avventura di Aldo che con costanza e dedizione offre il proprio tempo agli altri. Lo fa con grande entusiasmo, soprattutto quando viene chiamato ad effettuare operazioni di protezione civile, ambito del quale è un grande appassionato. E tra questi rientra “Sant’Agata Sicura“, il piano di intervento in cui diversi enti e associazioni si uniscono per creare una rete perfetta.
“Da quando sono entrato nel mondo del volontariato mi sono subito appassionato alle attività di protezione civile, in particolare alla festa di Sant’Agata. Dal 2007 il piano di intervento ha subito pochi cambiamenti, ma lo stesso non posso dire di me. Non sono più la stessa persona che ero prima di intraprendere questo cammino, sono maturato tanto e diversamente da quello che si potrebbe pensare, ho ricevuto dalle persone molto più di quanto ho dato loro“.
I volontari sono un nucleo fondamentale non solo per la festa di Sant’Agata ma anche per le attività quotidiane a cui si dedicano che suppliscono alle carenze del sistema statale.
“Quando ero un semplice cittadino non riuscivo a comprendere l’importanza di ciò che i volontari rappresentano nella società. Solo adesso capisco quanto sia importante ciò che facciamo. Senza di noi la festa di Sant’Agata sarebbe complicata da gestire, senza regole e prevenzioni con il sistema sanitario che troverebbe qualche difficoltà“.
Aldo se da una parte gioisce del risultato positivo che ogni anno ottiene il piano di intervento, dall’altra si rammarica per le diverse lacune strutturali e culturali.
“Tutte le associazioni danno il massimo, dalle Misericordie alla Croce Rossa, dal Club 27 (associazione telecomunicazioni – ndr) a quelle che si occupano di logistica, e grazie a ciò il piano funziona ma si potrebbero migliorare i risultati con piccoli accorgimenti che renderebbero la nostra una macchina perfetta. Il mio obiettivo reale è far subentrare nella cultura dei nostri concittadini l’idea del volontariato, perché ancora oggi mi succede di essere catalogato dalle persone come un qualcosa che si frappone tra loro e la festa, non comprendendo che magari un nostro invito a fare o non fare qualcosa ha come unico scopo la loro sicurezza“.
La preoccupazione maggiore di Aldo riguarda, però, gli altri volontari spesso troppo coinvolti dal momento e dalla divisa che indossano.
“Ciò che mi fa paura è vedere volontari come me che fanno assumere alla divisa un valore lontano da quelli reali. Per me mettere le vesti che rappresentano la mia associazione è un motivo di orgoglio e un onore, ma anzitutto una responsabilità. Quando noi mettiamo addosso la divisa ci spogliamo del nostro abito da comuni cittadini e cominciamo un attività di assistenza e supporto alla popolazione e nelle nostre mani da quel momento ci sono delle vite umane. Non deve mai accadere che la vanità o la superficialità entrino in questo mondo, sarebbe troppo pericoloso“.
Aldo è sempre più entusiasta del suo operato che spera di portare avanti fino a quando le forze lo accompagneranno.
“Intendo continuare fino a quando sarò fisicamente in grado di farlo. A rendermi il tutto più semplice il sorriso e il riconoscimento di ogni persona alla quale presto aiuto. Spesso mi domandano perché io dedichi tempo ad un’attività non retribuita. Io rispondo che un “grazie” da una persona in difficoltà ha molto più valore di qualsiasi banconota“.