Femminicidio Vanessa Zappalà, qual è la strada giusta? La proposta del Procuratore: “Centri di riabilitazione per gli stalker”

Femminicidio Vanessa Zappalà, qual è la strada giusta? La proposta del Procuratore: “Centri di riabilitazione per gli stalker”

CATANIA – E se la strada giusta fosse quella della cura? Impazza il dibattito sulle misure da adottare onde evitare un’altra Vanessa Zappalà. La repressione non basta, le denunce (come nell’ultimo eclatante caso di femminicidio) neanche; d’altronde, citando le parole del presidente dell’ufficio Gip di Catania, i colleghi (nello scarcerare Antonino Sciuto) hanno agito secondo legge prendendo in esame anche alcuni elementi contrastanti della vicenda.

Ma neanche questo può bastare per smorzare i toni giustamente perentori e indignati di chi chiede giustizia, di una famiglia che ha perso il bene più prezioso di tutti e non solo per mano di un folle accecato da un sentimento che ha chiamato “amore”, ma che era tutt’altro. Dietro c’è un sistema che non funziona, che porta lo stesso sopracitato presidente a dire: “Anche ai domiciliari avrebbe fatto la stessa cosa“.

Cosa fare allora? Come tutelare chi (e non solo le più colpite donne) sporge denunce e si trova i denunciati sotto casa, armati, con la bava alla bocca dalla rabbia? Si parla di un omicidio efferato, effettuato in una zona clou per la movida estiva catanese. Sette colpi di pistola sparati in piena Acitrezza, da una persona per la quale pendevano denunce per stalking e un divieto di avvicinamento.

A Gravina di Catania un altro stalker è stato – questa volta – fortunatamente fermato, con un coltello, pronto a colpire l’ex convivente fuori dal luogo di lavoro. Anche in questo caso una denuncia, un numero fornito dalle autorità e la fortuna di aver beccato l’ex violento prima che la situazione potesse degenerare.

Ma la fortuna non può essere il parametro guida per beccare i potenziali assassini. Ci vuole ben altro e quest’altro, secondo le parole rilasciate all’Ansa dal Procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, risiede nella possibilità di curare uno stalker.

La soluzione presentata dal Procuratore Zuccaro riguarda l’istituzione di centri di riabilitazione con l’obbligo di frequentazione per monitorare gli stalker e “tentare, nei limiti del possibile, di recuperarli dai loro disturbi alcuni dei quali legati a problemi culturali e caratteriali. Bisogna provarci, anche perché non sono pochi“.

Può essere una soluzione? Lo stalker è un malato che va curato oppure un criminale che va chiuso in gabbia fino alla fine della sua pena (ancora poco severa qui in Italia)? Domande a cui adesso è difficile dare una risposta, ma che sorgono da proposte che sono da ascoltare e sulle quali si deve aprire al più presto un dibattito. La prossima Vanessa Zappalà, d’altronde, può essere dietro l’angolo.

Immagine di repertorio