CATANIA – Secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania, la recente attività vulcanica sull’Etna, iniziata il 27 novembre 2022, è terminata dopo le 19 di ieri.
Durante questa fase, il vulcano ha registrato un’intensa attività effusiva, con colate di lava che si sono verificate nella zona sommitale dell’Etna, in particolare nella Valle del Bove.
Il fronte della lava si è spostato in questa area desertica. Queste informazioni emergono dalle reti di monitoraggio dell’osservatorio etneo.
Il Comunicato Ingv di novembre
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Osservatorio Etneo, comunica che a partire dalle ore 17 UTC la rete di videosorveglianza, quando la copertura nuvolosa che insiste sul vulcano si è diradata, ha evidenziato l’apertura di una bocca effusiva alla base nord-orientale del Cratere di SE, ad una quota di circa 2.800 metri sul livello del mare, da cui viene emessa una piccola colata lavica che avanza lentamente in direzione della desertica Valle del Leone.
Il tremore vulcanico nelle ultime ore non mostra particolari variazioni rispetto all’andamento medio registrato nell’ultima settimana.
I segnali attualmente disponibili dalle reti di monitoraggio delle deformazioni non mostrano variazioni di rilievo nelle ultime ore.
Pubblicata nuova mappa topografica dell’Etna
È stata pubblicata la nuova mappa topografica dell’Etna, aggiornata a luglio 2021: è visibile sulla rivista “Remote Sensing”.
Lo rende noto l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Catania. Si può scaricare la mappa ad alta risoluzione come “Supplementary Material” all’interno dell’articolo, liberamente accessibile (clicca qui per visualizzarla).
“Vulcani molto attivi come l’Etna – ha affermato il vulcanologo dell’Ingv di Catania, Marco Neri – modificano significativamente la loro superficie topografica con grande frequenza, soprattutto nelle zone sommitali, cioè quelle più esposte al ricoprimento di nuove colate laviche, erosioni e crolli. Anche per questo motivo è molto importante produrre sempre nuove mappe topografiche delle porzioni di territorio che si modificano continuamente, anche per aggiornare i modelli tridimensionali del terreno sui quali simulare la propagazione di flussi lavici“.
“Per esempio, la colata lavica attiva dai primi giorni di dicembre 2022 e che emerge da una fessura eruttiva apertasi alla base settentrionale del Cratere di Sud-Est, seppur modestamente alimentata – conclude Neri – sta già modificando la morfologia e l’altitudine di quei luoghi“.
Lo studio sul “cronometro” delle eruzioni
L’energia dell’eruzione in superficie è strettamente correlata con la velocità di risalita dei magmi.
A dimostrarlo è lo studio condotto dal dott. Francesco Zuccarello nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Scienze della Terra e dell’Ambiente al Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania.
Un lavoro svolto sotto la supervisione del prof. Marco Viccaro, docente di Geochimica e Vulcanologia dell’Università di Catania e in collaborazione con la dott.ssa Federica Schiavi del Laboratoire Magmas et Volcans dell’Université Clermont-Auvergne.
La ricerca dal titolo “The eruption run-up at Mt. Etna volcano: constraining magma decompression rates and their relationships with the final eruptive energy” è stata pubblicata di recente su Earth and Planetary Science Letters, rivista scientifica al top nel ranking mondiale del settore delle Scienze della Terra.
“L’approccio micro-analitico altamente innovativo utilizzato nello studio ha consentito di ricavare i tassi di decompressione cui sono sottoposti i magmi nella crosta per tre importanti eruzioni recenti dell’Etna caratterizzate da energie marcatamente differenti, ovvero in ordine crescente: l’eruzione debolmente esplosiva del 24-27 dicembre 2018, l’eruzione parossistica del Cratere di Sud Est del 19 febbraio 2013 e la straordinaria eruzione del cratere Voragine del 3 dicembre 2015, probabilmente la più violenta attività eruttiva al vulcano degli ultimi 20 anni“, spiega Zuccarello.
“La ricerca dimostra come l’energia dell’eruzione in superficie sia strettamente correlata con i tassi di decompressione, traducibili di fatto in velocità di risalita dei magmi“, afferma.