Chiedimi se sono felice

Chiedimi se sono felice

CATANIA – La tragedia che ieri ha colpito il capoluogo etneo, dove una donna di 32 anni avrebbe deciso di togliersi la vita gettandosi dal settimo piano di un edificio del Policlinico di via Santa Sofia, ha aperto un taglio – mai ricucito – della società in cui oggi ci ritroviamo a vivere.

Ci ha colpiti in particolar modo il pensiero di molti utenti social che, appresa la tragica notizia, hanno espresso il loro malcontento per la vita che si è costretti a vivere ogni giorno.

Chiedimi se sono felice

Viviamo fin dalla nostra infanzia legati a schemi. Legati al raggiungimento di obiettivi imposti dalla società. Dobbiamo essere perfetti. Bisogna laurearsi il prima possibile, leggiamo articoli dai toni trionfalistici quando qualcuno ci riesce in tempi record. È quello l’obiettivo da raggiungere, bisogna sbrigarsi, non perdere tempo, essere iper performanti. Laurearsi, trovare un lavoro, sposarsi, avere dei figli. Il tutto scandito da ritmi imposti che non tutti riescono a tenere.

È proprio lì che cominciano i problemi. Ci si sente inadatti, fuori posto, inutili. Nessuno dall’esterno sembra accorgersene, neanche i genitori, gli amici più stretti, i partner… e quando la pressione è troppo alta ci ritroviamo di fronte a queste tragedie. Eppure ognuno di noi potrebbe fare qualcosa. Potremmo per esempio iniziare a smetterla di chiedere ‘quante materie ti mancano?, ‘ma quando vi sposate?’, ‘ma un figlio quando?’. Magari non ce ne accorgiamo, ma potremmo contribuire senza volerlo a caricare ancora di più il nostro interlocutore.

Lasciate vivere le persone, concedetegli il tempo di cui hanno bisogno, fateli sbagliare, fateli cadere, non mettetegli fretta. Se invece state dall’altra parte e vi sentite inutili e fuori posto chiedete aiuto. Chiedete aiuto alle persone giuste, non agli amici, ai parenti, al partner. Chiedete aiuto a un terapeuta che saprà indicarvi la strada giusta per uscire dal tunnel.

‘Date parole al vostro dolore; il dolore che non parla, sussurra al cuore troppo gonfio e lo invita a spezzarsi’“.

É questo uno dei tanti post che ci colpisce, ci invita a riflettere, e che racchiude il malessere di molti. Per questo abbiamo deciso di chiedere consigli utili a chi può tendere una mano a chi ne ha di bisogno, una professionista del settore che può essere d’aiuto a chi sta adesso immettendosi nel mondo degli adulti e chi, invece, c’è già dentro da un pò.

Con la dottoressa Valentina La Rosa, psicologa e psicoterapeuta di Catania, abbiamo provato ad affrontare i punti salienti su come affrontare una vita che corre troppo in fretta.

L’intervista alla dottoressa La Rosa

In che modo uno studente che si immette adesso nel mondo universitario dovrebbe gestire la propria vita?

Per i giovani, l’esperienza universitaria rappresenta una tappa fondamentale nel ciclo di vita individuale, poiché l’inizio degli studi universitari coincide con la fase di transizione che apre le porte all’età adulta e all’indipendenza. Lo spostamento da casa e i cambiamenti nello stile di vita che seguono il completamento della scuola secondaria, che in molti casi implicano una partenza temporanea dal nucleo familiare per stabilirsi nelle città sede di università, esercitano un’importante influenza sulla percezione che lo studente ha di sé stesso e sulla sua identità, impattando altresì sul suo stato di benessere mentale e fisico.

Per i nuovi studenti universitari, dunque, imparare a gestire il proprio tempo tra studio, tempo libero e relazioni è più di una semplice questione di organizzazione, ma riflette il tentativo di trovare un equilibrio personale in un mondo che spesso valorizza i risultati e le prestazioni sull’essere. Pertanto, costruire una rete di supporto composta da amici, familiari, colleghi di corso e figure di riferimento in ambito accademico (docenti e tutor) aiuta a ridurre lo stress e a sentirsi meno isolati. La costruzione di una rete di supporto e il mantenimento di uno stile di vita sano sono infatti espressione della nostra ricerca di comunità e benessere in un’epoca caratterizzata dall’individualismo e dall’alienazione.

L’esperienza universitaria non va vissuta da soli ma all’interno di una comunità attiva che sappia fornire a ciascuno studente il supporto necessario per costruire un percorso di arricchimento e crescita non solo professionale ma anche e soprattutto umana“.

C’è anche chi si sente invece spesso etichettato come “fuori corso”, come si può riuscire a tenere le redini della situazione?

Gli studenti fuori corso si trovano, in misura maggiore rispetto agli altri studenti universitari, di fronte al peso delle aspettative, non solo personali ma anche sociali, vivendo la costante pressione di conformarsi a percorsi prestabiliti di successo e realizzazione. Questi studenti vivono in una zona di confine, sospesi tra il raggiungimento di un traguardo accademico e le sfide personali che ne ritardano il completamento. Questa situazione può essere vista sotto una luce che va oltre la semplice etichetta dell’essere ‘in ritardo‘, come invece il pensiero comune ci impone.

La condizione dello studente fuori corso contrasta innanzitutto con gli standard della società contemporanea che valorizza la linearità del successo e la rapidità nel raggiungimento degli obiettivi, sottoponendo chi invece devia da tale linearità a un’enorme pressione psicologica. Occorre invece promuovere una riflessione sul concetto di tempo e sul valore che gli attribuiamo. Non esiste un tempo standard e predefinito per tutti ma ciascuno ha un proprio tempo soggettivo che va rispettato e non stigmatizzato, sia a livello interpersonale che sociale e istituzionale.

In questa prospettiva, la ‘deviazione’ dai tempi previsti per il completamento del proprio percorso universitario può diventare un’opportunità per riconsiderare le nostre priorità, valori e definizioni di successo. L’ostacolo accademico si trasforma così in un momento di auto-scoperta, dove la vera sfida diventa quella di rimanere fedeli a sé stessi di fronte alle pressioni esterne. Promuovere un ambiente educativo che sostenga questa visione richiede un profondo cambiamento culturale, che accetti e valorizzi la pluralità delle esperienze umane e che incoraggi ogni studente a perseguire il proprio percorso unico verso la realizzazione personale e la conoscenza“.

In che modo il mondo universitario potrebbe sostenere lo stress psicologico dei suoi studenti?

Le università, nel loro ruolo di istituzioni formative, hanno la responsabilità non solo di trasmettere conoscenze ma anche di sostenere lo sviluppo personale degli studenti. Attraverso la creazione di spazi di supporto psicologico e programmi di benessere, possono contrastare la narrazione di un’educazione come mera transazione commerciale, riaffermando il valore dell’apprendimento come percorso di crescita personale e collettiva.

In questa prospettiva, l’Università di Catania, come tanti altri Atenei italiani, ha attivato da tempo servizi di counseling psicologico e di supporto per gli studenti che incontrano difficoltà nel loro percorso di studi. È importante, inoltre, creare un ambiente accademico che promuova l’inclusione, il sostegno e il rispetto reciproco tra studenti e tra docenti e studenti, al fine di ridurre la competizione e l’isolamento“.

Come non sentirsi inadeguati in una società che chiede soltanto se ti sei realizzato e non se sei felice?

Il senso di inadeguatezza che molti di noi percepiscono in una società ossessionata dalla realizzazione personale e dal successo solleva questioni fondamentali sulla natura più autentica della felicità. La domanda su come non sentirsi inadeguati diventa quindi una riflessione sul come vivere autenticamente in un mondo che spesso appare come un teatro sociale, dove siamo chiamati a recitare ruoli che possono non rispecchiare il nostro vero sé. Questo richiede il coraggio di definire il successo in termini personali, anziché conformarsi alle misure imposte dalla società.

Per affrontare le pressioni che la nostra società ci impone, può essere quindi utile adottare una prospettiva più ampia sulla vita, riconoscendo che la realizzazione e la felicità derivano da una varietà di fonti, molte delle quali non hanno nulla a che fare con il successo tradizionale. Il successo e il benessere personali possono includere le relazioni personali, l’impegno nella comunità, l’apprendimento continuo e la cura di sé. Lo studente universitario è chiamato, in conclusione, a vivere l’università come una parte importante della propria vita ma non come l’unica fonte da cui trarre gratificazione e soddisfazione“.

Si dice che dagli errori si può sempre imparare. E chissà se da oggi, e per sempre, la si smetta di giudicare il prossimo e si trovi il coraggio, semplicemente, di chiedere se siamo felici.