Gela, di nuovo agitazioni alla raffineria Eni

Gela, di nuovo agitazioni alla raffineria Eni

GELA – Per tutta l’estate i lavoratori e i sindacalisti della raffineria Eni di Gela hanno intavolato una lunga trattativa con il cane a sei zampe per la sopravvivenza dello stabilimento nella città nissena. La lunga vertenza, conclusasi ad agosto, aveva garantito i lavoratori sul futuro ma negli ultimi giorni sono tornate ad addensarsi nubi minacciose sull’attività della raffineria.

Secondo i sindacati non sarebbero stati rispettati gli accordi siglati nella sede romana del ministero dell sviluppo economico tra i vertici Eni, il governo e la Regione. Per questo motivo sono state proclamate otto ore di sciopero dei chimici e dei lavoratori dell’energia dalle segreterie generali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, per rispondere alla posizione “poco chiara dell’Eni – affermano in una nota i sindacati – nei cui comportamenti non si evidenzia un piano industriale di sviluppo ma soltanto vendite, dismissioni e depositi”.

La decisione dei sindacati, che prevede anche l’astensione dei dipendenti da ogni prestazione straordinaria per tutto il mese di ottobre, è stata adottata al termine di una riunione del coordinamento unitario, a Roma, per fare il punto sulla vertenza Eni con particolare riguardo alla raffineria di Gela. Nero il quadro generale della situazione.

“Il disegno del management – prosegue la nota – attraverso la chiusura del cracking di Porto Marghera, che rischia di provocare effetti devastanti sull’intera area produttiva del quadrilatero padano, della raffineria di Gela, la vendita della raffineria di Livorno e la probabile dismissione di quello di Taranto, insieme alla decisione di procedere alla cessione di ramo d’azienda a Sarroch rappresenta plasticamente una dismissione violenta della presenza industriale Eni in Italia”.

Secondo Cgil, Cisl e Uil sono bloccati sia l’accordo di programma di Porto Torres sia i lavori di Gela. Inoltre andrebbero a rilento i lavori di ripristino di almeno una delle linee di produzione della raffineria, mentre non sarebbe ancora partita la costruzione dell’impianto di bio-carburanti con una conseguente crisi dell’indotto. La tensione è alta.