C’era una volta il calcio del Bel Paese: siciliane risucchiate nelle sabbie mobili del sistema calcistico

C’era una volta il calcio del Bel Paese: siciliane risucchiate nelle sabbie mobili del sistema calcistico

Fair play finanziario, stadi di proprietà e acquisti mirati. Certo, a vedere l’ultimo calcio mercato, con cifre da capogiro come quelle per l’acquisto di Neymar (222 milioni di euro), non sembrerebbe che le regole siano uguali per tutti, ma è solo una questione di disponibilità economica e di accordi.

In sintesi, questo è il nuovo sistema calcistico a cui nessuna società può sottrarsi. In Italia sembra ancora di essere qualche anno indietro, specialmente per quanto riguarda gli stadi di proprietà, garanzia per il bilancio di una società. Così, spesso, a risentirne e a essere penalizzate sono le piccole squadre.

Tra queste ci sono anche le siciliane, perché nelle categorie inferiori alla serie A, gli euro che girano sono ancora meno e le difficoltà per “rimanere in vita” aumentano in modo esponenziale. 

Un’analisi che va fatta partendo dal Palermo. Escludendo quelle che possano essere le scelte più o meno discutibili della dirigenza, la società rosanero è stata più volte costretta a privarsi di giocatori di qualità per rientrare nel bilancio. Certo, le scoperte non sono mancate, ma se si fosse potuto trattenere qualche giocatore avrebbe fatto sicuramente comodo in prospettiva futura. Una prospettiva, però, che non si è mai concretizzata in positivo e che ha visto un lento declino del Palermo, sempre più condannato alla retrocessione in serie B, competizione a cui parteciperà parte quest’anno. 

Leggermente diverso il discorso per il Calcio Catania, condannato non solo dalle necessità di dover fare cassa, ma anche da alcune scelte azzardate da parte di chi ha gestito per anni la squadra. Il calcio scommesse che ha visto protagonista l’ex presidente Antonino Pulvirenti è stata la classica “zappa sui piedi” che ha condannato una squadra con l’acqua alla gola dopo anni di buone prestazioni nella massima serie. Una scelta, quella di Pulvirenti, legata, probabilmente, al desiderio di voler salvare la faccia, ma anche di rimanere nel campionato cadetto per non affossare nei sistemi della Lega Pro, oggi nuovamente Serie C. Una competizione che richiede un grande dispendio di risorse economiche.

E che dire del Messina? Altra società dal declino inesorabile e costretta al fallimento. Quest’anno, infatti, ripartirà dalla serie D.

Tutta un’altra musica rispetto a 20 anni fa, quando il calcio Italiano era tra i più belli e ricchi del mondo. Basti ricordare i grandi giocatori approdati nel Bel Paese negli anni 90 e le cifre spese per assicurarsi le loro prestazioni, ovviamente rapportando il valore dei soldi al periodo storico in questione. 

Erano gli anni di Ruud Gullit e Marco van Basten al Milan, Michel Platini alla Juventus e Lothar Matthaus all’Inter, tanto per citarne alcuni. Ma la lista sarebbe ben più ampia e ricca di grandi campioni del calcio internazionale. Stessa storia anche negli anni 2000, ricordando su tutti Ronaldo, sempre in nerazzurro, e Andriy Shevchenko in rossonero. 

Altri tempi, altre scelte. Mentre il calcio degli altri paesi diventava “moderno”, in Italia si assisteva a un grande entusiasmo e soddisfazioni. Oggi, il sistema è completamente diverso e i club sono delle aziende a tutti gli effetti, dove servono sponsor ma anche una grande capacità gestionale per assicurarsi delle entrate. Stadi di proprietà e merchandising sono le strade migliori, oltre che i risultati ottenuti sul campo.

Così, complici la crisi e alcune scelte sbagliate, le piccole squadre e le siciliane rischiano di essere risucchiate nelle sabbia mobili del sistema calcistico.