“Il rito Ju Ju e costretta a pagare 25 mila euro”, Tina e la prostituzione: arrestata la madame e minorenne

“Il rito Ju Ju e costretta a pagare 25 mila euro”, Tina e la prostituzione: arrestata la madame e minorenne

CATANIA – Lo scorso 7 novembre, in esecuzione a due distinti decreti di fermo di indiziato di delitto, la Polizia di Stato ha fermato: Osarieme Victoria Osayuware, 21enne nata in Nigeria, conosciuta “Osarieme” o “Naomi”, arrestata a Torino, e A. M., nato in Nigeria, minorenne, arrestato ad Agrigento.

I due sono gravemente indiziati, in concorso tra loro, dei delitti di tratta di persone e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ai danni di connazionali, con le aggravanti della transnazionalità del reato, di avere agito ai danni di minori, per sfruttarne la prostituzione ed esponendo le persone offese a un grave pericolo per la vita e l’integrità fisica, per avere reclutato persone da destinare alla prostituzione o, comunque, allo sfruttamento sessuale e, infine, per trarne profitto e avere contribuito alla commissione del reato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno stato. Facevano loro attraversare il continente di origine sotto il controllo di criminali che le sottoponevano a privazioni di ogni genere, le segregavano e, infine, le facevano giungere in Italia a bordo di imbarcazioni occupate da numerosi migranti esponendole ad un altissimo rischio di naufragio.

Osarieme Victoria Osayuware, 21 ann

Osarieme Victoria Osayuware, 21 anni

In particolare, durante le fasi di accoglienza dei migranti, personale specializzato della squadra mobile di Catania, con un paziente lavoro di intelligence, svolto con la preziosa collaborazione di interpreti, ha individuato una vittima di tratta, “Tina” – nome di fantasia, n.d.r. – ragazza nigeriana di 16 anni, la quale ha riferito diversi dettagli sul viaggio compiuto per raggiungere l’Italia, in seguito alla decisione di lasciare la Nigeria a causa delle condizioni di estrema povertà della famiglia di origine. Tina ha, inoltre, dichiarato di aver appreso, tramite la sorella, che un connazionale stava cercando una ragazza interessata a lavorare in Italia per la figlia di una donna che le aveva presentato.

Dopo esser stata sottoposta al rito “Ju Ju”, assumendo l’impegno di ubbidire alla donna che l’attendeva in Italia e pagare il debito pari a 25 mila euro, aveva iniziato il viaggio con altre due ragazze e, attraversando il Niger, era giunta sulle coste libiche per imbarcarsi.

La vittima minorenne ha aggiunto di aver ricevuto precise istruzioni sul comportamento da tenere una volta giunta in Italia: appena collocata nel centro di accoglienza, avrebbe dovuto contattare la propria famiglia in Nigeria per comunicare l’indirizzo del luogo dove si trovava; questa informazione sarebbe stata veicolata dai familiari della minore alla madre della “madame” in Nigeria, la quale avrebbe fornito l’indirizzo alla figlia in Italia che avrebbe poi organizzato il prelievo della giovane.

Tina ha riferito anche di essere stata contattata dalla “madame” che l’aspettava in Italia, mentre si trovava in Libia in una “connection house” e di avere memorizzato l’utenza utilizzata dalla donna che ha così fornito agli investigatori.

Tina, infine, ha dichiarato di aver appreso da connazionali nel corso del viaggio, che in Italia avrebbe certamente svolto l’attività di prostituta e sarebbe stata costretta a consegnare il denaro di tale attività alla sua “madame”, al fine di ripagare il “debito d’ingaggio” contratto in Nigeria.

L’attività tecnica, avviata sulla scorta degli elementi offerti dalla vittima ha permesso di appurare che l’utenza della “madame” era di una donna nigeriana, ovvero Osarieme Victoria Osayuware, domiciliata nella città di Torino.

Nel corso delle investigazioni, è emerso il coinvolgimento nelle attività illecite di A.M., nigeriano minorenne, il quale aveva organizzato il trasporto da Catania a Milano della minore nigeriana, aiutandola a fuggire dalla struttura per M.S.N.A. dove si trovava, acquistandole anche i biglietti dell’autobus Catania – Roma – Milano.

Così lo scorso 18 agosto, Tina ha abbandonato il centro di accoglienza dove era stata collocata dopo il suo arrivo sul territorio nazionale. Un’operatrice del centro, seguendo un collaudato protocollo operativo ha segnalato agli investigatori della mobile l’allontanamento, precisando che alcune ospiti della struttura avevano riferito che la minore, prima di fuggire, aveva contattato un’utenza, già oggetto di intercettazione autorizzata, utilizzando un apparecchio avuto in prestito da un’altra ospite del centro, aggiungendo, inoltre, che il 19 agosto, la minore è stata notata da una volontaria del centro nell’area aeroportuale di Fontanarossa mentre si accingeva a salire a bordo di un pullman di linea diretto a Roma.

Sulla base delle informazioni, gli investigatori della mobile hanno messo in campo un piano per il rintraccio della giovane che, in effetti, poche ore dopo è stata rintracciata da una pattuglia della polizia stradale a bordo di un autobus diretto a Roma.

In particolare la sera del 14 agosto, nel corso di una conversazione tra Osarieme e A. M., la donna ha attivato la modalità “conference call” chiamando un’utenza alla quale rispondeva la vittima minore: A.M. ha chiesto l’indirizzo del centro di accoglienza.

Il 18 agosto, giorno della fuga, sono state registrate numerose conversazioni che, con la modalità “conference call”, hanno visto coinvolte anche la sorella della vittima che Osarieme Victoria Osayuware non riusciva a contattare.

Avuta conferma del prelievo, Osarieme ha contattato immediatamente la sua famiglia in Nigeria per dare la notizia alla madre: ai familiari ha precisato che la vittima sarebbe stata ”messa” su un pullman e lei stessa sarebbe andata a prenderla all’arrivo e che aveva mandato altri 500 euro in Nigeria.

Le misure restrittive sono state eseguite dalla squadra mobile di Catania in collaborazione con le squadre mobili di Torino e Agrigento. Espletate le formalità di rito, Osarieme Victoria Osayuware è stata portata nel carcere di Torino, mentre A. M. è stato portato al centro di prima accoglienza di Catania, a disposizione delle rispettive autorità giudiziarie.