Documento d’identità per iscriversi ai social, svolta pionieristica o utopia? Facebook insegna come fare

Documento d’identità per iscriversi ai social, svolta pionieristica o utopia? Facebook insegna come fare

PALERMO – In occasione delle elezioni presidenziali statunitensi del 2016 che portarono all’approdo del repubblicano Donald Trump allo studio ovale della Casa Bianca, la piattaforma di Twitter venne esposta alla bufera dei numerosi account falsi che si misero a diffondere notizie false e impattanti per l’opinione pubblica con l’intento di alterare l’esito della tornata elettorale.

Forte dell’esperienza maturata in quelle settimane, il social network del CEO Jack Dorsey ha recentemente annunciato di voler vietare la pubblicazione di spot politici a livello globale.

Uno sforzo importante per l’uccellino azzurro che ci conduce, inevitabilmente, al tema dell’affidabilità delle informazioni proliferanti sul web e dell’uso dei social network. Trasparenza e sicurezza in ambito digitale rappresentano capitoli certamente di primo piano nell’era del mondo iperconnesso.

In questi giorni Luigi Marattin, esponente di Italia Viva, e il regista Gabriele Muccino hanno auspicato la nascita di un dibattito politico circa l’introduzione dell’obbligo dell’esibizione di un documento d’identità valido per poter accedere alla creazione di un profilo social. L’idea ha suscitato opinioni contrastanti riguardo la fattibilità e le intenzioni, ma ha pur tuttavia sottolineato l’urgenza di giungere a un percorso comune per riuscire a contrastare i pericoli del web.

In soldoni, la proposta intende configurarsi come antidoto alle sempre più evidenti emergenze che stanno ammorbando la Rete nel corso di questi ultimi anni, l‘hate speech e la circolazione di fake news. Innegabilmente, su Internet e in particolare sui social network sono sempre più diffusi contenuti che veicolano messaggi intolleranti e razzisti, insieme a informazioni maldestramente non verificate.

Spesso, gli stessi fruitori dell’esperienza online non dispongono nemmeno degli strumenti adatti per discernere questo tipo di dati e rischiano il più delle volte di venirne fagocitati. Non meno importanti sono le insidie che mirano a voler affondare psicologicamente e fisicamente gli individui. Basti pensare ai numerosi casi di body shaming e discriminazione sessuale che vedono come principali vittime le donne.

Non è ancora tramontata del tutto, per esempio, la eco degli insulti online all’indirizzo del del ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Teresa Bellanova. E se si parla di pericoli del web non si può non ricordare il tema forse fin troppo sottovalutato del cyberbullismo, già oggetto nel 2017 di una legge a detta di molti certamente migliorabile.

Di pari passo, l’incubo pedopornografia e degli stupri virtuali, praticati attraverso la condivisione di foto e video intimi sulle chat partecipate di WhatsApp e Telegram e oggetto da tempo di serrati controlli da parte della Polizia Postale. All’interno di questo mastodontico calderone, l’ipotesi di voler regolamentare l’accesso a i social network tramite l’impiego di un documento può apparire, superficialmente, come voler svuotare il mare con un cucchiaino.

Nulla, infatti, impedirebbe a malfattori o “incantatori di serpenti” di trovare l’escamotage giusto per bypassare il filtro. Va comunque ricordato, a onor del vero, che già da diversi anni alcuni social network come Facebook richiedono la presentazione obbligatoria di un documento, tra cui la carta d’identità, per confermare la veridicità di account ritenuti sospetti.

Per giungere a tale provvedimento il social ideato da Mark Zuckerberg prende in considerazione le segnalazioni inoltrate dagli utenti circa le presunte attività illecite di un profilo, come la sostituzione di persona, il compimento atti persecutori quali lo stalking e i tentativi di adescamento di minori. Tuttavia, la discussione di una legge anche in fase embrionale potrebbe costituire un trait d’union tra istituzioni e giganti di Internet per giungere a un accordo condiviso e concepire le necessarie cautele sulla base di un humus preesistente.

Parimenti tale discussione, resta di fondamentale importanza il bisogno di dover istruire gli utenti di Internet nella corretta fruizione del mezzo, a partire dagli intenti degli stessi “giganti” del web. D’altronde, così come sottolineato in passato dal dirigente della Polizia Postale di Catania, dott. Marcello La Bella, la parola chiave rimane sempre quella della prevenzione.

Immagine di repertorio