CATANIA – Il cantante neomelodico Andrea Zeta (all’anagrafe Filippo Zuccaro), 34 anni, ha deciso di non spegnere i riflettori sul suo arresto e di spiegare ai fan che il suo coinvolgimento nelle attività criminali del padre, il boss Maurizio Zuccaro, apparterrebbe interamente al passato.
Lo ha fatto con una lettera su Facebook (pubblicata direttamente nella sua pagina), di cui vi riportiamo integralmente il testo: “Ciao a tutti, sono Andrea. Vorrei che leggeste la mia triste storia, questa lettera la dedico prima di tutto ai miei fan e poi la dedico a chi mi ha distrutto la vita, a partire dalla Procura di Catania che ha fatto questo torto a me che nella mia vita ho sempre lavorato, ma soprattutto ora che ero amato da migliaia di persone. E poi la dedico ai giudici che hanno segnato la mia vita, giudicandomi nel modo più assurdo definendomi mafioso”.
“Tutta l’Italia sa come vivo la mia vita. Ho sempre lavorato in vita mia e i miei fan lì fuori si staranno facendo un miliardo di domande e vorrebbero avere mie notizie. Beh ragazzi, non mi aspettate perché hanno rifiutato quella piccola speranza che avevo per uscire da qua e passerà del tempo. I miei fan hanno il diritto di sapere la verità, il perché di tutto questo. So che siete in tanti a sostenermi e di questo sono felice”, continua il 34enne.
Già dalle prime righe il cantante neomelodico fa riferimento all’operazione “Z”, che ha portato all’arresto di 14 persone (compreso Andrea Zeta) con le accuse di estorsione, usura, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi e reati in materia di stupefacenti, oltre che di affiliazione al clan Santapaola-Ercolano.
In particolare, secondo la ricostruzione effettuata dagli inquirenti a seguito di accurate indagini, che si sono avvalse anche di numerose intercettazioni, Maurizio Zuccaro, padre dello scrivente, avrebbe impartito dal carcere ordini al gruppo malavitoso smantellato grazie all’operazione di polizia, che svolgeva le proprie attività illecite nel centro storico del capoluogo etneo, e avrebbe trovato nei figli (Filippo e Rosario) e nella moglie Graziella Acciarito i principali “adepti” e sostenitori.
La versione raccontata da Filippo Zuccaro, però, sarebbe diversa: “Ragazzi è finita per me. Mi hanno arrestato e mi stanno definendo un mafioso perché nel 2016 andai a trovare mio papà in carcere e, ingenuamente, dissi a mio padre di aver allontanato una persona che non mi era tanto simpatica e mi dava fastidio la sua conoscenza in generale. Tante volte a mio padre dico cose del genere, ma stavolta l’hanno presa così”.
Le forze dell’ordine hanno confermato come le parole scambiate tra padre e figlio in diverse occasioni durante i colloqui in carcere fossero direttive del boss Zuccaro al suo “erede” per la gestione degli affari del clan criminale di cui era a capo (il sodalizio “San Cosimo”), mentre per il 34enne si tratterebbe solo di un “equivoco” o, comunque, di un errore commesso in passato: “Mi stanno uccidendo. Non posso accettare che per una frase di 3 anni fa mi stanno distruggendo la vita, non è giusto giocare con la mia vita così. Hanno persino giocato con la mia vita artistica, definendo l’operazione dell’arresto ‘Operazione Zeta’”, commenta il cantante.
L’uomo prosegue il suo discorso parlando di un presunto “accanimento” nei suoi confronti: “Tutto questo è assurdo, sono padri e madri di famiglia e giocano con la vita di un ragazzo onesto come me, neanche avessi ucciso qualcuno o derubato. Non si può accettare un giudizio del genere: hanno costruito in me un mafioso che in realtà non esiste e mai esisterà e lo sanno tutti. Ormai la mia vita è andata, è finita, hanno distrutto la mia carriera, i miei sogni, il mio futuro, il mio sorriso e tutto quello che di buono e con tanta sofferenza avevo costruito. Ho sofferto tanto nella mia vita. Qualche anno fa mi è stato confiscato tutto quello che avevo, macchina, motorino, casa e la mia attività dove io lavoravo onestamente e loro mi hanno buttato per strada solo perché mio padre ha problemi con la giustizia! Mio padre sta pagando, ma io che colpa ho? Ho diritto della mia vita, di vivere come tutti e invece per loro devo pagare pure io e non è giusto”.
In un ulteriore paragrafo, Zeta spiega come avrebbe fatto di tutto per iniziare nuovamente con la musica: “Dopo la confisca della mia attività, me ne sono andato da Catania, trasferendomi a Napoli e poi a Bari per intraprendere una nuova vita con la musica. Ero riuscito ad avverare i miei sogni, quello di diventare un artista affermato e amato. Però questo sogno si è distrutto, anzi me l’hanno distrutto”.
La parte finale della lettera ai fan è interamente dedicata allo sfogo personale, al ricordo dei cari fuori dal carcere e alla richiesta di sostegno ad amici, parenti e sostenitori: “Sono triste, sono arrabbiato, mentre scrivo le lacrime scendono senza fermarsi, piango per rabbia. Vi giuro che sto vivendo un incubo, non è la mia vita questo posto. Ho sempre lavorato ma mi hanno buttato qua, dentro queste 4 mura. Mi manca la mia vita, il mio lavoro e i miei fan ma sopratutto la mia sorellina Asia, che amo più della mia stessa vita. Avevo promesso che non l’avrei mai lasciata sola e quando penso che tutto questo non è più possibile sento un dolore al cuore. L’ho cresciuta con amore come fosse mia figlia. Ragazzi Andrea Zeta ha finito di cantare, io ho finito di vivere la mia bellissima vita, fatta di casa e lavoro. Una parte di me è morta, nessuno può capire. Qui dentro non si può lottare e non bastano le preghiere perché la mia vita ormai dipende dai giudici, che giudicano senza sapere. Tutti sanno come vivo e questo mi fa rabbia, sono rinchiuso qui ingiustamente. La legge dovrebbe giudicare ciò che è giusto”.
“Un cantate non potrebbe mai riuscire a farsi amare da migliaia di persone. Il mafioso vive nell’ombra, non sui palchi, chi vive veramente nella malavita sa che io sono sempre stato un lavoratore. I giornali hanno scritto tutto il contrario di come stanno le cose, anche i miei Avvocati non hanno parole. Ragazzi non so come finirà questo incubo, so solo che ha rovinato la mia vita. Non so quando tornerò a casa. Per tutto questo non posso dire di stare bene soprattutto quando sai di non aver fatto nulla. Mi hanno dato il reato (associazione mafiosa) dove si rischiano tanti anni di carcere per una cavolata detta 3 anni fa. Non sanno quello che hanno fatto. Stanno segnando la mia vita, mi hanno tolto la libertà. Non merito di stare qui. Grazie a tutti i miei fan, a tutti i miei colleghi cantanti che mi hanno sostenuto e a tutte le persone più strette della mia vita. Speriamo non sia un addio. Vi chiedo solo una cosa state vicino alla mia piccola Asia per favore: non fatela mai sentire sola. Scusatemi per tutto e grazie per tutte le emozioni che mi avete regalato. Grazie a tutti, vi amo”, conclude Andrea Zeta.