Catania FC, Grella: dare tempo al tempo

Catania FC, Grella: dare tempo al tempo

CATANIA – Dopo ciò che è successo domenica al Massimino e, soprattutto, dopo la “coraggiosa” conferenza stampa di martedì pomeriggio, con un Grella in emotiva difficoltà nel descrivere questo momento atipico del Catania FC, verrebbe proprio voglia di scrivere: ricominciamo?

Sì, perché le ammissioni di colpa ci sono state, caso raro, se non unico, dalle nostre parti, almeno facendo riferimento al recente passato prima dell’era Pelligra. O qualcuno, affetto dalla sindrome di Stoccolma, ha nostalgia di conferenze governate in senso unico da personaggi identificabili in riassuntivi acronimi?

Una conferenza stampa ammantata da un clima quasi surreale, la voce tentennante di Grella con parole
pesate una ad una, senza mai un termine di troppo, c’è poco da fare: è il suo “stile”, una comunicazione verbale “scambiata” per presunzione con le relative scuse per un disguido non voluto.

I rimedi, anche se a volte non in maniera del tutto chiara, sono stati annunciati, in sintesi i principali: richiesta di tempo e tanta pazienza per un progetto a lunga gittata e con atteggiamenti, in campo e fuori, da rivedere in toto, questo però da subito e per tutti! Se a ciò aggiungiamo una fiducia protempore non solo a Tabbiani, ma a chiunque faccia parte della Società Catania FC, il cerchio per una decisa virata, se non è stato proprio chiuso, almeno in buona parte è stato tracciato.

Si richiede, però, unità per ripartire e la pazienza di accettare un dirigente che “parla meno di quello che dovrebbe…”. Non diciamo nulla di nuovo nell’affermare che mentalmente sono due mondi distanti quello del Vicepresidente (ma anche del Presidente) dalla piazza rossazzurra, calma, pragmatismo e programmazione il primo, tutto e subito l’altra. Uno iato culturale e d’approccio difficilmente rilevabile lo scorso campionato, perché le vittorie schermavano tutto amalgamando visioni e modus operandi, se non proprio polari tra loro, di certo collocabili su piani diversi.

Australia e Sicilia legati da affetti che affondano nella nostalgia tipica e inguaribile dell’emigrante di lusso, ma a volte non basta il richiamo delle proprie radici, non fosse altro per stili imprenditoriali inconciliabili tra loro per storia e tradizioni, principalmente per ciò che riguarda la visione programmatica del domani.

In questo noi siamo (decisamente) perdenti in un popolo che nel suo idioma vernacolare non coniuga mai verbi al futuro, ma d’indole rapace solo nel gestire l’oggi come se non esistesse un domani.

Dopo l’ammissione di ieri pomeriggio, e metabolizzati questi concetti, il minimo che possiamo fare, adesso, è dare ancora fiducia, operazione complicata ma fattibile attingendo a una risorsa rarissima dalle nostre parti come la pazienza.

A supporto di ciò basterebbe riaprire impolverati cassetti della memoria custodi di aste deserte e capitani imprenditoriali siciliani (e imponitori da fiera continentali) tutt’altro che coraggiosi… Magari si richiede alla Società, per il futuro, qualche errore in meno e una comunicazione più costante, il passionale non ama temporeggiare, anche se sicuramente c’è del buono nei metodi dell’uno e dell’altro. Magari una commistione dei due stili potrebbe essere l’arma vincente, ma anche per questo ci vorrà tempo, un bene prezioso ma non infinito per sua natura che, a sua volta, per vivere ha bisogno di sé stesso.

E adesso, caro Grella e carissimo Tabbiani, chiarito ciò che andava chiarito, andiamo a conquistarci questo terzo posto perché, repetita iuvanta, c’è proprio tantissima voglia di ricominciare, come direbbe un grande uomo della Tv: da dove c’eravamo lasciati.