Referendum in Grecia: un esempio per l’Italia?

Referendum in Grecia: un esempio per l’Italia?

Il 5 luglio del 2015 per milioni di cittadini greci resterà una data memorabile, una di quelle tappe della storia che ai figli e ai nipoti si racconterà con orgoglio di aver vissuto. Quella domenica Alexis Tsipras chiamò alle urne il suo popolo, si consultò con i cittadini prima di accettare o rifiutare le proposte dei creditori internazionali.

Le schede consegnate in mano agli elettori in occasione del referendum chiedevano: “Dovrebbe essere accettato il piano di accordo che la Commissione U.E., la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale hanno presentato all’incontro dell’Eurogruppo il 25 giugno, che è costituita da due parti che formano la proposta?“. In sostanza quindi il governo greco ha chiesto, riportando in voga l’antica trovata della democrazia, in quanti fossero disposti ad accettare le dure condizioni proposte dai paesi dell’eurozona pur di ricevere nuovi finanziamenti dall’Europa; molte misure riguardavano il risanamento del debito pubblico.

Come ormai è noto, la maggior parte degli aventi diritto al voto barrò la casella “OXI“, “No“. A prescindere dal giudizio sull’esito del referendum, l’idea di Tsipras di chiedere in merito a questioni tanto delicate il parere diretto degli elettori sembrerebbe aver “infiammato i cuori” non soltanto in Grecia, culla della democrazia, ma anche in Italia.

Sulle sovraffollate bacheche dei social, sui giornali esposti in bella vista dagli edicolanti, al tavolino di un bar tra una granita ed un seltz: ovunque tuttora si discute su cosa potrebbe succedere mai nel nostro paese se qualcuno decidesse di indire un referendum in tutto e per tutto simile a quello che ha interessato la Grecia ormai qualche settimana addietro.

Il fenomeno ha destato tanto scalpore che Euromedia Search ha pensato di raccogliere dei dati più precisi in merito. Si evince così che qualora in Italia si chiedesse agli aventi diritto al voto “Dovrebbe essere accettato il piano di accordo che la Commissione U.E., la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale hanno presentato all’incontro dell’Eurogruppo il 25 giugno, che è costituita da due parti che formano la proposta?“, il 38,8% degli elettori risponderebbe “No”, il 29,1% direbbe “Sì”, il restante 32,1%, forse per ignavia, forse per sfiducia nelle istituzioni o forse ancora per una radicata tendenza alla disinformazione, si asterrebbe dal dare risposta.

Il 54,8% degli italiani, seppure il nostro sia un paese creditore, ha poi cambiato idea sulla Grecia: il debito ellenico va ristrutturato o, addirittura, tagliato. Inoltre, strana coincidenza, nelle ultime settimane i partiti italiani che sin dall’inizio hanno sostenuto il “No” greco sembrerebbero aver acquistato maggiori consensi a scapito, ovviamente, degli schieramenti contrari.

Che dietro tali fenomeni si nasconda il fascino conquistatore di un popolo che, almeno per qualche giorno, ha deciso di rialzare la testa e di un governo che, anche se sporadicamente, ha scelto di interpellare i diretti interessati sul dibattutissimo e ormai scongiurato caso Grexit