Catania, il consiglio chiede la testa di Milazzo ma manca il numero legale

Catania, il consiglio chiede la testa di Milazzo ma manca il numero legale

CATANIA – Non è stato approvato – per mancanza del numero legale – l’ordine del giorno presentato da Manlio Messina, Salvo Giuffrida e Tuccio Tringale per chiedere le dimissioni del presidente del teatro Stabile Nino Milazzo e del consiglio di amministrazione.

Le scintille tra Nino Milazzo e le commissioni cultura e bilancio hanno rischiato di provocare un grosso incendio, tanto che la Cgil – schieratasi in difesa della gestione del teatro – ha parlato di alcuni intenti incendiari alla Fahrenheit 451.

I fedelissimi della maggioranza di Enzo Bianco sono usciti dall’aula al momento della votazione e, per pochi voti (tra cui quelli di Catania Futura) l’ordine del giorno non è passato.

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La gestione dell’ente teatrale è passata al vaglio delle commissioni consiliari che dopo aver ascoltato due sindacalisti hanno chiesto delucidazioni in merito a diverse criticità. Criticità alle quali il presidente Nino Milazzo ha risposto con una nota molto dura, rifiutando il confronto con la commissione cultura e definendo i consiglieri “un plotoncino”.

La Uil ha fatto un appello all’unità per salvare il teatro mentre il segretario generale della Fistel Cisl Antonio D’Amico pretende subito chiarezza per i lavoratori.

I vertici dello Stabile – incontrando il primo cittadino – hanno assicurato sulle entrate che, dalla nota integrativa del bilancio 2013, ammonterebbero con gli incassi da botteghino a circa 1 milione e 600 mila euro.

“CI sono padri di famiglia – spiega D’Amico – che non ricevono lo stipendio da mesi e sinora gli era stato detto che andava tutto bene ed era un problema di finanziamenti. Ma poi abbiamo scoperto che vi sono stati danni. Di questo milione e 600mila euro non abbiamo visto nulla: i lavoratori non vengono pagati”.

“Non è solo il teatro – prosegue l’esponente della Cisl – ad essere un’istituzione ma sono i lavoratori stessi un’istituzione: c’è gente che lavora lì da 40 anni e ha trasmesso il mestiere ai figli. Non ci interessano le beghe della politica: continueremo a protestare sinché non ci sarà un futuro garantito”.

Domani l’ordine del giorno ritornerà in consiglio, anche se clima odierno è stato piuttosto pesante. Infatti, da calendario in ordine dei lavori, vi erano tantissime interrogazioni di ormai due anni addietro che ancora non avevano ricevuto risposta.

Ciò ha suscitato le reazioni dei consiglieri, in particolare di Agatino Lanzafame e Sebastiano Arcidiacono. Per il primo occorre “una previa valutazione della presidenza per evitare di mettere all’odg interrogazioni già superate nei fatti”, mentre il secondo ha rimarcato le tante interrogazioni a risposta scritta rimaste inevase e ha aggiunto che “le interpellanze vengono viste come una lesa maestà o un fastidio”.