Palermo, la rabbia dei lavoratori della Picchettini: “Abbandonati da tutti”

Palermo, la rabbia dei lavoratori della Picchettini: “Abbandonati da tutti”

PALERMO – Si sono dati nuovamente appuntamento, presso il Cantiere Navale di Palermo, per chiedere all’azienda Fincantieri e alle istituzioni il reintegro delle loro mansioni.

Questa è la richiesta mossa dai lavoratori della cooperativa Picchetini, azienda di carattere familiare nata
nel capoluogo siciliano nel 1973. Un’azienda che è stata al fianco anche di battaglie importanti, come quella condotta dal sindacalista Gioacchino Basile, oltre ad essere stata promotrice dei patti di integrità e
dei protocolli di legalità sottoscritti nel 2010.

Ma per gli impiegati della Picchettini si è aperta una vera e propria tempesta giudiziaria, dopo che il
presidente dell’impresa, Giuseppe Scrima, è finito coinvolto nelle indagini relative ai rapporti fra i clan
dell’Arenella e dell’Acquasanta con alcune aziende operanti all’interno del cantiere navale.

Vicenda che ha dato vita a ben due interdittive antimafia, emesse dalla Prefettura di Palermo nel giugno
e nel novembre del 2020. Entrambi i provvedimenti sono stati rimossi, ma ciò ovviamente ha limitato
l’operatività dell’azienda, che ha perso così non solo le commesse ma anche i rapporti con Fincantieri. Il risultato è stato che i 70 lavoratori del plesso sono rimasti senza lavoro. Per 36 di loro è stato previsto l’ingresso in Isolfin, azienda che si è fatta carico delle commesse di competenza di Picchettini. Ma per 34 di loro, ad oggi, non c’è nessuna certezza sul futuro.

LA VICENDA

La Prefettura di Palermo, in data 22 giugno 2020, ha emesso un’interdittiva nei confronti della Picchettini, a causa dei rapporti fra il titolare dell’azienda, Giuseppe Scrima, e il legale rappresentante della Spavesana, Roberto Giuffrida, arrestato durante l’inchiesta del maggio scorso relativa agli intrecci fra i clan mafiosi dell’Acquasanta e dell’Arenella con alcune società operanti all’interno del cantiere navale di Palermo.

Il Tribunale del Riesame ha successivamente revocato la misura cautelare nei confronti di Scrima. Ma la Prefettura di Palermo, in data 17 novembre 2020, ha emesso una seconda interdittiva, basando la decisione (a quanto si legge nella sentenza del Tar del 13 gennaio 2021) sul fatto che la decisione presa dal Tribunale del Riesame “non aveva fatto venire meno le circostanze di fatto, ritenute rilevanti ai fini della formazione del giudizio prognostico sul possibile pericolo d’infiltrazioni mafiose. In particolare, la Prefettura ha sottolineato ‘l’ininterrotto rapporto di condivisione di interessi economici’ fra Giuseppe Scrima e Roberto Giuffrida, ‘indicato come referente della famiglia mafiosa al vertice dell’Acquasanta’”.

Sulla base degli elementi a sua disposizione, la prima Sezione del Tar Sicilia ha accolto nuovamente però il ricorso della Picchettini, sospendendo l’efficacia dei provvedimenti impugnati. Ciò perché, si legge nella sentenza, “la circostanza non basta, allo stato, per ritenere che così come Giuffrida ha consentito l’infiltrazione del gruppo Fontana nella cooperativa da lui amministrata, altrettanto abbia fatto Giuseppe
Scrima“.

Un ulteriore passaggio giudiziario c’è stato il 26 febbraio del 2021, quando il Ministero dell’Interno ha presentato ricorso, avverso la decisione del Tar, al Consiglio di Giustizia Amministrativa. L’organo giudiziario ha però respinto il ricorso, rinviando la questione al prossimo appello cautelare del 21 ottobre del 2021. Intanto però, 35 famiglie attendono notizie sul proprio futuro.

Articolo a cura di Pietro Minardi