Cosa fare per ridurre il consumo di sale

Cosa fare per ridurre il consumo di sale

ITALIA – Un consumo eccessivo di sale determina un aumento della pressione arteriosa, con conseguente aumento del rischio di insorgenza di gravi patologie cardio-cerebrovascolari correlate all’ipertensione arteriosa, quali infarto del miocardio e ictus cerebrale. L’introito di sale è stato, inoltre, associato anche ad altre malattie cronico-degenerative, quali tumori dell’apparato digerente, in particolare quelli dello stomaco, osteoporosi e malattie renali.

L’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) raccomanda di consumare meno di 5 grammi di sale al giorno, tra quello già presente negli alimenti e quello aggiunto, quanto un cucchiaino da tè, corrispondenti a circa 2 grammi al giorno di sodio.

Considerato che in Italia la gran parte del sale che assumiamo (il 64%) proviene dai prodotti alimentari presenti sul mercato (in primo luogo pane e prodotti da forno, formaggi e salumi) o è naturalmente presente in alcuni alimenti e che limitare il sale aggiunto a casa, in cucina e a tavola, sebbene fondamentale, influisce soltanto in parte (per il 36%) sui consumi quotidiani, la sfida è da un lato sensibilizzare i consumatori sulla possibilità di ridurre il consumo domestico, dall’altra promuovere presso l’industria alimentare la riduzione del contenuto di sale nei prodotti trasformati.

È importante per il raggiungimento dell’obiettivo, favorire la diffusione di messaggi di sensibilizzazione che coinvolgano l’intera comunità, dagli organi di governo ai singoli cittadini, passando attraverso i professionisti della salute, l’industria e il settore della ristorazione. Tutti i soggetti della filiera agro-alimentare (artigiani, piccole imprese, grande industria, catene di distribuzione) dovrebbero rafforzare le azioni volte a ridurre il contenuto di sale in eccesso (cioè “non necessario”) nei prodotti in commercio.

Cosa possiamo fare individualmente per ridurre il consumo di sale?

  • Leggiamo attentamente l’etichetta nutrizionale per scegliere, in ciascuna categoria, i prodotti a minore contenuto di sale e cercare i prodotti a basso contenuto di sale, cioè inferiore a 0.3 grammi per 100 grammi (corrispondenti a 0.12 g di sodio);
  • riduciamo l’uso di sale aggiunto in cucina, preferendo comunque, dove necessario, minime quantità di sale iodato;
  • limitiamo l’uso di altri condimenti contenenti sodio (dadi da brodo, maionese, salse, ecc.) e utilizziamo in alternativa spezie, erbe aromatiche, succo di limone o aceto per insaporire ed esaltare il sapore dei cibi;
  • non portiamo in tavola sale o salse salate, in modo che non si acquisisca l’abitudine di aggiungere sale sui cibi, soprattutto tra i più giovani della famiglia:
  • riduciamo il consumo di alimenti trasformati ricchi di sale (snack salati, patatine in sacchetto, alcuni salumi e formaggi, cibi in scatola);
  • scoliamo e risciacquiamo verdure e legumi in scatola, prima di consumarli;
  • evitiamo l’aggiunta di sale nelle pappe dei bambini, almeno per il primo anno di vita.

Cosa possono fare le Istituzioni per ridurre il consumo di sale?

  • Monitorare il consumo alimentare di sale nella popolazione italiana e individuare le fonti principali nella dieta;
  • coinvolgere l’industria alimentare e incoraggiarla a ridurre il sale nei prodotti trasformati;
  • promuovere la ricerca in tecnologia alimentare per favorire la riduzione del sale negli alimenti;
  • favorire la formazione degli operatori del settore alimentare, a partire dagli Istituti alberghieri e dai Centri di formazione professionale;
  • favorire la conoscenza e la comprensione dell’etichettatura nutrizionale sui prodotti alimentari, consentendo ai consumatori di fare scelte informate e consapevoli;
  • incoraggiare la ristorazione collettiva, in particolare per le mense scolastiche e dei luoghi di lavoro, a offrire opzioni a basso contenuto di sale;
  • promuovere iniziative di sensibilizzazione sui rischi correlati a un’elevata assunzione di sale.

Fonte foto Pixabay