Notte dei ricercatori, Italia fanalino di coda in Europa per investimenti

Notte dei ricercatori, Italia fanalino di coda in Europa per investimenti

CATANIA – Stasera si svolgerà la Notte Europea dei ricercatori che ha come obiettivo presentare alla popolazione l’importanza della ricerca universitaria. Ma quanto realmente lo Stato Italiano investe sulla ricerca?

L’Italia, infatti, non è famosa per essere una grande investitrice in materia di ricerca universitaria, arrivando ad essere al 27esimo posto tra i paesi che spendono di più in percentuale sul prodotto interno lordo al netto delle spese per la difesa, al di sotto della media dei paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e al di sotto della media dei paesi dell’Unione Europea.

Siamo ben lontani dagli obiettivi europei del 2020 che ha come obiettivo portare tutti gli stati a spendere il 3% del PIL in ricerca e, soprattutto, con i nostri investimenti del solo 1,3% del PIL, siamo ben lontani dal podio che vede al primo posto Israele (4,3%), poi Corea del Sud (4,2) e al terzo la Svizzera (3,4).

Ma ciò che fa preoccupare ancor di più è la posizione dell’Italia per quanto concerne il numero di ricercatori per mille occupati. Infatti, il belpaese cade ancora giù nella classifica arrivando al 34° posto e sprofondando a fine classifica per parità di genere e docenti universitari sotto i 40 anni.

Tutto questo, come riportato nel rapporto ANVUR, rischia non solo di perdere posizioni (e di conseguenza perdendo ulteriori ricercatori e fondi) ma di non avere più un ruolo importante nel campo dell’innovazione. Nel rapporto si legge che per innovazione scientifica l’Italia è al 19esimo posto sui 28 paesi dell’Unione Europea.

Invece per quanto riguarda la produzione scientifica mondiale, nonostante i pochi investimenti, ci vede all’ottavo posto. Nonostante abbiamo una crescita forte rispetto agli altri paesi rimane comunque insufficiente.

Le università, inoltre, a causa della poca ricezione di fondi, non riescono a garantire abbastanza borse di studio, fermando così il ciclo di rigenerazione dei docenti universitari. Gli atenei universitari, inoltre, causa pochi investimenti, non riescono a sostenere le spese per il mantenimento dei laboratori.

Allora, forse, oltre a festeggiare la Ricerca, il Governo dovrebbe pensare a maggiori investimenti.