Non è un individuo, è un sistema: Lo Monaco e l’intimidazione, pietra miliare di un tifo che non esiste

Non è un individuo, è un sistema: Lo Monaco e l’intimidazione, pietra miliare di un tifo che non esiste

CATANIA – Non è mai un bel gesto, quello di provare a mettere paura a qualcuno. Specie se, alla fine, si tratta di passione calcistica. E quest’ultima, se tale, non sfocia mai in atti obbrobriosi e intimidatori.

È proprio questo ciò che è capitato ieri a Pietro Lo Monaco, amministratore delegato del Calcio Catania, al quale è stata recapitata una testa mozzata di un maiale, all’interno dello stadio “Angelo Massimino”, con una parrucca e un paio di occhiali. Come a volerlo rappresentare.

In un giorno di festa, dove il club rossazzurro festeggiava la nascita di Marta Zoe Biagianti, seconda figlia della famiglia del capitano etneo Marco. In un periodo difficile per il Catania, reduce da una pesante sconfitta a Bisceglie con un irreversibile: “Mi vergogno“, dichiarato dall’allenatore Andrea Sottil. In un anno dove le pretese sono cresciute a vista d’occhio, alimentate dalla mancata promozione d’ufficio in Serie B a seguito di un’estate tormentata. In una vita che recita sempre la stessa battuta: “Catania perde, Catania infangato”. Ma da chi?

Questo non è ancora certo, riferendosi a colui che si è infiltrato dentro l’impianto per lasciare la testa dell’animale, ma non è di chi ha compiuto l’azione la colpa, ma di un sistema. Di sicuro non positivo. Lo stesso Lo Monaco, tramite un comunicato pubblicato sul sito ufficiale del club, ha commentato: “Catania è ben altro: l’immagine di Catania, che ci rende orgogliosi, va difesa da certi individui, spinti esclusivamente dal desiderio di ritagliarsi quel minimo spazio da protagonisti che altrimenti non avrebbero mai”.

La Procura di Catania, unitamente alla Digos, ha aperto un’indagine in merito. Il fatto non può e non deve passare inosservato. Giunto anche ai vertici della Lega Pro, il presidente Francesco Ghirelli non ha atteso per pubblicare una nota di solidarietà:

“Caro Pietro, non riuscendo a telefonarti, ti chiamerò più tardi, ti scrivo. L’atto ignobile di cui sei stato bersaglio, si qualifica da solo: un atto delinquenziale che mi auguro le forze dell’ordine preposte possano colpire, assicurando alle patrie galere chi lo abbia compiuto. So che tu sei forte e non arretrerai di un centimetro, anzi sarai ancora più combattivo. Io, la Lega Pro ti siamo vicini e pronti a schierarci con te. Dicci pure cosa possiamo fare più e meglio. Una parola ai delinquenti autori dell’ignobile e vigliacco gesto: Pietro ama il Catania, si spende per riportare il club lassù ove merita stare; voi non siete tifosi di una maglia tra le più gloriose del calcio italiano, voi siete feccia che rovina il lavoro serio, il tifo vero, l’amore forte. Caro Pietro, ti sono vicino con affetto e stima, Francesco”.

Anche il sindaco di Catania, Salvo Pogliese, è intervenuto in merito:

”Un fatto di violenza molto grave che nulla centra con lo sport, che invece è sana passione, agonismo e voglia di affermare i valori della leale competizione. Mi auguro che presto vengano individuati i colpevoli per contribuire ad allontanare ogni forma di violenza dal calcio e dallo sport in genere. A Pietro Lo Monaco e alla società del calcio Catania un forte abbraccio mio personale e dell’intera amministrazione comunale”.

“Fare” calcio, oggi, è difficile. Specie in un ambiente dove, a causa di tante delusioni e bocconi amari inghiottiti da tifosi veri e passionali, vincere sembra essere diventato un obbligo di forma più che un piacere per gli occhi, dove la Serie B tanto osannata deve arrivare, senza se e senza ma. Vero, il Catania come obiettivo ha quello di ritrovare la cadetteria dopo anni di assenza, ma non con questi gesti. Perché tutti sanno bene che Catania, quella vera, non si comporta così, ma risponde con il sostegno che non è mai mancato.

Intanto, stasera il turno infrasettimanale per ripartire: proprio al “Massimino” ci sarà Catania-Virtus Francavilla, in programma alle ore 20,30. Tre punti per riprendersi, tre punti per scacciare via questi atti indegni che non simboleggiano lo sport, ma la vigliaccheria di persone che non meritano di sedersi accanto a chi, invece, professa la propria passione con un tifo sfegatato e con una rabbia lecita, a patto che non sfoci in episodi del genere.

Quando lo si capirà, forse, sarà troppo tardi per rimediare.

Immagine di repertorio