Emoji, gif e sticker: il nuovo linguaggio di Internet che soppianta la comunicazione tradizionale

Emoji, gif e sticker: il nuovo linguaggio di Internet che soppianta la comunicazione tradizionale

In principio furono le emoticon a rendere meno “freddi” i testi realizzati tramite mail e sms. Combinando secondo criterio trattini e parentesi, l’internauta Kevin MacKenzie nell’aprile 1979 avrebbe intuito prima di tutti l’utilizzo che se ne sarebbe fatto qualche decennio dopo, allegando un paio di “faccine” disposte orizzontalmente al termine di un messaggio con l’intento di esprimere una smorfia.

Un’idea che, malgrado le resistenze iniziali, riuscì a farsi strada grazie alla successiva “benedizione” dell’informatico statunitense Scott Fahlman che per primo introdusse, a inizio anni ’80, le emoticon all’interno di un testo per esprimere un sorriso o un volto triste.

Da quel momento, attraversando la lunga storia di Internet, abbiamo assistito alla loro evoluzione, poi divenute emoji colorate per mano degli sviluppatori giapponesi. Oggi, addirittura, a farla da padrone sono le “gif” e gli “sticker” animati che provvedono a estremizzare stati d’animo e sensazioni.

Nel frattempo è cambiato anche il rapporto degli utenti con quelle strane faccine e il linguaggio scritto, a tal punto da diventare sempre più stretto e in grado di bypassare anche gli stessi rigidi schemi imposti dalla formalità. E i benefici che è possibile attribuire all’introduzione di questo simpatico strumento sono sicuramente molteplici.

Inserire una emoji, una gif o uno sticker alla fine o in luogo di un messaggio di testo contribuisce a facilitare le relazioni umane, appiattendo anche quelle barriere dovute alle differenze linguistiche. Senza rendercene conto, prima di cliccare il fatidico tasto “invio” mentre si sta chattando su Facebook, WhatsApp, Telegram o qualsiasi altro strumento di messaggistica, avremo indubbiamente avvertito la necessità di arricchire il nostro scritto per farci comprendere meglio.

Che il nostro interlocutore sia un collega, un datore di lavoro o una possibile conquista amorosa con la quale si prova in maniera maldestra a “fare il galletto”, queste scorciatoie sono sempre lì in attesa di entrare in azione. Anche i linguaggi istituzionali sono cambiati. Sui social network non è poi così raro imbattersi in aziende, enti e soggetti politici che decidono di fare ricorso al nuovo vocabolario del web per aggiornare il proprio piano di comunicazione.

Una rivoluzione riconosciuta anche da Oxford Dictionary che nel 2015 ha premiato l’abusatissimo pittogramma che raffigura la faccina che piange dalla risate come parola dell’anno. E la vecchia scrittura? Per le nuove generazioni, esprimere un’emozione attraverso un’icona rappresenta uno sforzo meno complesso rispetto alla classica frase composta da soggetto, verbo e predicato. Il rischio, tuttavia, è quello dell’impoverimento della parola.

Obbedendo ad alcune regole non scritte di Internet, anche la stessa punteggiatura ne esce sconfitta. Quante volte vi sarà stato detto, per esempio, di non utilizzare il punto fermo a conclusione di frase in una conversazione online per evitare di apparire irritati o distaccati? “Meglio” utilizzare una faccina per chiarire il tono di quel messaggio.

Attenzione, però, ai possibili equivoci! Non tutti gli utenti riescono a comprendere il reale significato di ogni icona. Prendendo come esempio la faccina che ride fino allo spasimo, qualche utilizzatore potrebbe facilmente scambiarla per una emoji che intende esprimere vero dolore. Occhio, quindi, a non incappare in qui pro quo spiacevoli.

Fonte foto: www.zdf.de