Gettò la figlia nel cassonetto: “scontro” tra perizie in aula

Gettò la figlia nel cassonetto: “scontro” tra perizie in aula

PALERMO – La corte d’assise d’appello del capoluogo siciliano ha riascoltato in un’udienza fiume di 7 ore tutti i periti e i consulenti che si sono occupati del caso di Valentina Pilato, la madre che gettò la figlia nel cassonetto dell’immondizia il 24 novembre del 2014.

La donna era stata assolta in primo grado di giudizio in quanto ritenuta incapace di intendere e di volere. Dopo la sentenza, Valentina Pilato venne successivamente posta in cura psichiatrica.

Durante l’udienza sono stati diversi i momenti in cui accusa e difesa hanno puntato parecchio sulle condizioni psichiche dell’interessata. Da una parte, infatti, il pg Emanuele Ravagnoli ha attaccato la perizia effettuata da Francesco Bruno e Maria Pia De Giovanni che ritenevano la donna incapace di agire lucidamente.

Per i due l’imputata soffrirebbe, infatti, di un disturbo grave dell’umore presente già al momento del parto e dell’infanticidio. Secondo i consulenti del gip, invece, la donna sarebbe stata in grado di intendere e di volere poiché affetta da un disturbo dell’adattamento che non avrebbe comunque gravato più di tanto sulla sua condizione.

Valentina Pilato, avrebbe dovuto trasferirsi da Palermo a Gemona del Friuli per raggiungere il marito impegnato con l’Esercito, nascondendo comunque la gravidanza al consorte.

Il giorno prima di partorire, la donna sarebbe tornata nella città siciliana credendo di trovarsi ancora al settimo mese di gravidanza. Ciò, secondo l’accusa, dimostrerebbe la lucidità della donna, la quale avrebbe così progettato la successiva uccisione della figlioletta.