Introduzione dell’HPV Test nello screening del cervicocarcinoma

Introduzione dell’HPV Test nello screening del cervicocarcinoma

La scoperta che il Papillomavirus (HPV) è l’agente eziologico del carcinoma della cervice uterina è di Harald zur Hausen.

Il ricercatore, Nobel per la Medicina nel 2008, ha dimostrato che i ceppi oncogeni dell’HPV possono trovarsi sul collo uterino allo stato latente ed essere riconosciuti tramite l’HPV DNA Test. I suoi studi hanno permesso di capire il modo con cui l’HPV scatena il tumore consentendo di mettere a punto anche i vaccini:

  • bi-valente per i ceppi oncogeni 16/18;
  • quadri-valente per i ceppi oncogeni 16/18 e per i ceppi 6/11 responsabili dei condilomi ano-genitali e della laringe;
  • nove-valente per i ceppi oncogeni 16/18 , 31, 33, 45, 52 e 58 e per i ceppi 6/11.

L’HPV è una famiglia di virus a DNA comprendente circa 120 genotipi, suddivisa in gruppi ad alto, medio e basso rischio di progressione in cancro. I genotipi ad alto rischio (16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59, 68) se si integrano nelle cellule cervicali possono causarne la trasformazione neoplastica attraverso due diversi meccanismi. Il primo consiste in una complessa cascata di eventi dove oncogeni ed oncosoppressori (p53, p21, p16 etc.) portano al risultato finale di immortalizzare la cellula che, conseguentemente, acquisisce un vantaggio selettivo sulle cellule normali, replicandosi in maniera incontrollata.

Questo processo non solo evolve lentamente ma può facilmente abortire, rendendo ragione della frequente regressione spontanea delle lesioni di basso grado (displasia lieve o CIN1). Esiste anche un secondo meccanismo per raggiungere l’immortalizzazione cellulare. Consiste nell’amplificazione del gene della telomerasi, situato nel locus 26 del braccio lungo del cromosoma 3 (3q26). La telomerasi ha il compito di riparare le estremità dei cromosomi (telomeri) che normalmente, con l’invecchiamento cellulare, tendono ad accorciarsi.

L’amplificazione di 3q26, cioè la presenza di un numero maggiore delle due copie normalmente presenti nel nucleo, consente una iperproduzione di telomerasi che, a sua volta, porta alla immortalizzazione della cellula infettata e ad una più probablile progressione delle lesioni verso il carcinoma. Questo secondo meccanismo, per la sua semplicità, è molto più diretto del primo e fallisce meno facilmente, giustificando quella minima percentuale di progressione delle lesioni.

Il carcinoma del collo dell’utero (CCU) è il primo tumore riconosciuto dall’OMS come totalmente riconducibile ad un’infezione. Nei Paesi in cui esistono campagne organizzate di screening per il cervicocarcinoma si sta gradualmente assistendo al passaggio dal Pap Test all’HPV Test come Test primario per le donne over 30-35 anni. Per quelle più giovani, di età tra 25 e 29 anni, il test di screening resta il Pap test che continua ad essere il test più efficace in questa fascia d’età.

Il razionale di questa differenziazione dipende dal fatto che, essendo l’HPV un’infezione a trasmissione sessuale, nelle fasce di età più giovani la prevalenza dell’infezione risulta maggiore ma le infezioni sono spesso transitorie e possono guarire spontaneamente. Gli studi scientifici hanno dimostrato che le lesioni precancerose cervicali e la relativa evoluzione verso il carcinoma invasivo, sono causate solo dalla persistenza di ceppi ongeni di HPV.

Pertanto, poichè solo l’infezione che persiste nel tempo è condizione sine qua non per determinare l’insorgenza della malattia, le donne più giovani possono esimersi dall’eseguire l’HPV Test in quanto a fronte di un maggior rischio di contrarre l’infezione da HPV sussiste una bassissima possibilità che questa diventi persistente. Sottoporsi al Test esporrebbe inutilmente le ragazze a ulteriori esami e soprattutto ad ansie e preoccupazioni. Allo stesso modo, per una donna che risulti negativa all’HPV Test a 65 anni, si può escludere questo tumore anche per gli anni futuri, visti i tempi di sviluppo molto lenti.

Il Piano Nazionale di Prevenzione 2014-2018 prevede che entro il 2018 tutti i programmi di screening italiani per la prevenzione del CCU passino dal Pap test al test HPV come test primario per le donne dai 30-35 anni, in modo progressivo e programmato. Il nuovo obiettivo è quello di individuare infezioni persistenti da tipi oncogeni. I dati preliminari dei programmi regionali che hanno già introdotto il test HPV indicano una buona accettazione del nuovo programma da parte delle donne, con un’aderenza addirittura  superiore a quella avuta con solo Pap test. Lo screening è a chiamata con lettera di invito uguale per i due test.

  • Le donne fra 25 e 29-34 anni continuano ad essere invitate a fare il Pap test ogni 3 anni. (alcuni programmi utilizzano il test HPV dai 30 anni altri dai 35 anni).
  • Le donne di età compresa fra 30-35 e 64 anni sono invitate a fare il test HPV ogni 5 anni, quando il risultato del Test risulta negativo.

Per la donna, passare dai 3 anni ai 5 anni di intervallo per l’esecuzione di un nuovo test HPV non comporta una minore sicurezza rispetto a fare un Pap test ogni tre anni. Il test HPV identifica con molto anticipo lo stato di rischio di avere una lesione cervicale displasica rispetto a quanto avveniva con il Pap test e quindi è possibile fare il test meno frequentemente.

Allungare l’intervallo dello screening non è dovuto a motivi di risparmio o tagli alla sanità ma al fatto che il test HPV è più protettivo e sensibile rispetto al Pap Test che tuttavia continua a risultare utile nelle donne più giovani e come test complementare ai casi di test HPV positivo (Pap test di Triage). Quando il test HPV è positivo, dallo stesso prelievo viene eseguito anche un Pap test di Triage, per controllare se il virus HPV ha già innescato o meno delle iniziali alterazioni delle cellule cervicali.

Pap test di triage negativo – non mostra alterazioni cellulari riconducibili a displasie – la donna sarà invitata ad eseguire un nuovo test HPV a distanza di un anno per verificare l’eventuale persistenza dell’infezione che di solito tende a regredire spontaneamente nell’arco dei 12 mesi. Le donne che dopo un anno avranno ancora il test HPV positivo saranno invitate a fare la colposcopia.

Pap test di triage positivo – si rilevano alterazioni cellulari – la donna viene invitata subito a fare la colposcopia con eventuale biopsia mirata sulle immagini atipiche cervicali evidenziate con acido acetico e/o con test di shiller. Lo screening rileva se almeno uno dei tipi oncogeni indagati è presente senza eseguire la genotipizzazione. Non importa conoscere il ceppo di HPV in quanto i controlli da fare in caso di test positivo sono sempre gli stessi e non sono condizionati dal tipo di HPV rilevato.