Messina, truffa da 23 milioni di euro: 3 persone in carcere, 2 ai domiciliari

Messina, truffa da 23 milioni di euro: 3 persone in carcere, 2 ai domiciliari

MESSINA – I militari della Guardia di Finanza del comando provinciale e della sezione di PG di
Messina hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di
cinque indagati; nello specifico, tre sono finiti in carcere, due, invece, ai domiciliari.

L’Autorità Giudiziaria ha, inoltre, disposto il sequestro preventivo per oltre 23 milioni di
euro, su conti correnti e disponibilità finanziarie riconducibili agli indagati ed alle società
coinvolte nella frode. Nell’ambito dell’operazione, sono state denunciate complessivamente nove persone.

Gli illeciti ipotizzati sono associazione per delinquere finalizzata all’emissione ed all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e bancarotta fraudolenta.

L’indagine, che è nata da un controllo fiscale eseguito nei confronti di una ditta di vendita di prodotti informatici, ha fatto emergere l’esistenza di un’organizzazione finalizzata proprio alle frodi fiscali, capeggiata da due fratelli imprenditori ed un professionista, tutti, adesso, dietro le sbarre.

Altri due imprenditori sono stati, invece, sottoposti agli arresti domiciliari. Questi ultimi, ricoprivano formalmente la carica di rappresentanti legali di alcune società di comodo (di fatto amministrate dai fratelli), che venivano utilizzate per emettere fatture false a favore di altre società riconducibili all’organizzazione criminale.

Le attività, svolte sotto la direzione della Procura della Repubblica di Messina, hanno consentito di scoprire un sofisticato sistema di frode attuato tramite un vasto giro di fatture false fra diverse società che facevano capo agli indagati, che operavano nel settore del commercio dei prodotti elettronici (telecamere, macchine fotografiche, cellulari, computer, navigatori satellitari, ecc.), destinati alla grande distribuzione e al commercio al dettaglio via web.

Gli indagati si sono avvalsi di ditte individuali e società cosiddette “cartiere”, dislocate nelle province di Messina, Pesaro, Roma, Taranto e Treviso, e all’estero (Malta, Romania e Slovenia), gran parte delle quali gestite direttamente nel capoluogo peloritano.

Il meccanismo fraudolento ha garantito un elevato profitto, rappresentato dall’I.V.A. non versata all’erario, sia ai promotori della frode sia agli amministratori delle cartiere. Nel corso degli accertamenti è emerso che gli arrestati, una volta venuti a conoscenza delle indagini, hanno provveduto a nascondere e distrarre beni di alcune società coinvolte nella frode, successivamente dichiarate fallite dal Tribunale di Messina, commettendo anche nel reato di bancarotta fraudolenta.