Autismo, terapie e metodi: la storia del piccolo Salvo

Autismo, terapie e metodi: la storia del piccolo Salvo

CATANIA – Domani è la giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo, istituita dalle Nazioni Unite nel 2007 con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica su un disturbo che riguarda una quota sempre maggiore della popolazione.

L’autismo si può manifestare nei bambini dai nove mesi ai tre anni, ma al momento non esiste una diagnosi certa sul suo manifestarsi. Ci sono in corso diversi studi: una delle possibili cause potrebbe essere la predisposizione genetica, ma ancora non è stata individuata una causa univoca. A parlarne è la psicologa, Anna Romeo, che lavora da quasi trent’anni con bambini con qualsiasi tipo di difficoltà e specializzata principalmente nei disturbi dello spettro autistico.

Tutti i bambini sono diversi e rappresentano un caso a sé, anche quando presentano la stessa patologia. “Arrivano da me con una diagnosi già fatta da una struttura pubblica, poiché solo così potrebbero accedere a servizi e agevolazioni – dichiara la dottoressa Romeo -. Ma prima di iniziare con la terapia, è necessario compilare un profilo completo del paziente, valutando le abilità già possedute e quelle che mancano: si parte da ciò che il bambino già sa fare per insegnargli tutto il resto”.

Per quanto riguarda l’autismo, uno dei metodi utilizzati è quello ABA, ovvero analisi del comportamento applicata. È un metodo molto complesso, riconosciuto dal punto di vista mondiale, che si basa sui principi scientifici di prevedibilità, controllo e modificabilità. “Il mondo ABA è molto vasto – continua la dottoressa –. L’apprendimento si poggia su una adeguata manipolazione della motivazione, che consiste nell’analizzare ciò che al bambino piace che diventa di conseguenza il premio finale. Ad esempio si fanno osservare delle immagini e dopo aver risposto in maniera corretta a una serie di stimoli proposti o dopo aver imitato i segni corrispondenti a determinati oggetti o aver pronunciato in modo esatto le parole indicate, ottiene l’oggetto del desiderio. Ma questi sono solo alcuni ‘giochi’ dell’ampio metodo ABA”.

Non si può guarire da questa patologia, ma seguendo le giuste terapie è possibile sviluppare tante abilità e ottenere elevatissimi margini di miglioramento. Ma non si smette mai, in quanto una volta acquisito un repertorio molto vasto, si passa comunque a un altro tipo di terapia per essere continuamente controllati e stimolati.

Se queste sono le parole di un’esperta, commoventi invece sono quelle di chi ogni giorno affronta questa sfida. Nunzio e Donatella sono genitori catanesi di un bambino di sei anni affetto da autismo. Salvo rientra in quei casi di manifestazione ritardata della malattia, visto che fino all’età di tre anni non mostrava alcun sintomo: sapeva parlare e giocare e interagiva con i suoi coetanei. Ma proprio in quel periodo il bambino ha iniziato una netta trasformazione: non parlava più, non aveva alcun tipo di interesse e non rispondeva ad alcuno stimolo.

“A quel punto ci siamo rivolti al pediatra – asseriscono Nunzio e Donatella – che prontamente ci ha dato il contatto di un neuropsichiatra infantile, il quale inizialmente ci ha diagnosticato dei problemi legati al comportamento e al linguaggio, che presumibilmente potevano rientrare nello spettro autistico. Solo dopo una lunga serie di visite e ricoveri in diversi centri specialistici, è stata confermata la diagnosi di autismo. Dunque, non restava altro da fare che rimboccarsi le maniche ed affrontare ciò che ci aspettava: ci siamo documentati e confrontati sia con medici che con altre persone che per esperienza personale conoscono bene questo mondo”.

Le prime cure a cui è stato sottoposto sono state quelle di psicomotricità, che però dopo un anno ha staccato, perché non più adatte a soddisfare le sue esigenze. Invece da quasi due anni è in cura dalla dottoressa Romeo, la quale lo segue nella fase di sviluppo e miglioramento dell’apprendimento, affiancata anche da una logopedista, e a loro volta sono in contatto anche con l’insegnante di scuola. Una rete coordinata di persone in continuo aggiornamento. Ma le cure non finiscono qui: per cercare di ampliare le sue abilità pratica anche ippoterapia e nuoto.

Insomma, le terapie sono davvero tante e anche molto costose, ma non è solo questo e lo si capisce dalle loro parole: “Quando l’abbiamo scoperto è stato come un fulmine a ciel sereno. Ci siamo trovati catapultati in una situazione che non pensavamo mai potesse toccare a noi. Non è una quotidianità facile e i momenti difficili non mancano, ma cerchiamo di essere forti e non abbatterci. Ci vuole tanta forza di volontà e non perdere mai la speranza in possibili miglioramenti. Al momento siamo molto soddisfatti della terapia che sta seguendo e i risultati sono lampanti. Il bambino ora riconosce il mondo che lo circonda e inizia a pronunciare qualche sillaba. Siamo fiduciosi che tutti i sacrifici che stiamo affrontando daranno i loro frutti”.