L’importanza dei due estremi parte seconda: il defaticamento

L’importanza dei due estremi parte seconda: il defaticamento

Abbiamo visto, nell’articolo precedente (per leggerlo Clicca Qui), l’importanza del riscaldamento, prima di effettuare un allenamento più o meno intenso o una gara di durata o breve e di alta intensità. Oggi affrontiamo il secondo dei due estremi, quello di cui ogni tanto si parla distrattamente e che normalmente non viene attuata; una parte che per atleti e tecnici, è quasi dimenticata: il defaticamento.

Il defaticamento

Questa strana parola, nel contesto della seduta di allenamento e ancor più, della gara, è solo un termine indefinito che si scrive ma non si usa o, nel migliore dei casi, si abbozza. Ragazzi, abbiamo finito il lavoro; adesso andate a casa”. È la frase più ricorrente alla fine di un allenamento e non se ne parla nemmeno dopo un impegno di gara. Ciò è un errore gravissimo perché si annulla una parte importante dell’allenamento o del dopo gara ma, più che altro, perché si forma nel giovane atleta una mentalità sbagliata. L’eliminazione di questa parte dell’allenamento, produce effetti indesiderati che possono mettersi in evidenza nei giorni seguenti una gara o un allenamento molto intenso o creare le basi per infortuni diversi, anche nei tempi successivi.  

Dopo la gara assume molta importanza il ripristino fisico e mentale. L’atleta, attraverso un’attività blanda, aiuta l’organismo a ripristinare ciò che è stato distrutto.

Le contrazioni e decontrazioni ritmiche dei gruppi muscolari facilitano il lavoro dell’apparato cardio-circolatorio; lo stato di inattività, invece, sarebbe tutto a carico del cuore, con recupero lento e faticoso.

Sembra un contrasto notevole vedere come in certi sport venga molto trascurato mentre il altri il defaticamento è una parte attiva alla quale non si deve rinunciare. Non voglio mettere in evidenza l’atletica, dove questa parte dove da sempre il defaticamento è curato in maniera particolare, voglio invece mettere a confronto due sport diversi, ma anche dal punto di vista di una certa cultura e popolarità: il ciclismo e il calcio. Il ciclismo è un classico sport di resistenza dove fino a parecchi anni fa, l’atleta intervistato rispondeva: “Ciao mamma, ciao papà, sono contento di aver vinto”.

Oggi il ciclismo ha fatto passi da gigante nella cultura sportiva. Le riprese televisive ci fanno spesso vedere l’atleta dopo ore di intensa attività di gara, si mette sui “rulli”, pedalando facile per un po’ di tempo, in particolare perché il giorno dopo deve affrontare un’altra tappa e magari pesante. Nel calcio, il nostro sport più popolare, rimane indietro nella cultura sportiva, tanto che il giorno dopo la gara, negli alti livelli, generalmente si tende a dare una giornata di riposo, mentre a livello più basso, è normale che ciò avvenga. Quando ho collaborato con il basket femminile di serie A, l’Isab Priolo, le ragazze facevano due allenamenti al giorno, tranne il giorno dopo la partita, perché facevano il defaticamento che non avevano potuto fare dopo la partita, perché in trasferta: il saper fare e il saper far fare. Perché tutto ciò? 

L’attività molto blanda (corsa, bici sui rulli o no, nuoto leggero o altro), facilita l’attività dell’apparato cardio-circolatorio, con migliore rifornimento in tutte le parti che hanno lavorato, accelerandone la fase di ricostruzione. L’acido lattico viene neutralizzato in un tempo relativamente breve, mentre è più lenta la ricostituzione delle miofibrille dei muscoli, distrutte durante il forte o lungo impegno e dei tessuti che compongono le articolazioni e i tendini.

Il defaticamento deve essere effettuato subito dopo un allenamento molto intenso. Nelle prove frazionate e di alta intensità, recuperare restando fermi, significa non riuscire a recuperare adeguatamente. Nelle prove molto intense che richiedono un recupero di alcuni minuti, prima di fare la successiva prova, è buona cosa riprendere a muoversi e richiamare la reattività. 

Il problema si pone nelle attività di squadra, specie quando la partita si svolge in trasferta, poiché non si può attuare un defaticamento, per ragioni logistiche e di tempo, pertanto risulta importantissimo, il giorno dopo la gara, effettuare un lavoro facile, rigenerante, basato su corsa leggera ed esercizi di allungamento, qualche stimolo, per il ripristino della reattività. 

Più duro sarà stato l’impegno di gara, più è importante il lavoro successivo di defaticamento e non il riposo. Questo lavoro di ripristino, in un atleta che ha fatto una gara di maratona, dovrà essere più lungo (giorni) per accelerare il processo di riparazione. Se vogliamo, lo stesso problema si trova in parte ed in modo diverso, nel tennis, in base alla lunghezza e all’intensità della partita. Pertanto, per un atleta di medio ed alto livello, non dovrebbe esistere il riposo post gara, ma un lavoro diverso che acceleri il recupero funzionale e strutturale. Negli alti livelli dell’atletica, a volte il tecnico, volutamente, dopo un lavoro molto impegnativo, può decidere di annullare volutamente il defaticamento immediato poiché il suo obbiettivo sarà quello di dare degli input molto forti negli stimoli allenanti e poi lasciare che sia l’organismo a recuperare, senza aiuti esterni; ma questa è un’altra storia.

Il giorno di riposo potrebbe, non solo essere impegnato per il ripristino fisico, ma anche mentale e tecnico, esaminando e stimolando l’osservazione ed i commenti sullo sviluppo della gara del giorno prima. Un’analisi dettagliata sarà utile farla il giorno seguente dopo aver riflettuto sulle varie situazioni che si sono verificate prima e durante la gara, quindi il bilancio della prestazione e l’eventuale ridefinizione degli obiettivi.

A cura di Alfio Cazzetta