PALERMO – “Messina Denaro non godeva di complicità dentro la clinica“. Così il Procuratore di Palermo, De Lucia, durante la conferenza stampa che ha svelato nuovi dettagli sull’arresto storico di oggi del boss.
Messina Denaro è stato arrestato dai carabinieri del Ros, dopo 30 anni di latitanza. L’inchiesta che ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano (Tp) è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido.
L’arresto è avvenuto stamani all’interno della clinica privata La Maddalena di Palermo, dove un anno fa era stato operato e da allora stava facendo delle terapie in day hospital. Nel documento falso esibito ai sanitari c’era scritto il nome di Andrea Bonafede.
La certezza è arrivata tre giorni fa.
I magistrati, che da tempo seguivano la pista, hanno dato il via libera per il blitz. I carabinieri del Gis erano già alla clinica dove, da un anno, Messina Denaro si sottoponeva alla chemioterapia. Il boss, che aveva in programma dopo l’accettazione fatta con un documento falso, prelievi, la visita e la cura, era all’ingresso. La clinica intanto è stata circondata dai militari col volto coperto davanti a decine di pazienti.
Quando è stato bloccato, “non ha opposto alcuna resistenza” e “si è subito dichiarato, senza neanche fingere di essere la persona di cui aveva utilizzato l’identità“. Al momento dell’arresto, alla richiesta su chi fosse, da parte di un carabiniere, ha semplicemente risposto: “Sono Matteo Messina Denaro“.
Alla domanda se abbia tentato la fuga, gli investigatori hanno affermato di “non aver visto tentativi di fuga” anche se, hanno aggiunto, “sicuramente ha cercato di adottare delle tutele una volta visto il dispositivo che stava entrando nella struttura“.
I carabinieri hanno sequestrato tutte le cartelle cliniche relative al boss presenti nella clinica. Nelle cartelle, anche sotto forma di file, c’è tutto il percorso medico del paziente operato a Marsala prima per tumore al colon poi nella clinica palermitana per metastasi al fegato.
“Ci è apparso in buona salute e di buon aspetto non ci pare che le sue condizioni siano incompatibili con il carcere“, ha detto l’aggiunto di Palermo Paolo Guido.
“Era di buon aspetto, ben vestito, indossava capi di lusso e ciò ci induce a dire che le sue condizioni economiche erano buone“, ha aggiunto. “Ovviamente sarà curato come ogni cittadino ha diritto essere curato“, ha concluso.
Al momento della cattura indossava anche un orologio molto particolare del valore di 30-35mila euro.
E ancora: “Non parla. La mafia non è sconfitta. Una fetta di borghesia mafiosa l’ha aiutato“.
Sul secondo soggetto arrestato in flagranza, Giovanni Luppino: “È incensurato. I boss in situazioni delicate usano incensurati“.
Per l’arresto si specifica che non ci si è avvalsi di pentiti e né tantomeno di soffiate anonime. “Fondamentali sono state le intercettazioni dei familiari“. Da lì si sarebbe stata scoperta la malattia del boss, affetto da un cancro al fegato e da morbo di Crohn. Sulle possibili “cure” al suo male, si è espresso anche un professionista medico.
Dopo il blitz nella clinica, l’ormai ex superlatitante è stato trasferito prima nella caserma San Lorenzo, poi all’aeroporto di Boccadifalco per essere portato in una struttura carceraria di massima sicurezza. La stessa cosa accadde al boss Totò Riina, arrestato il 15 gennaio di 30 anni fa.
Le parole del Comandante Luzi
“Matteo Messina Denaro è stato catturato grazie al metodo Dalla Chiesa, cioè la raccolta di tantissimi dati informativi dei tanti reparti dei carabinieri, sulla strada, attraverso intercettazioni telefoniche, banche dati dello Stato, delle regioni amministrative per portare all’arresto di questa mattina“. Lo dice il comandante dei carabinieri Teo Luzi, arrivato a Palermo.
“Una grande soddisfazione perché è un risultato straordinario – aggiunge Luzi -. Messina Denaro era un personaggio di primissimo piano operativo, ma anche da un punto di vista simbolico perché è stato uno dei grandi protagonisti dell’attacco allo Stato con le stragi. Risultato reso possibile dalla determinazione e dal metodo utilizzato. Determinazione perché per 30 anni abbiamo voluto arrivare alla sua cattura soprattutto in questi ultimi anni con un grandissimo impiego di personale e di ricorse strumentali“.
“Un risultato – conclude Luzi – grazie al lavoro fatto anche dalle altre forze di polizia, in particolare dalla Polizia di Stato. La lotta a Cosa Nostra prosegue. Il cerchio non si chiude. È un risultato che dà coraggio che ci dà nuovi stimoli ad andare avanti e ci dà metodo di lavoro per il futuro, la lotta alla criminalità organizzata è uno dei temi fondamentali di tutti gli stati“.
Pasquale Angelosanto, comandante del Ros
“È il risultato di un lavoro corale che si è svolto nel tempo, che si è basato sul sacrificio dei carabinieri in tanti anni. L’ultimo periodo, quelle delle feste natalizie, i nostri lo hanno trascorso negli uffici a lavorare e a mettere insieme gli elementi che ogni giorno si arricchivano sempre di più e venivano comunicati. La Procura era aperta anche all’antivigilia, è stato uno sforzo corale“.
Procuratore aggiunto Paolo Guido
“Fino a ieri era certamente il capo della provincia di Trapani, da domani vedremo“.
Procuratore di Palermo Maurizio De Lucia
“Abbiamo catturato l’ultimo stragista responsabile delle stragi del 1992-93. Siamo particolarmente orgogliosi del lavoro portato a termine questa mattina che conclude un lavoro lungo e delicatissimo.
È un debito che la Repubblica aveva con le vittime della mafia che in parte abbiamo saldato.
Catturare un latitante pericoloso senza ricorso alla violenza e senza manette è un segno importante per un paese democratico.
Allo stato non abbiamo elementi per parlare di complicità del personale della clinica anche perché i documenti che esibiva il latitante erano in apparenza regolari, ma le indagini sono comunque partite ora“, ha aggiunto il procuratore.