ITALIA – In Italia abbiamo un problema con le parole. E dato che il linguaggio riflette il mondo in cui viviamo, abbiamo anche un problema come società. Non si tratta di genere stavolta, ma di definizione.
Il significato delle parole
Le parole assumono un determinato significato quando un gruppo di persone, di solito abbastanza numeroso, le usa con una precisa accezione che indica qualcosa di ben specifico. Le parole, in sostanza, determinano il nostro mondo e la nostra concezione di mondo. Per questo è importante ricordare che hanno e devono avere un peso. E per questo non è accettabile che nei vocabolari, strumenti deputati a contenere, spiegare e diffondere i significati delle parole, alcuni lemmi siano portatori di concetti sessisti, omofobi e discriminatori. Come nel caso di “donna”.
Il caso “donna”
Sul dizionario online di Treccani tra i sinonimi per “donna” compaiono gli eufemismi “buona donna”, “donna da marciapiede (o di malaffare o di strada o di vita o di facili costumi)” e varie declinazioni tra cui “puttana”, “cagna”, “zoccola”, “bagascia”. O l’espressione “donna cannone” per definirla “di proporzioni e di peso eccezionali”.
Gli epiteti dispregiativi associati al concetto di “donna” sono numerosi e non segnalati come tali ma, anzi, in alcuni casi etichettati come eufemismi: “baiadera”, “bella di notte”, “cortigiana”, “donnina allegra”, “lucciola”, “peripatetica”, “mondana”, “passeggiatrice”, “mignotta”, “squillo”, “taccheggiatrice”, “vacca”, “zoccola”. L’elenco è corposo. E rischia purtroppo di rafforzare e giustificare gli stereotipi negativi e misogini che puntano a oggettificare e dipingere come essere inferiore la donna. Alterando, di fatto, il modo in cui il genere femminile dovrebbe essere percepito e trattato. Un pericolo non da poco in una società dove violenza di genere e femminicidi sono crimini in aumento.
Per notare la disparità di trattamento ricevuta dal termine “donna”, basta dare una rapida occhiata al lemma “uomo”, definito invece con espressioni positive che ne lodano l’operosità, l’ingegno e la rispettabilità.
Stesso concezione di “donna” anche sul vocabolario online di Hoepli Editore (che compare pure nella sezione dizionari di Repubblica.it, curata appunto dalla storica casa editrice fondata nel 1870 da Ulrico Hoepli): “donna cannone”, “di facili costumi, disponibile sessualmente”, “di vita, di malaffare, di strada, da marciapiede, di mondo, perduta, pubblica, prostituta”. Anche su “Dizionari più” di Zanichelli “donna di vita, di malaffare, di strada, prostituta” sono definiti eufemismi. Ma resta comunque il vocabolario che più di tutti, sin dal 1994, presta attenzione a riportare il maggior numero possibile di femminili professionali. Inoltre, inserisce una sagace definizione di “donna” redatta dall’attrice Lella Costa: “Vanta un’etimologia assai nobile e promettente (domina, nientemeno) totalmente mistificata e tradita nel corso dei secoli. Portatrice di vita, un tempo adorata come divinità, grazie a una sistematica quanto accorta operazione di marketing la donna è diventata sinonimo di molte cose, ma mai di essere superiore“.
La lettera aperta all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani
Contro i riferimenti sessisti compresi nel sinonimo della parola “donna”, cento persone, tra cui Michela Murgia, Laura Boldrini, Alessandra Perrazzelli (vice direttrice generale della Banca d’Italia) e un gruppo di attiviste guidate da Maria Beatrice Giovardi, l’italiana che ha ottenuto che il prestigioso Oxford English Dictionary modificasse in chiave non sessista la definizione di “woman“, hanno indirizzato una lettera aperta all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani. Queste le richieste avanzate: “Chiediamo cortesemente pertanto all’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani S.p.A. che: in prima battuta elimini i vocaboli espressamente ingiuriosi riferiti alla donna, limitandosi a lasciarli sotto la lettera iniziale di riferimento; inserisca espressioni che rappresentino, in modo completo e aderente alla realtà di oggi, il ruolo delle donne nella società”.
Treccani, in seguito alla missiva, ha aggiunto la seguente nota alla fine del lemma nella categoria dei sinonimi: “In numerose espressioni consolidate nell’uso si riflette un marchio misogino che, attraverso la lingua, una cultura plurisecolare maschilista, penetrata nel senso comune, ha impresso sulla concezione della donna. Il dizionario, registrando, a scopo di documentazione, anche tali forme ed espressioni, in quanto circolanti nella lingua parlata odierna o attestate nella tradizione letteraria, ne sottolinea sempre, congiuntamente, la caratterizzazione negativa o offensiva”.
Il caso “diverso”
Il caso della definizione di “donna”, però, non è isolato. Anche altre parole hanno ricevuto sui dizionari trattamenti non paritari. Come il termine “diverso”. Ancora una volta nei sinonimi di Treccani, ma anche nella definizione del vocabolario online, tra le varie accezioni vengono inserite anche quelle di “omosessuali” (inteso come eufemismo di “diverso”), “disabili fisici o psichici”, “anormale”, “handicappato”, “emarginato”. In particolare, in merito alla definizione di diverso come di “uomo attratto sessualmente da altri uomini o che ha rapporti sessuali con essi”, i sinonimi inseriti sono diversi e volgari: “checca”, “culattone”, “finocchio”, “frocio”, “invertito”, “recchione”, “sodomita”. Insulti indicati come sinonimi, non in quanto dispregiativi, come invece, accade nella versione cartacea del vocabolario Zanichelli, che ne sottolinea la valenza negativa.
In parte a braccetto con la definizione di Treccani va invece quella presente ancora una volta sul dizionario online di Hoepli. Tra le spiegazioni di “diverso” si legge: “Chi ha un comportamento o una condizione che differiscono da quelli considerati normali dalla maggioranza”. E anche in questo caso viene adoperato il termine “omosessuale” come eufemismo. Almeno stavolta è stato evitato il riferimento ai disabili.
La risposta di Repubblica
La Repubblica ha fornito ai propri lettori una risposta in merito alla polemica sorta dopo che gli screenshot del lemma sono stati diffusi sui social con commenti poco lusinghieri e richieste di spiegazioni sul perché di quella definizione. Ecco la nota condivisa: “L’utilizzo della parola ‘diverso’ come eufemismo per ‘omosessuale’ riportato nel dizionario Hoepli che ospitiamo sul nostro sito è, come spiega la stessa casa editrice, un’accezione che non usa quasi più nessuno, dunque desueta. È comunque riportata proprio per spiegare il termine a chi lo legge in un testo che vi faccia riferimento. Ringraziamo i lettori per aver aperto il dibattito e ci impegniamo a portare avanti, con loro e con l’editore, un dialogo sul linguaggio che spinga a superare i pregiudizi“.
La scelta delle parole
“Le parole sono importanti”, è una frase spesso e volentieri abusata e non rispettata. Ma è più che mai vero, perché le parole che usiamo e il significato che diamo loro definiscono prima di tutto chi le adopera, ne evidenziano le idee e la visione del mondo. Concetti che in ciascun individuo si formano attraverso il proprio vissuto, a scuola, in famiglia, sui mass media (categoria in cui oggi, data la vasta audience a cui arrivano, possono rientrare pure i social) e anche grazie a strumenti educativi come vocabolari ed enciclopedie. Quest’ultimi sono ormai facilmente consultabili online e quindi raggiungibili da un numero maggiore di utenti, più o meno giovani, più o meno alle prese con una propria formazione culturale. E in quanto fonti primarie di conoscenza dovrebbero cercare di farsi veicolo di una visione della società più inclusiva.
Va da sé che solo questo non porterà alla fine delle discriminazioni, dell’omofobia e del sessismo quotidiani, ma è un contributo necessario e fondamentale. Perché scegliere con cura le parole e il significato che vogliamo trasmettano è un esercizio che fa bene prima di tutto a noi stessi e che, di conseguenza, migliora la realtà in cui viviamo.
Fonte immagine: Pixabay – Lucas Wendt