Imprese in Sicilia, segnali di ripresa nel I° trimestre 2025. Faraci (Unict): “Dato possibile grazie a tre province”

Imprese in Sicilia, segnali di ripresa nel I° trimestre 2025. Faraci (Unict): “Dato possibile grazie a tre province”

ROMA – Nel primo trimestre del 2025 il sistema imprenditoriale italiano ha registrato una sostanziale stabilità. Secondo i dati diffusi da Unioncamere e InfoCamere, il saldo complessivo tra iscrizioni e cessazioni di imprese si è attestato a -3.061 unità, pari a un tasso di variazione dello stock del -0,05%. Si tratta del terzo dato meno negativo degli ultimi dieci anni e rappresenta un miglioramento rispetto allo stesso periodo del 2024, quando il saldo era stato di -10.951 unità. Questo risultato appare particolarmente rilevante se si considera che il primo trimestre dell’anno è tradizionalmente caratterizzato da un’elevata stagionalità negativa, dovuta al consolidarsi, nei primi mesi, delle chiusure di attività comunicate alla fine di dicembre.

Dietro la stabilità aggregata si conferma una dinamica a doppia velocità. Le società di capitali sono in forte crescita (+0,7%), un segnale di strutturazione e capitalizzazione del tessuto imprenditoriale. Sono infatti queste realtà ad aver chiuso il trimestre con un saldo positivo di oltre 13.000 nuove imprese, mentre si riducono sensibilmente le imprese individuali (-11.597) e le società di persone (-4.316). Le forme più tradizionali di imprenditoria appaiono dunque ancora in difficoltà, probabilmente a causa di una maggiore esposizione alle dinamiche inflattive, al rialzo del costo del lavoro e all’accesso al credito.

 

Il calo delle imprese tradizionali, in Sicilia crescono conoscenza e servizi

A livello settoriale, le maggiori opportunità sembrano concentrarsi nei comparti a più alto contenuto di conoscenza e nei servizi. In particolare, crescono le imprese attive nei settori professionali, scientifici e tecnici (+2.795 imprese, pari a +1,10%), nonché nei servizi finanziari e assicurativi (+1,02%), nella sanità e assistenza sociale (+0,65%) e nell’istruzione (+1,27%). Si tratta di comparti che beneficiano non solo di una crescente domanda, ma anche di una maggiore digitalizzazione e apertura a modelli di business innovativi. In contrapposizione, arretrano i comparti tradizionali come agricoltura (-0,84%), commercio (-0,56%) e manifattura (-0,55%), in linea con un trend ormai consolidato di lungo periodo.

Nel quadro nazionale, la Sicilia si distingue per una performance positiva. Con un saldo attivo di +712 imprese nel primo trimestre 2025 e un tasso di crescita dello 0,15%, l’isola si posiziona tra le regioni più dinamiche del Sud e supera anche la media nazionale. I dati territoriali evidenziano andamenti disomogenei: Palermo guida la classifica regionale con un saldo positivo di 310 imprese, seguita da Siracusa (+203), Catania (+186) e Trapani (+49). Di segno negativo invece il bilancio di province come Messina (-50) e Ragusa (-40). Questo divario interno suggerisce una polarizzazione economica tra le aree urbane, dove si concentrano le attività terziarie avanzate e le nuove iniziative, e le zone più periferiche, dove l’economia resta ancorata a settori più vulnerabili e meno innovativi.

Il dato siciliano è da considerare incoraggiante, specie alla luce del saldo negativo registrato lo scorso anno nello stesso periodo (-0,18%). Tuttavia, la ripresa non può ancora dirsi strutturale. Il rafforzamento del tessuto imprenditoriale appare trainato da iniziative localizzate, spesso collegate a specifici contesti urbani, piuttosto che da una strategia regionale di sistema. Restano inoltre fragilità nel comparto agricolo e nel commercio, settori ancora fondamentali per l’economia siciliana, ma oggi esposti a una concorrenza crescente, a difficoltà logistiche e a una domanda interna debole.

 

Sui dati delle imprese in Sicilia l’analisi di Rosario Faraci

Sulle possibili spiegazioni del risultato positivo della Sicilia, il professore Rosario Faraci, Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università di Catania, invita alla prudenza: “Si tratta di dati parziali, influenzati dalle dinamiche di iscrizione e cessazione al sistema camerale. Il saldo positivo è sostenuto principalmente dalle ottime performance di Siracusa (+0,55%), Palermo (+0,30%) e Catania (+0,19%), tre importanti distretti industriali dell’isola. Ma è anche la prova – ha sottolineato Faraci – della scarsa significatività del Sud come aggregato unitario: la Sicilia è un’isola con una sua specificità economica e sociale. Qui si fa impresa anche per necessità, non solo per opportunità, in un contesto in cui il tasso di occupazione è tra i più bassi d’Europa”.

Guardando al futuro, secondo il docente dell’Università di Catania è essenziale valorizzare i settori in crescita attraverso un’analisi approfondita delle dinamiche imprenditoriali e il riconoscimento dei cosiddetti “champions”: quelle piccole e medie imprese che crescono, si internazionalizzano e completano le filiere, riducendo la dipendenza dall’esterno. “Particolare attenzione – ha aggiunto – andrebbe riservata ai settori dell’informatica e dei servizi professionali, veri abilitatori di sviluppo, che però spesso non trovano le competenze adeguate sul territorio. Bisogna quindi rafforzare l’interconnessione tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro”.

Infine, sulle politiche da mettere in campo per sostenere i territori in difficoltà, il professore Rosario Faraci ha spiegato: “Servono politiche industriali chiare, capaci di favorire la competitività dei settori e dei territori, sostenute da nuovi capitali di rischio e da una visione di sviluppo sostenibile. Non si possono distribuire incentivi senza affrontare le vere emergenze sociali, come la povertà materiale, che in Sicilia interessa 4 famiglie su 10, e quella educativa, che colpisce 3 giovani su 10. Senza un intervento strutturale su questi fronti, sarà difficile trasformare le riprese parziali in una crescita duratura e diffusa”.

Foto di Tung Lam da Pixabay